Il Fish and Chips più buono del mondo.

Sono arrivato a Monterey e dormo qua stasera. Ho fatto un po’ di casino con le date e sono arrivato qua abbastanza di corsa perchè domani avrei dovuto riconsegnare l’auto entro le 12. A metà strada però mi sono accorto che la riconsegna era tra 2 giorni. Allora mi son detto andiamo a farci una bella tratta di Highway one. Mi dirigo dunque verso Cambria da Paso Robles e poi mi accorgo che mi passa accanto veloce un cartello luminoso che dice HW1 closed. Non sono sicuro di aver letto bene. Mi fermo e faccio una ricerca in rete e cazzo è vero, una frana ha completamente ostruito la strada poco prima di Big Sur e non ci sono detour. Se arrivi a Big Sur devi fare U-Turn e tornare fino a Cambria e sono 90mi (145km). Va dunque a puttane anche il programma di farsi in tutta scioltezza la 1. Poi a dire il vero avrei potuto fare un sacco di cose belle oggi se non avessi sbagliato data. Ma non fa niente adesso perchè sono in un pub a Monterey e il jukebox ha mandato una dopo l’altra hooker with a Penis dei Tool e Closer dei NIN mentre mi sto scolando la seconda Big Sur Golden Ale e ho una bella stanza vista mare qui a due strade dall’acqua.

Oggi ho vissuto un salto termico che ha reso necessario l’acquisto di una felpa. In Fahrenheit un salto di 66°. In gradi veri sono passato dal record assoluto di ieri pomeriggio in cui ho scattato foto a 53.3 °C a questa serata soleggiata qui a Monterey dove il termometro segna 17°C. Sono subito corso a comprarmi una felpa sennò mi riammalo. Figa se fa freddo qua! Puttana, che freddo maiale! Ma a quale meridiano appartiene Monterey? A che altezza siamo? Reykjavik? E tutti che continuano a metterti ghiaccio nei bicchieri. Sempre un sacco di ghiaccio. Ma non c’è n’è bisogno gaaaz, è già tutto freddissimo.

Adesso sto aspettando fish and chips di Halibut e alla tele qua di fianco stanno mandando su ESPN baseball femminile di bambine che non arriveranno a 10 anni. Su ESPN! Ma checcazzo è? A chi può interessare? Già il baseball non interessa a nessuno.

È entrato uno come il Jana ma grassissimo. Si muove barcollando a destra e a sinistra con quei bastoni a 4 piedi.

Comunque questo è il fish and chips più buono del mondo! Mark my words! Oh, del mondo, non so se mi spiego.

Intanto le bambine dell’Oregon hanno vinto contro quelle del Montana e io mi sento come se avessi dell’acido solforico nello stomaco. Devo assolutamente farmi un sigaro. Per Fortuna ho delle Rennie contro l’acidità in camera. Adesso vado a farmene un paio poi esco col sigaro

Questo giretto dopo cena mi ha rimesso in sesto. Il sigaro era terapeutico. Senza felpa sarei morto.

Sono andato a farmi un giro lungo la costa questa mattina. La mattina dopo intendo. Fino ad Half Moon Bay. È sempre spettacolare questo litorale. Chiaramente il risveglio a Monterey è stato caratterizzato dalla solita fitta nebbia del Pacifico che poi si dissolve entro un paio di ore oppure scompare spostandosi un po’ nell’entroterra. Un oceano potente.

In seguito, un post Instagram del whisky-scrittore Dave Broom mi ricorda che qui nelle vicinanze c’è una delle prime distillerie di Single Malt degli Stati Uniti, la St. George Spirits di Alameda, proprio in faccia a San Francisco, dall’altra parte della baia. Ci vado chiaramente e assaggio un paio dei loro prodotti. St. George Baller American Single Malt, un whisky un po’ bizzarro, finito in botti che hanno contenuto umeshu, un liquore da loro prodotto a base di un frutto giapponese che si chiama ume. Iperfruttato ma piacevole. Invecchiato 3 anni e di un colore pallidissimo. Si tratta del loro personalissimo omaggio alla produzione giapponese. Poi B&E American Whiskey, un prodotto molto più in linea con la produzione americana.

In seguito questo pomeriggio ho fatto un paio di vasche in Napa percorrendo strettisime strade di campagna con erba gialla secchissima. Una giornata di completa transizione prima di riconsegnare il carro domattina a Frisco dove ci saranno le mie consuete 2 notti prima del ritorno. Questa sera sto finalmente bevendo del buon vino mentre aspetto una Wagyu Ribeye per suggellare la chiusura del mio percorso automobilistico USA.

Pensieri sparsi estemporanei: Ho appena comperato ad una pompa di benzina della cioccolata perchè oggi dopo cena avevo bisogno di qualcosa di dolce. Ho comperato Hershey’s Kisses, milk chocolate e rientrato al motel li ho subito dovuti gettare. Raramente ho assaggiato della cioccolata così vomitevole. Sono come dei Baci Perugina ma puzzano di formaggio, di mutande sporche, di pus. Ma come si fa a fare una schifezza del genere? Ma il controllore qualità della Hershey’s c’è o ci fa? Tutto perfetto! Vai tra. Sono venuti benissimo questi cioccolatini, hanno uno strano odore ma chi se ne fotte, sarà sicuramente un successo!

Beh, che lozza!

Appuntamento con la Morte

Arrivato ora a Furnace Creek alle 3 del pomeriggio e fanno 126 Fahrenheit o 52.2°C per l’esattezza. Mi sono rintanato un momento al saloon per mandare giù una birra gelata poi parto per la consueta perlustrazione. Essere qua è sempre una gran figata. Il jukebox manda a country boy can’t survive, un pezzo country tamarrissimo che già avevo ascoltato anni fa. Ce l’ho salvato in mp3 a casa in qualche compilation.

Ok, sono tornato dalla mia fantastica perlustrazione e ho dovuto fare un passaggio abbligato all’Aguereberry Point che è anche il nome del primo brano mai composto e registrato sul mio 8 piste Zoom da me e Pat.

