mp3: Islay
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Ancora qualche settimana e le giornate saranno all’insegna della meditazione e dell’acqua della vita.
mp3: Barley
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Rich Franklin é seduto a bordo ring e si guarda sul maxischermo. Gli stanno pulendo un grosso taglio sopra la tempia destra. “That’s a bad one!” dice sorridendo con gli occhi alzati allo schermo. Che eroismo e che sense of humor!
L’aria ha ancora quella freschezza che la notte le ha prestato. Cerco un luogo appartato, lontano da qualsiasi sguardo. E’ abbsatanza importante essere soli, avere la mente sgombra. Respiro a pieni polmoni quest’aria profumata che scivola sopra la terra. In questo istante é chiaro il mio ruolo sulla terra. E’ uno di quei rari momenti in cui conosci il senso della tua presenza terrena. Sai di far parte del pianeta. Tutto é in armonia. La mia presenza ha un’importanza assoluta e indispensabile. Raramente colgo l’equilibrio e il significato della mia esistenza come in questi momenti. So solo che capita ogni tanto, inaspettatamente. Capita. Scruto il suolo.”Egli raccolse” deve pur significare QUALCOSA. Il mio nome ha un senso che in questo momento diventa più chiaro. Tutto ha senso adesso. Ogni granello di sabbia, io che setaccio il suolo, che do importanza ad ogni rugosità, ad ogni pietra, ad ogni mucchietto di sabbia. Alzo lentamente lo sguardo… Voglio celebrare il meraviglioso confine tra il cielo e la terra. Mi faccio portavoce della razza umana in questo istante. Voglio celebare il pianeta. Come un alieno che dopo un periglioso viaggio attraverso le galassie giunge nella meravigliosa serenità della terra incontaminata. Questa sensazione rende un’ emozione commovente, eterna. Mi rimprovero di non aver provato più spesso questo sentimento puro… Come l’arrivo su di una spiaggia dopo settimane di deriva in mare. La venerazione! La gioia. il sollievo.
Devo assolutamente tornare nel deserto. In questo momento ne ho un bisogno assoluto. Devo stare sulle pietre rotonde in mezzo al deserto. Devo sentirmi cuocere la testa nel silenzio mentre saltello da una pietra all’altra. Vorrei rosolare. Vorrei ubriacarmi nel deserto. Vorrei svenire nel deserto e dormirci dentro. Vorrei rotolare nella sabbia e avere sete. Vorrei contemplarlo adesso. Camminarci dentro. Ascoltarlo. Stonarmi e andare in trance nel deserto. Vorrei vedere delle luci caleidoscopiche e delle creature mitiche fatte di paglia. Il cielo potrebbe diventare verde e la terra prendere tutta la scala dei rossi mentre faccio le flessioni con le lucertole. Dondolo la testa lentamente e intanto danzo.
mp3: Kaleidoscope
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Mi ricordo che due anni fa, catturato da una specie di raptus da sovraccarico lavorativo, cercavo un po’ di sollievo viaggiando digitalmente sulle pagine di www.desertusa.com. Io ho visitato quasi tutti i parchi desertici del sud-ovest degli Stati Uniti percui cercando spunti per un viaggio futuro capitai sulla pagina dedicata all’Anza-Borrego Desert State Park, un enorme parco a est di San Diego che si estende fino alle acque del Salton Sea. Mi convinceva. Decisi di ricordarmi di questo nome.