Ci si arriva prendendo la strada per il Wildrose Canyon e dopo una decina di minuti si imbocca una pista sterrata che ti porta su in alto verso il davanzale della Death Valley, un punto panoramico esclusivo dal quale si può ammirare tutta la parte meridionale della valle. Non è molto battuta questa strada tortuosa che si inerpica, percorrendo una gola abbastanza stretta, su per la sponda occidentale della valle. Erano le cinque del pomeriggio e non ho incontrato nessuno nè durante la salita, nè durante la discesa. In me rimaneva comunque la preoccupazione legata alla tenuta degli pneumatici. Mi ricordo che anni fa dovetti cambiare la ruota con quella di scorta a causa di una foratura. Le gomme che ho montate sulla mia Toyota non mi ispirano nessuna fiducia. Sono delle Continental di merda praticamente come quelle che bucai nel 2015, e non è bello cambiare una ruota a 51°C da queste parti.

Saloon e ristorante sono stati ristrutturati qui a Furnace Creek e sinceramente preferivo prima. Oggi sembra tutto più grande ma è necessario prenotare e il ristorante è abbastanza caro. Un tempo arrivavi a qualsiasi ora e ti accoglievano alla grande in un ambiente un po’ più famigliare. Gli alloggi sono identici e pur sempre spettacolari considerando la severità della location. La bistecca era ottima e necessaria ma ne avrei mangiate altre quattro. Ora attendo il dessert, una torta ai datteri con gelato poi uscirò nell’oscurità del deserto e mi fumerò un sigaro per coronare questa giornata che era cominciata con la fuga da Las Vegas ed è terminata con me che contemplavo nel silenzio la valle dall’alto, nel luogo che un prospector di origini basche, morto nel 1945, aveva scovato creando una pista che dal suo accampamento saliva su fino a quasi 2000m.

Questo pomeriggio, prima di arrivare alla Death Valley facevo una sosta ad Ash Medows, un’oasi abbastanza spettacolare in un deserto impietoso. Mentre cercavo di avvicinarmi alla riva delle Crystal Springs camminavo su questi panettoni tremolanti di terra crepata lungo le sponde. Sembravano sorreggermi senza problemi fino al momento in cui la mia gamba sinistra é affondata fino al ginocchio in una melma fangosa grigia e calda. Per fortuna sono riuscito a recuperare la mia scarpa ma avevo un problema. Non potevo entrare così in automobile. Mi son fatto un giro di una mezz’ora cercando di far seccare la melma il più possibile. Ho cercato di coprire tutto con sabbia finissima. Poi alla fine sono partito e poco prima di arrivare a Furnace Creek c’è in effetti un ruscello che poi credo dia il nome alla località e li finalmente mi sono potuto lavare scarpa e gamba.

Anche Badwater da il titolo ad un brano che abbiano suonato e registrato agli albori.

Vista Point a 51°C

Un cestello di Sierra è ora sempre con me, è il mio fedele compagno di viaggio come pure una simpaticissima bottiglietta da 375ml di Maker’s Mark Kentucky Straight Bourbon. Si arriva in motel la sera e il cestello finisce subito nel frigo. Poi esco a cercarmi una bella tavola calda messicana in cui mangiare una succulenta enchilada accompagnata da una freschissima Tecate con boccale di birra ghiacciato e chili on the edge.

tecate

Ieri ho eseguito abbastanza in scioltezza una lunga discesa seguendo la Cabrillo highway, questo è il nome che porta la 1 qua nel sud della California. Un festival ininterrotto di “vista points”. Verso sera ho cercato di evitare Los Angeles passandole accanto da nord per poi proseguire in direzione di Indio.

L’esercizio di oggi primo luglio consisteva nel raggiungere per sera Furnace Creek all’interno della Death Valley. Ho trascorso la mattinata a fare panoramiche nel Joshua Tree National Park.  Durante la tappa di avvicinamento alla Death Valley oggi ho registrato la temperatura massima di 118 °F = 47 °C. Ma nel tardo pomeriggio, dunque se domani avrò fortuna potrò cercare di battere il mio record personale di sopravvivenza nella calura estrema.

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Mercoledì 2 luglio.

Mi sveglio abbastanza presto nonostante abbia dormito eccellentemente. Inoltre ieri sera ho potuto gustare una cena favolosa qui a Förnes con un ottima ribeye steak tagliata e ricoperta da una prelibata salsa ai funghi con un ottimo puré di patate con fiori di cappero e qualche allegro asparago grigliato. Tutto accompagnato da una deliziosa Sam Adams Summer Ale a me sconosciuta ma  assai gradita. In questo posto si mangia veramente bene. Qui in questo angolo inospitale del pianeta terra c’é un resort che offre un discreto comfort, dell’ottima carne alla griglia e delle graditissime birre fresche alla spina. Probabilmente é la stessa situazione climatica di certi deserti libici, senza resort, senza carne alla griglia e senza dell’ottima birra alla spina. Ci pensavo un po’ anche ieri durante l’avvicinamento alla Death Valley. Mi dicevo che tutto sommato il paesaggio che mi passava davanti agli occhi avrebbe potuto essere l’Afganistan, senza Talebani però, per il resto uguale!

Ma torniamo a questa mattina:

Salto in auto tutto bello giulivo alle 08:00. Mi sono comperato allo store del ranch tre mele con le quali pranzerò oggi e mi porto in auto circa 3 galloni d’acqua, non si sa mai. Per la mattina decido di andare a dare un’occhiata ai crateri di Ubehebe  su nell’angolo a nord del parco, a pochi passi da Scotty’s Castle. Percorro i 91 km che da Furnace Creek mi portano allo Ubehebe Crater in poco più di un ora senza incontrare nessuno lungo la strada. Fermo l’auto ai piedi di questo giovane vulcano (non più di 2000 anni a quanto pare) e comincio a percorrere il crinale del cratere maggiore. Tira un vento micidiale e tra me e me mi dico che qualche anno fa, quando decisi di scattare alcune panoramiche in questi luoghi, fui eroico. Questa volta non me la sento e scatto solo still. Alla sinistra del cratere seguo con l’occhio la linea bianca della strada sterrata che da Ubehebe parte per raggiungere dopo 27 miglia  la Racetrack Playa, lo strano luogo dove nel mezzo di una vasta pianura, dei grossi sassi sembrano aver lasciato delle scie lungo il tragitto da essi percorso. Mai nessuno ha visto questi sassi muoversi ma le scie stanno li ad indicare uno spostamento inequivocabile. Mah…

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Al termine della mia visita al cratere decido di inerpicarmi lungo la prima tratta della pista che porta alla Racetrack Playa. Non ho intenzione di percorrerla tutta, non sarebbe saggio. Non sono sicuro che la mia auto abbia i “numeri” per affrontare questa pista e poi mi dico che magari dovrei avvisare qualcuno prima di percorrerla, giusto perché qualcuno sappia dove mi trovo nel caso succedesse qualcosa. Comincio a farne un pezzo, poi tornerò indietro e domani mattina ci riproverò per davvero: passerò prima alla Grapevine Ranger Station, farò vedere l’auto e chiederò se é tutto in regola per affrontare la tratta. Questo pomeriggio avrei inoltre intenzione di ripercorrere la tratta lungo il Titus Canyon, che già percorsi in altre occasioni. Mi dico che potrei utilizzarla come termine di paragone chiedendo ai rangers se per Racetrack Playa la difficoltà é simile.

Questi sono i pensieri che mi frullano per la testa mentre affronto le prime miglia di sterrato verso Racetrack Playa anche se una vocina comincia a dirmi che potrei tentare di raggiungere la destinazione anche oggi magari. Non sarebbe prudente, cazzo! E se succede qualcosa? E magari oggi non ci va nessuno e rimango la da solo, con tre mele e otto litri d’acqua?

IMG_0698Vabbé, arrivo fino la su in cima e poi torno indietro. Mentre formulo questa ipotesi si accende una nuova spia mai vista prima sul pannello di controllo della mia Jeep. Allarme! Dice Low Tire. Che cazzo é? Ci sarà stato un calo di pressione nelle gomme, boh… Rallento e mi fermo. Già andavo abbastanza lento. Esco dall’auto nella calura assurda che l’aria condizionata all’interno mi aveva fatto dimenticare e cerco di capire che cosa sta succedendo. Sono a quasi 100km da Furnace Creek e da alcune miglia ho imboccato lo sterrato che porta a Racetrack Playa. Qua dove sono non mi vedrà nessuno, per giorni magari.

Tra l’altro qua dove mi trovo non c’é campo e il telefono non serve ad un benemerito cazzo di niente.

Faccio il giro dell’auto, qua tra le pietre, per capire che cosa sta succedendo. Arrivo alla ruota posteriore destra e per un istante mi si ghiaccia un po’ il sangue, giusto un istante. Sta si-bi-lan-do a balla! Esce aria dal copertone-figlio-di-puttana di questa scheisse-Jeep. Porca puttana se sibila. Si sta sgonfiando la ruota della mia auto mentre sono qui da solo nel nulla desertico e il pannello di controllo figlio di troia mi dice che ci sono 51 °C all’ombra! Caaaaaaaaaaaaaaazzzzzzzzoooooooooo! Mi ricordo bene che dissi “SHIT”! In inglese. Strano sto fatto qua. Quasi un po’ cinematografico! Come se per un micro-istante si trattasse di finzione “oliverstoniana” alla U-Turn. Io sono Sean Penn, mi é saltato il motore e fra un po’ arriverò all’autorimessa sgangherata di Billy Bob Thornton. Nessuna Jennifer Lopez da queste parti però.

E allora Texo pensa in fretta! Ma molto in fretta, cazzo! Cosa fai adesso? Tu, turistello imbecille, che ti sei sparato due caffe e un tè a colazione a Furnace e adesso sei nel deserto con una gomma dell’auto a terra. Un po’ come se ti trovassi in mare, circondato dagli squali su un gommone che si sta sgonfiando.

Salto in auto e riesco a malapena a girarla, la pista quasi non me lo consente, ma io non posso andare ancora avanti sperando di trovare un posto in cui girare. Riesco a girare a malapena e comincio a correre a tutta birra alla disperata ricerca dell’asfalto, perlomeno. Se mentre salivo andavo a non più di 25 miglia orarie, adesso sto tornando indietro a quasi 50. Devo fare attenzione a non ribaltarmi, cazzo. Dov’é l’asfalto cazzo!!!

Dopo una decina di minuti ritrovo l’asfalto a Ubehebe Crater ma adesso devo volare. Non posso fermarmi qua con un vento a 100 Km/h e 50 °C per cambiare la ruota. Mi ritroverebbero tra qualche settimana mummificato, ancora attaccato alla ruota.

Mentre volo verso la Grapevine Ranger Station tendo l’orecchio per capire se la ruota tiene ancora o se comincio a sentire quel flap-flap-flap-flap di cautchu spiegazzato e molle che rotea nell’aria. Arrivo alla ranger station, la gomma é a terra e chiaramente non c’é nessuno.

Apro il vano della ruota di scorta con il sole che martella il cranio e dentro c’é quella ruotina un po’ focomelica che la noti sempre quando vedi qualche auto sfigata che la indossa a Lugano. A LUGANO, ripeto, in primavera, estate, autunno o inverno, tra i 27 e gli zero gradi, non nella Death Valley, ripeto, VALLE DELLA MORTE, ripeto ancora, DELLA MORTE, cioe “cessazione di quelle funzioni biologiche che definiscono gli organismi viventi” secondo Wikipedia.

Una decina di minuti buoni mi servono per capire come si usa il crick che alla fine riesco ad operare sotto la Jeep. Sto grondando come se avessi fatto un tuffo a testa in una piscina piena di sudore. Faccio schifo anche a me. L’asfalo scotta tantissimo, e devo fare delle pause ogni volta che mi ci appoggio sennò mi ustiono. Intanto non passa assolutamente nessuno. E mi trovo nuovamente in strada, non su di uno sterrato che magari non tutti affronterebbero, ma da qua passa la strada che porta a Tonopah.

Eccheccazzo é TONOPAH? Ma chi va a TONOPAH, e per fare cosa?