Trascorre qualche mese e sto correndo con una Nissan Xterra lungo le strade dell’ angolo basso di California. Come sempre capita, devo assolutamente passare per luoghi che portano nomi incredibili che evocano immagini mitiche nella mia testolina: Tucson, Yuma, Calexico! Che successione! Che strada! Che Tris! Partendo da Tucson io e Eero chiaramente scegliamo di non percorrere la Interstate 10 che ci porterebbe ad ovest più speditamente ma prendiamo la Hwy. 86 che ci spara verso verso il deserto di Sonora, verso la Frontera. Qualche anno prima percorrevo la stessa strada con Pat e un paio di litri di birra in corpo mentre la radio mandava “Cherub Rock” degli Smashing Pumpkins. Porto a casa i fantastici ricordi del tramonto ad Ajo. Il lungo trail a ridosso delle Diablo Mountains nell’Organ Pipe Cactus National Monument. L’agitazione delle Border Patrols sempre a caccia di trafficanti e clandestini. Poi più avanti verso ovest le maestose dune di sabbia di Yuma. E la luce assolutamente strabigliante che ci accoglie, un tardo pomeriggio, risalendo da Calexico in direzione di Indio, nella Coachella Valley. Mi ricordo questa strada drittissima con un sole bassissimo che proietta un’ombra lunghissima della nostra auto. La radio trasmette musica da “La Rumorosa, Baja California”. Ai lati della strada giganteschi muri di balle di fieno e campi sterminati percorsi da lunghe file di spruzzatori automatici per l’irrigazione. Poi giriamo a sinistra passando a ovest del Salton Sea.
Entriamo nell Anza-Borrego Desert State Park all’inbrunire. Ci fermiamo e ci guardiamo attorno. Comincia ad essere un po’ buio per poter godere del paesaggio. La strada é deserta e davanti a noi parte perpendicolare una deviazione sterrata con un cartello che ci sconsiglia con decisione di proseguire “Absolutely no trespassing”.
Tiriamo dritto e cerchiamo con gli occhi di indovinare un luogo che si addica ad una spettacolare sessione fotografica. Dopo ogni dosso potrebbe aprirsi uno scorcio spettacolare. Trascorrono i minuti, si fa sempre più buio, non troviamo nessun panorama mozzafiato ma capitiamo a Borrego Springs, un’inquietante cittadina persa nel nulla con un enorme campo da Golf, un Country Club, un Mall e nient’altro. Ho la sensazione che ci si trovi su di un set cinematografico con le facciate delle poche case vuote che cercano di ingannarmi e di convincermi che qui ci abiti qualcuno mentre di dietro non c’é niente. C’é l’ufficio postale ma non c’é nessuno. Arriviamo in quello che potrebbe essere il centro di questa cittadina (anche se qui in America le città non hanno centro). Le aiuole sono curate, c’é una rotatoria con una bella erbetta verde e anche qui non c’é nessuno. Giriamo e torniamo indietro. Tutto mi fa pensare ad una “ghost town” ma le ghost town non hanno campi da golf. Inutile cercare un Motel. Usciamo da Borrego Spring e ci dirigiamo verso Salton City sulle sponde del Salton Sea.
La discesa é magnifica e rilassante. Le ultime luci si riversano nella valle e in fondo già si vedono le prime luci di Salton City. Cominciamo ad avere fame e siamo moderatamente stanchi. “Welcome To Salton City” ci annuncia un cartello dopo alcuni minuti. Ma le prime luci di Salton City sono anche le uniche. Girovaghiamo per il fitto retticolato di strade vuote di questa cittadina piuttosto spettrale. Ci sono le strade ma non le case.
Per cogliere lo spirito desolato di questa cittadina spettrale consiglio le magnifiche panoramiche di Will Pearson oppure il magnifico documentario Plagues & Pleasures on the Salton Sea con la fantastica musica di Friends Of Dean Martinez
Lasciamo Salton City e ci dirigiamo verso Indio. La giornata si conclude davanti ad una bistecca di 22 oz.
mp3: Borrego
[audio:http://www.texos.ch/blog/wp-content/uploads/Borrego.mp3|titles=Borrego]E’ bello essere persi in pensieri felici. Si spazia senza senso nei meandri più reconditi del brain. E poi, a questo punto, un goccio di grappa aiuta a liberare quei ricordini nascosti lì dietro quel pezzettino di testolina e via…tutto si apre come una diga e i ricordi dilagano e ti affogano.
I ricordi.
Che roba stona. Ma perché ci sono?
Si vivrebbe meglio senza?