Dopo alcune tribolazioni riesco finalmente a sostituire la gomma e adesso devo capire che cosa devo fare. Non posso andarmene in giro per la Death con questo ruotino ridicolo e sperare pure di arrivare a Vegas venerdì. Devo chiamare la Alamo per notificarli dell’incidente e per chiedere cosa devo fare adesso. Ma poi non avevo mica fatto un’assicurazione che mi copriva pure i costi per qualsasi incidente nel quale avrei potuto incappare? Per fortuna alla Ranger Station di Grapevine c’é un telefono dal quale posso chiamare il 1-800 della Alamo. Long story short sto al telefono circa un’ora con un cordialissimo operator che infine mi propone la seguente opzione:

in 120 minuti arriverà da Pahrump un towing truck che mi porterà un minivan e prenderà in consegna il mio Mid-size-SUV. Non riescono né a trovare qualcuno che mi ripari la gomma né un SUV sostitutivo. Accetto.

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Alle tre del pomeriggio mi ritrovo infine con questo Dodge Caravan SXT e dimentico nella Jeep che il towing man si porta via un ottimo CD di Bluegrass che avevo assemblato per il Maggie prima della partenza. Dopodomani ripasserò da Pahrump per andare a Las Vegas e mi fermerò dunque da Aquarius Towing per vedere se hanno ancora la Jeep merda con il mio CD.IMG_0700

Finale

Anche questa sera non ho resistito e su consiglio di Micha da Comano (su skype) sono tornato a mangiare giapponese da Sakana, tra Post e Taylor. Poi se avrò voglia di fare il maiale mi concederò uno spuntino di mezzanotte da qualche altra parte. Chi se ne fotte ora. Qualsiasi cosa va bene adesso. Non vorrei sembrare più giramondo di quanto sono in verità, ma in questo posto mi sembra di aver già mangiato una decina di anni fa.

La Miso Soup, che delizia, sempre! Anche a colazione la mangerei. Ok, é arrivato il sushi – sashimi combo e mi verrebbe voglia di bestemmiare dall’entusiasmo. Devo andare in Giappone, assolutamente, per fare un’indigestione di sushi, un po’ come farei da noi con la pasta. In fondo il pesce perché cuocerlo? Da crudo é fantastico. Bisognerebbe provarlo da vivo, mangiare solo pesce vivo. Un imperativo. Come uno squalo. Mi sono appena sparato in gola un’intera ovulazione di circa un centinaio di potenziali salmoni avvolti nell’alga. Mamma mia che mangiata oggi. Qui ci sono pure dei giapponesi che cenano con me ma mangiano pochissimo in confronto. Bene, ho finito adesso.

Sono allo Swig e mi sto facendo un bicchiere di Stagg a 10$ La mia passione per il Bourbon e nata forse in questo locale qualche anno fa. Io e Eero ci siamo fatti un Bruichladdich di 20 anni o giù di li. Altri clienti attorno si erano fatti coraggio pure loro e invece della solita birra avevano ordinato del whisky. Un paio di giorni dopo ero ripassato per un whisky e avevo chiesto al barista di darmi quello che secondo lui era il miglior Bourbon in assoluto. Mi fu sottoposto il Russell’s Reserve di Wild Turkey. Ottimo, non il migliore, ma da quel momento “I was hooked”, come si dice da queste parti. Conquistato. Ho poi avuto modo di scoprire i miei Bourbon preferiti e quello che sto bevendo ora é uno di quelli. George T. Stagg, già diventato leggendario in Ticino tra gli amici.

Sono le ultime ore di San Francisco, sono seduto al caffé Puccini in Columbus Avenue e sto bevendo un buon cappuccino. Questa mattina ho scoperto che l’albergo in cui alloggiavo non tiene i bagagli fuori dall’orario di checkout. E’ così cominciata la caccia ad un albergo che mi offrisse questo servizio. La ricezionista del Motel 6 in cui ero stato mi ha consigliato di provare presso un grande albergo (Hilton o simili). Il primo tentativo l’ho fatto presso un Best Western ma alla reception mi sono sembrati veramente sospetti: “Mah, vediamo cosa possiamo fare. Aspetta che chiamo il mio capo. George, tu che dici? Lui avrebbe anche l’intenzione di pagare. Adesso vediamo. Quanti bagagli hai? 3 pezzi, gli rispondo. Beh, allora, con qualcosina per bagaglio ci possiamo arrangiare. Ok, grazie. Gli ho detto. Vado a prendere i bagagli e sono qui tra un attimo. Mentre tornavo al Motel 6 pensavo che i due individui che avevo incontrato non mi piacevano per niente. La ricezionista al Motel 6 mi riconferma che se non é un grande albergo devo lasciar perdere. Ne sono totalmente convinto. Vado in cerca di un altro posto. Entro al Westin in Union Square e qui predono i miei bagagli gratuitamente. Hanno una stanza utilizzata appositamente a questo scopo, sorvegliata e i bagagli sono prontamente registrati. Adesso sono seduto al caffe Roma e sto bevendo un ottimo bicchiere di Suave. Mentre me lo serve da una bottiglia aperta il cameriere si da un’occhiata intorno per assicurarsi che il padrone non sia nei paraggi e poi mi dice “Why don’t you take a big sip, fatti una bella sorsata dal bicchiere che nella bottiglia é rimasto ancora mezzo bicchiere”. Eseguo senza battere ciglio e asciugo mezzo bicchiere che lui mi riempie di nuovo. “You see? That looks like a perfect glass of wine to me!” Sono d’accordo.

Dunque, sono seduto di fuori proprio in Corso Cristoforo Colombo, c’é un bellissimo sole e mi godo quest’ultima giornata. Vorrei spendere ancora un pacco di soldi ma a quanto pare il mio progetto di spedirmi a casa una pregiata bottiglia di Bourbon non si concretizzerà perché le poste non spediscono spirits. Mah, sono un po’ meravigliato.

birra-e-calcetto

Giusto per restare in materia di ricordi, sono adesso in un pub in cui io e Pat trascorremmo le ultime ore di Frisco e di USA qualche anno fa, giocando a calcetto bevendo Sierra.

Sto tirando le somme di questa vacanza e sto cercando di capire cosa abbia attirato di più la mia attenzione. I parchi naturali sono stati come al solito una grande esperienza. Particolarmente bello é stato scendere nelle gole del Bryce Canyon e il giro tra i giganti della Monument Valley.

ruggine

Ciò che però ricordo con più piacere, questa volta, é l’inseguimento della 66, soprattutto tra Oklahoma e Texas. E’ stato veramente fantastico percorrerla, cercare di non perderne traccia. Ritrovarsi in un perfetto pomeriggio texano, soleggiatissimo e senza nubi in cielo, ad attraversare una qualche cittadina sconosciuta di non più di 1000 abitanti. Procedere lungo la strada maestra rivisitando i fantasmi del passato, tra autorimesse chiuse e spaziosi motel abbandonati. Impareggiabile! Le insegne scrostate dal sole e dal tempo, le erbacce che si sono impadronite di ogni cosa, le auto morte abbandonate nei garage, con le ruote sgonfie e semi interrate, i sedili distrutti con le molle a vista e le cicale che fanno un rumore assurdo nella calura. Cavallette che saltano ad ogni mio passo, mosche che ronzano in cerca del mio sudore, silenzio praticamente assordante e tutto immobile in questi pomeriggi sospesi, che arrivano da un luogo forse immaginato, nella mia memoria. Un posto al quale ho decisamente pensato prima di averlo visitato.

camionista-religiosoDei pomeriggi post-apocalittici, senza tempo, ora, mille anni fa o tra mille anni, di immagini sbiadite, bianconeri che diventano gialli, gente che invecchia senza spostarsi di un centimetro, l’asfalto che si spacca e il verde che prende tutto lo spazio che trova, l’aria diventa fossile e le ore durano anni. Tutto ciò su cui io poso lo sguardo e morto, chiuso, rotto, chiaro, pallido, bello e affascinante. Ho la chiara e netta impressione che tutto sia esistito sulle note di un vecchio disco, quelle di “Mister Sandman” di Chet Atkins. Ascoltatelo e capirete.

Mister Sandman by Chet Atkins on Grooveshark

Un Jukebox che suona dal passato, un 78 giri con la punta che salta. Rumore di statico, fotogrammi che passano, si incastrano, si fermano e pellicola che brucia. Io mi trovo adesso in questo interstizio di tempo sospeso. Qui non c’é ombra oppure se c’é é lunghissima. Non mi ricordo vie di mezzo. Non mi ricordo persone, mi ricordo di aver parlato con dei fantasmi e questo é quanto. Camminavo scrutando il suolo: una lattina di Root Beer vecchissima e piattissima, veramente sottile e quasi senza colore, un foglietto di carta scritto fitto fitto con chissà quale inutile messaggio dal passato. Un muretto verniciato di verde vomito con strisce di urina e ciuffi d’erba disperata nell’angolo al suolo.

Questo pomeriggio mi sono mangiato un Hamburger per celebrare la partenza in stile americano. Gravissimo errore. Le patate fritte che lo accompagnavano erano tutte ricoperte di pezzetti d’aglio. Sul momento non ci ho fatto troppo caso anche se una vocina mi diceva “fai attenzione! Più tardi potresti pentirtene. Sono passate 5 ore da quel pasto e sto ancora ruttando sbocchi di aglio disgustosi e se non faccio attenzione vomito. Prima in autostrada mentre mi avvicinavo all’aeroporto, c’era traffico e magliette del Barcelona da tutte le parti. Era tutta gente che si recava allo stadio per assistere alla partita di cui ho parlato in precedenza.

Adesso sono seduto all’Hard Rock Café, downtown Atlanta. Sono atterrato questa mattina alle 6 e mezza e dovrò attendere 12 ore prima di ripartire, percui era fuori discussione rimanere in aeroporto tutto quel tempo. Inoltre era freddissimo. Anche sull’aereo era freddissimo. Dove stavo seduto io tirava proprio il vento. Ma adesso ho dovuto ritirarmi in un locale perché c’é una calura umida assurda qua ad Atlanta. Mi trovo proprio in Peachtree St. a pochi metri dallo storico Fox Theater in cui i Lynyrd registrarono il loro concerto One More From The Road nel 75 o giù di li.

fox

8621

Poco fa ho riconsegnato la Mia Toyota. Mia e lo sottolineo. Si perché come sempre capita mi ci ero abituato e un po’ attaccato.

toyota

Siamo stati in un sacco di posti assieme in queste tre settimane. Strade facili e strade difficili, belle linde e lisce, non asfaltate e impolverate. Come al solito sono bastate un paio di settimane per farle prendere il colore della merda e il puzzo di vomito o di puzzola rivoltata di dentro. L’ho proprio consumata e le ho lisciato le gomme. Tra le cuciture dei suoi sedili, se non la puliranno alla perfezione, il prossimo cliente (francese di sicuro) potrà trovare, nell’ordine: pezzi di Beef Jerky di diverse provenienze, dall’Arkansas allo Utah poi macchie di caffé rovesciato, resti di donuts mezzi masticati, macchie di mayonnaise e senape secchi, sassi e ghiaia di ogni singolo stato attraversato, sabbia delle dune della Valle della Morte, probabilmente del pelo di Sea Lion morto e calpestato involontariamente sulla spiaggia tra Pacifica e Half Moon Bay prima di San Francisco mentre camminavo contemplando “pirlamente” il cielo, merda (di sicuro e di svariati animali) mescolata a bricciole di muffin e per concludere qualche macchia di chocolate chunk sciolto. Si é fatta la 66, diamine!

casa

Adesso sono a Frisco e sto girando a piedi con il solito cavalletto in spalla e cerco di fare gli ultimi scatti. Mi sono infilato nel primo pub che ho trovato in Sutter St. e ho ordinato una bella pinta di Bass. Poi voglio andare a China Town a fotografare un po’ di caos orientale. Direi che stasera una cena cinese é d’obbligo.

shanghai

Adesso mi trovo alla San Francisco Brewing Company e la cameriera superdotata con tatuaggi da camionista su entrambe le braccia mi ha servito una S. F. Pale Ale e siccome é finito il serbatoio della birra proprio mentre stava per finire di riempirmi il bicchiere, la mia birra é “on the house”. Magnifico, no? Intanto é partita la seconda birra, una Shangai Pale Ale e tra le altre cose siamo in piena Happy Hour. Devo dire che in un posto come questo anche la musica fa tutta la differenza. Stanno mandando del magnifico Jazz. Nient’altro andrebbe bene adesso. La Shangai sta entrando in circolo e comincio ad essere moderatamente stono.