Ogni tanto ci si sintonizza su channel remembrance e via…puoi spaziare da quella birra bevuta in quel corner-shop sulla 24-esima a quell’incontro alla festa di facoltà. E’ tutto molto random. Molto piatto. I ricordi non hanno spessore. Sono in 2D. I ricordi sfilano come in un juke-box…e sta a te scegliere il disco e la track. E poi ci viaggi sopra. Ecco.
Mi ricordo di quel juke-box a San Francisco. Si giocava a biliardo e in sottofondo andavano dei pezzi che però non erano quelli che avevi scelto tu.
I ricordi.
Ma quanti giga avrà un brain? Sarebbe magnifico picchiarci su tutti i ricordi: fare del tipo un box-set di ricordi celebrativi e un box set di ricordi di merda. E poi azzerare il tuo brain…così da sentirti libero di nuovo.
I ricordi, a volte, imprigionano.
Ma sono l’unica cosa che abbiamo per sapere di aver vissuto.
E’ inutile stare lontani dalla scrittura. Prima o poi lo stimolo ritorna. E’ un po’ come cagare e adesso io sono sulla tazza perché nelle settimane passate ho mangiato molto, anzi troppo ed é dunque giunto il momento di fertilizzare questa pagina con una bella spalmata di parole. Qualche sera fa rientravo dal lavoro. Era già buio nero e ripensavo alla musica suonata di recente. Ci pensavo distratto, però. Tanti pensieri, come trenini elettrici, entravano nelle gallerie della mia testa, da tutte le parti. Guidavo addirittura sconcentrato – male – mentre il parabrezza si appannava e i bagliori della strada si allargavano. “Fa freddo dentro sta cazzo d’auto, cristo! Ma non si scalda?”
Stavo pensando veramente ancora ai vecchi mixtapes che preparavo per gli amici fino a qualche anno fa.
Ricordo che per completarli, quando rimanevano pochi secondi alla fine del nastro (non sopportavo gli spazi vuoti), componevo qualche stravaganza musicale, del rumore strutturato o qualche improbabile ballata alla chitarra e toppavo questi buchi. In seguito presi l’abitudine di prepararmi una valanga di nastri tematici ogni volta che partivo per le mie innumerevoli scorribande americane:
Nastro Serale
Nastro California
Nastro Deserto – Eroina
Nastro Deserto – Cooder
Nastro Sud-Est
Nastro Texas
Nastro New York
e via così.
Ora però é buio, ripeto, sono in macchina e sulla SD card dell’autoradio ho caricato i brani di questo blog in MP3 (“Ma quanti gesti ho dimenticato?” Mi fa ricordare uno spot televisivo). Partono le note tranquille di “The Attack Of The Killer Jackalope From Outer Space” e ritrovo la concentrazione. Mi dico e mi ripeto che la musica riempie la mia esistenza e ritorno a casa sereno.
mp3: Isadora Lane
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mp3: Discesa
[audio:http://www.texos.ch/blog/wp-content/uploads/Discesa.mp3|titles=Discesa]
mp3: Gamcem
[audio:http://www.texos.ch/media/Gamcem.mp3|titles= Gamcem]
Direi che é finalmente giunto il momento di parlare di California. Non avrei neanche bisogno di pensarla. In fondo mi basterebbe ascoltare una qualsiasi canzone di Crosby, Stills & Nash per calarmi immediatamente nella sua atmosfera. Dai deserti del sud alle montagne della Sierra Nevada, dai boschi di sequoie alle fresche spiagge del nord, dalle colline di San Francisco alle strade vuote di Salton City. Stiamo rientrando a San Francisco da nord. Stiamo scendendo da Vallejo e tra un po’ attraverseremo il San Rafael Bridge. Il sole sta tramontando. Un serpente di luci rosse ci corre davanti. Io sto pensando che questa sera cenerò da qualche parte a Chinatown in un ristorante cinese nascosto in qualche viottolo e poi andrò a cercarmi una buona birra alla San Francisco Brewing Company in Columbus Avenue.
mp3: Burn The Book
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