Questa sera invece che cinese ho optato per la cucina giapponese. Sono però preso completamente alla sprovvista per quanto riguarda la scelta e mi faccio dunque consigliare dal Sushi Master. Ikura adesso, che non so esattamente cosa sia ma c’é del salmone poi un Rainbow Roll. Ok, l’Ikura era a base di uova di salmone appoggiate sul riso in un cilindro d’alga. Ma che goduria la cucina jap ed é veramente uno spettacolo vedere lavorare questi cuochi giapponesi che tra l’altro continuano pure a brindare alla grande con i clienti.

E’ passato un giorno e sono a Haight Ashbury. Mi son fatto un paio di fette di pizza da Escape From New York, un’altra tappa obbligatoria quando sono a San Francisco come pure la caccia ai dischi al negozio di musica Amoeba. Adesso dopo aver fatto la scorta di musica sono pronto per tornare a casa.

Prima, passando dal Golden Gate Park c’erano Pujol, Messi e compagnia bella che facevano allenamento davanti ad un pubblico di VIP e di giornalisti. Tutti rigorosamente inavvicinabili. Domani il Barcelona gioca una partita amichevole contro il Chivas Guadalajara al San Francisco 49ers Stadium. Da lontano ho rubato qualche scatto.

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Stasera passo a salutare i Sea Lions al Fisherman’s Wharf. Incredibile come qua tutti vestano in modo stravagante, diverso e variopinto. Da noi interverrebbe la polizia. Qua é stravagante essere normali.

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Questo é un altro mio compagno di viaggio e si chiama Maker’s Mark Kentucky Straight Bourbon Whisky, comperato in un Liquor Store a Page in Arizona e chiaramente 8621 sono i chilometri che ho percorso in tre settimane con la Mia Toyota.

Petaluma

Oggi mi sono svegliato sotto l’inconfondibile nebbia del Pacifico. Tutto sembra sospeso. I gabbiani fanno già un gran fracasso. Vado a dare un’occhiata all’oceano. Potrebbe sbucare fuori dalla nebbia in ogni momento la Perla Nera di Jack Sparrow con il suo equipaggio fantasma.

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Adesso sto pacificamente gustandomi una Sierra Nevada Pale Ale a Santa Cruz. Mentre da noi per i turisti fanno girare per le vie del centro una macchinina elettrica camuffata da trenino con i vagoni attaccati carichi di germanici, qua a Santa Cruz fanno qualcosa di analogo solo che in strada ci sono i binari e il treno é un vero Southern Pacific con motrice e otto vagoni per una lunghezza complessiva di un centinaio di metri. Lo dico sempre, qua in USA fanno tutto in grande. Ieri al ristorante a Monterey c’era una lista d’attesa di circa 20 minuti. I camerieri, attrezzatissimi, forniscono i clienti di un pager che vibra e suona quando il tavolo é disponibile. Tu, intanto, puoi girare tranquillamente per negozi fino a che non é il tuo turno.

Bene signori, Questo pomeriggio ho lasciato santa Cruz, il suo lunapark e il suo molo d’asfalto detentore del record del mondo di lunghezza. Era mia intenzione recarmi a nord di Frisco per passare l’ultima notte fuori città. Avevo pensato a Bodega Bay, dove sono già stato peraltro. Cercando di raggiungere la mia destinazione passo attraverso una cittadina dal nome curioso. Petaluma. Mentre attraverso downtown rimango colpito dalla bellezza degli edifici e dalla vitalità del centro ma io devo andare a Bodega e allora tiro dritto. Mi lascio Petaluma alle spalle e ritorno in aperta campagna. Davanti a me, in lontananza, vedo le nuvole che salgono veloci dal Pacifico e Bodega si trova proprio la, probabilmente già avvolta dalla nebbia mentre alle mie spalle vedo ancora in lontananza la soleggiata e calda Petaluma. Allora mi dico, ma vaffanculo Puttana Bay io questa sera torno a Petaluma.

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Porca troia che ennesima intuizione. Petaluma é fantastica! Una piccola cittadina tutta piena di bei negozi e ristoranti da tutte le parti. Bei ristoranti, intendo, mica merda. Lungo una via del centro, inoltre, c’é un mercato agricolo e stanno vendendo della verdura magnifica. Ad ogni angolo  di strada  ci sono gruppetti che suonano. Chi Jazz, chi Funk e chi Folk Music. Ma dove sono capitato? Ho trovato posto al Best Western dove mi hanno consigliato di fare sosta da Dempsey’s, una birreria in centro nella quale mi trovo orora. Sto bevendo la loro Strong Ale che senza esagerare é uno degli Ale più buoni che io abbia mai assaggiato in tutta la mia vita focomelica.

Sto mangiando un’eccellente insalata verde su un letto di barbabietole con noci e pezzetti di Roquefort. Percepisco anche del coriandolo. Dire solo che é buono é veramente mancare di rispetto. Favoloso, direi. Il pane, fatto con la farina bigia, é buono e ha la crosta dura! Io lo farei così a casa. Signori, Roquefort e barbabietole… Spero che non ci abbiano pensato per primi gli americani. Adesso l’entrée. Salmone su un letto di zucchine grigliate alla perfezione. No, cazzo, sono senza parole. Con un cappello di cipolla lessa tagliata a striscioline che col salmone sembra nata per starci assieme. Poi qua e la qualche pomodorino cherry e qualche chicco di mais cotto e grigliato per dare un tocco dolce alle zucchine. Si vede che é un piatto costruito da qualcuno preoccupato dal gusto, qualcuno che conosce i sapori e dosa gli ingredienti per ottenere armonia. Veramente il risotto all’arancia del Principe Leopoldo qualche mese fa stava nella categoria “mensa dei poveri” a confronto. Questa é veramente tutta la differenza che passa tra l’esserci e il farci, tra apparenza e sostanza. In più ripeto che la birra é spettacolare. Siamo semplicemente in una Brewery. Signori marcatevi questo nome: Petaluma. Il cameriere assomiglia a Steve Martin.

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La California sa vivere, non ci son cazzi che tengano. Che scelta azzeccata oggi. Mi immagino tutto infreddolito a Bodega Bay a mangiare filetto di Halibut sfigato accompagnato da un po’ di riso insipido con tutto il peso della responsabilità lasciato al vino californiano. Che sforzo!

Ok, é deciso. Chiamerò mia figlia Petaluma, di primo nome. Petaluma Strong Ale!

E come se non bastasse, la procace Denise, al parcheggio, mi chiede se non posso dare a lei e a suo fratello un passaggio a casa perché lui é too drunk to drive e io, preso oramai dall’entusiasmo per questa cittadina dico ma perché no? Come on, I’m not from here but if you show me the way I’ll take you home.

Avrei tirato su chiunque, anche se avesse avuto l’aspetto di Charles Manson.

The Woodsongs Old Time Radio Hour

The Woodsongs Old Time Radio Hour

Intanto per chiudere questo post vi dico che é disponibile il video del concerto di Neko Case al quale ho assistito il 22 luglio.

Rock Novak

Ieri sono infine uscito dal deserto. In mattinata ho fatto tappa a Beatty per fare il pieno al mio cavallo di ferro. Beve tantissimo in questi giorni. Sarà il caldo. Subito dopo mi é sembrato doveroso fare una breve sosta a Rhyolite. Le immagini di questa ghost town sono il motivo per cui sono partito per gli USA nel 2007. Ricordo ancora perfettamente un email spedito in cui scrivevo “Io devo andare a Rhyolite”. Ebbene, adesso, in questo preciso istante sono a Rhyolite. Di nuovo. Me la sto guardando. I suoi ruderi si addicono alla fotografia panoramica. Oggi la temperatura é assai più sopportabile. C’é qualche nuvola che vela il cielo e abbiamo otto/dieci gradi in meno da sopportare. Dopo Rhyolite una breve tappa a Furnace Creek giusto per mandar giù una Sam gelata prima di ripartire per una meta non ancora precisa. Sono al bar del Furnace Creek Ranch e sto godendomi la Sam come non ho quasi mai fatto in tutta la mia vita. Ci sono veramente pochissime birre che detengono il primato nella mia vita e questa é una di quelle. Decido che per ritrovare la costa del Pacifico uscirò dalla Death Valley seguendo una nuova strada mai percorsa in precendenza. Faccio rotta verso la Panamint Valley in direzione di Trona. Il primo tratto é quello che porta in direzione del Wild Rose Canyon, visitato qualche anno prima, poi invece ci si immerge in questa enorme valle quasi disabitata con la classica strada dritta e lunghissima che la attraversa. Ad un certo punto leggo “Ballarat Ghost Town”. Una strada in terra battuta devia a sinistra e io chiaramente non resisto e mi ci butto dentro. Procedo a 40 miglia orarie. Le ruote ballano e di dietro sollevo un magnifico polverone ascoltando Marc Johnson accompagnato dalle chitarre leggere e atmosferiche di Bill Frisell e Pat Metheny.

Dopo una decina di minuti di polvere arrivo in quello che sembra un accampamento post atomico tratto da Mad Max. Alcuni Trailer e qualche RV sono parcheggiati non lontano. Un cartello mi consiglia di fermarmi, uscire ed esplorare piuttosto che stare fermo in auto.

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Da una casupola vedo uscire un uomo dall’aspetto perfettamente “Deliverance”, oppure “The Hills Have Eyes” Mi avvicino. How are you? I’m fine, how are you today, sir. Gli rispondo.
Good, oggi si sta un po’ meglio di ieri. Come on in, I have cool sodas. Mi fa entrare in una specie di autorimessa tutta piena di baracche e roba rotta. Un cane sta boccheggiando su una poltrona tutta sgualcita. Un poster di una tettona é appeso proprio sopra al frigo. Lui lo apre e ci sono 2 bottigliette d’acqua e 500 lattine di Bud. What about a beer? Gli chiedo. Allright. Mi stappo questa Bud nella calura mentre lui mi indica un pickup tutto arrugginito proprio davanti a noi. That’s Charles Manson pick-up right there. There’s the cemetary. Quell’edificio la in fondo é la prigione. Isn’t that funny? E quello era il motel. Troverai la scritta No Vacancy abbastanza ironica, Mi dice. Capisco che nonostante l’aspetto totalmente inquietante, Rock Novak, questo é il suo nome, é pure dotato di un buon senso dello humor.

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Mi spiega che i trailer che vedo vicino al cimitero sono degli operai che lavorano alla miniera d’oro ancora in funzione a Pleasant Canyon. Si tratta di lavoratori che vengono da Isabella, da Trona e tornano a casa solo per il weekend. Una miniera d’oro ancora in funzione! Fantastico! Ci lavorano circa sessanta persone 24 ore su 24. La sera tornano a Ballarat nei loro trailers fermandosi da Novak per una Bud. Rock mi dice pure che é pieno di gente stupida che viene nel deserto totalmente sprovveduta, va a farsi dei giri credendo di essere seduta davati alla propria televisione nel salotto di casa e poi ci lascia le penne in una qualche gola nascosta della Panamint Valley. Gli dico che anche io sono spesso sorpreso dalla stupidità della gente che in luoghi così severi fa cose che i locali non farebbero mai. Rock mi corregge subito. Qui é pieno di gente stupida come ovunque, che fa cose che poi paga a caro prezzo. Siamo tutti uguali, Da qualsiasi parte veniamo. Siamo tutti stupidi.

Devo dire che sto Novak mi convince sempre di più. Gli chiedo se posso fare una fotografia nella sua rimessa. Oh, no problem. Go for it. Take all the pictures you want. Dopodiché lo saluto vado a scattare ancora qualche foto ai ruderi di Ballarat e poi parto in direzione della costa.

Salgo seguendo la 178 West verso il Giant Sequoia National Monument che però non riesco a visitare. Si sta facendo sera e devo assolutamente raggiungere un posto per dormire in tempo utile. Comincio dunque a ridiscendere dall’altro versante della Sierra. Il sole che é rimasto nascosto dietro a delle alte nubi per tutto il pomeriggio si fa finalmente vedere e comincia dunque un meraviglioso spettacolo lungo le colline di erba gialla della California. Cerco di andare abbastanza spedito per non perdermi un tramonto mozzafiato da immortalare con una delle mie panoramiche. Incontro mucche, scoiattoli e cervi lungo la strada poi ad un certo punto, passata una curva, venti metri davanti a me vedo uno strano animale accovacciato in mezzo alla strada. Sarà un altro roadkill? No, non può essere sta proprio accovacciato. Mi semmbra un gatto dalla posizione, ma no, non può essere. Le proporzioni non tornano. E’ troppo lontano e troppo grande. Ho il riflesso nel retro del mio cervelletto bituminoso di prendere la macchina fotografica ma inconsapevolmente non fermo l’auto che continua a muoversi lentamente. L’animale che non mi cagava neanche di striscio perché probabilmente completamente assorto nella contemplazione di una possibile preda si accorge infine della mia presenza, si alza, si gira e scappa nella boscaglia. Si trattava di una magnifica lince alta una quarantina di centimentri per ottanta di lunghezza. E’ la prima volta che ne vedo una nella mia vita stronza. Sono felicissimo di averla nella mia memoria. Riparto alla caccia del tramonto. L’aria ha un odore magnifico, di agricoltura, di terra lavorata, di letame, di campi che trasudano. Mi ricorda tanto l’odore del Kibbutz Revivim in Israele. Fantastico.

Arrivo alle 9 di sera a Porterville. Non so esattamente dove sia ma adesso ho veramente bisogno di fermarmi, bere una birra mangiare e dormire.

Oggi alle 20 e 15 ho finalmente terminato la mia rincorsa al sole. L’ho visto gettarsi da qualche parte lontano nel Pacifico. Io stavo tra gli scogli un po’ prima di Carmel. L’epilogo perfetto di un’altra giornata magnifica. In mattinata ho attraversato la California rurale, quella dei campi coltivati, dei messicani clandestini.

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Adesso sono seduto all’Old Fisherman Grotto e qua al tavolo di fianco al mio stanno parlando di Belli, Montecarasso e Biasca. Madonna che rottura di palle. Rimpiango quasi i francesi. Ah, dimenticavo, mi trovo a Monterey e oggi sono arrivato ascoltando quasi esclusivamente CSN e Jefferson Airplane. Che emozione questa strada! La 1 intendo. Percorrerla é in effetti come riascoltare un magnifico disco; Conosco già la musica ma é sempre un gran piacere che mi rigusto volentieri. Sono arrivato sulla 1 a Cambria, poco dopo Morro Bay. Che strada fantastica.

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Me la sono proprio goduta. Ogni tornante, ogni punto panoramico. Adesso sto mangiando uno spada all hawaiiana. Non so di preciso quale sia il valore aggiunto hawaiiano se non che probabilmente alle Hawaii hanno i broccoli e le carote come da noi e come appetizer un insalata di polpa di granchio. Ottimo comunque, il tutto accompagnato da due ottimi bicchieri di Pinot Grigio. Ah che figata! Tutto ottimo questa sera qui a Monterey.

23 miles of perfection

Bene, adesso non vorrei apparire coglione qui al bar del TI mentre scrivo e mi ciuccio un buon Booker’s. Questo pomeriggio mi sono letteralmente massacrato a fare su e giù per Las Vegas Boulevard.

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Adesso ho le gambe distrutte, ho già buttato nel cesso 40$ in un attimo ma ho mangiato da re al Buffet dell’Harras. Adesso cerco di perdere altri 60$ poi mi fermo. Oggi sono ancora riuscito a percorrere l’ennesimo tratto di 66 da Kingman fino a Oatman. Il caldo nel frattempo si é fatto notevole: 116 F, che non so quanto sia, ma qui nel deserto paiono un fottio di gradi allucinanti.

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Prima di arrivare a Oatman mi sono fermato ad una piccola e isolata pompa di benzina. Anche qui come mi era già capitato in passato mi sono trovato confrontato con il proprietario assai diffidente: Where are you from? Germany? No, Switzerland Dev’essere costosa l’attrezzatura che ti porti dietro, perché sei qui? Mah, prima di tutto volevo comperare qualcosa da mangiare poi se non ci sono problemi avrei l’intenzione di scattare una fotografia qui fuori. Perché vuoi scattare una foto? Perché mi piace il posto. Poi ha cominciato a spiegarmi che l’edificio é registrato nel patrimonio nazionale e che non ha nessun problema a fare scattare foto e quant’altro a patto che non si vendano o che perlomento gli si chieda il permesso. Qualche tempo addietro aveva avuto una brutta esperienza con un tedesco che si era mostrato molto aggressivo nel momento in cui lui gli aveva fatto qualche domanda in merito all’utilizzo delle foto. Per cui da allora lui é diffidente e io aggiungerei un po’ paranoico. Un omone dall’aspetto e dall’atteggiamento simili a quelli di John Goodman in “The Big Lebowski”. La valle di lacrime, per intenderci.
Dopo averlo tranquillizzato sulle mie intenzioni si é calmato e ha cominciato a raccontarmi delle storie. Gli ho detto che oggi era veramente caldo e lui mi ha risposto Oh yea, hot as hell, actually I’ve been to hell. The devil took a bite of me and let go over. Sai, io sono morto una volta. Mi dice serio e poi mi fissa. Ah si? Rilancio io mentre cerco di capire se mi trovo davanti ad un pazzo scatenato oppure a qualcuno che ha una strana storia da raccontare. Mi trovavo in un campo a lavorare con dei macchinari per l’irrigazione (così mi pare di aver capito) che funzionano con nitrogeno e sono stato colpito in pieno petto da una spruzzata di gas a -200°. Ho smesso di respirare e dopo un po’ mi son visto da 100 metri d’altezza, Vedevo me a terra e mia moglie che cercava di soccorrermi. Poi sono riuscito a fare il primo respiro e sono ritornato a terra. Poi mi ha pure raccontato del roadrunner che viene a mangiargli dalla mano. L’unico uccello che non vola e mangia carne di prede che lui stesso uccide. Arriva fino a 70 miglia di velocità mi dice e uccide i serpenti a sonagli. Io non ho mai nemmeno capito se si tratti di un animale vero oppure solo di un disegno animato.

Intanto mi son fatto un’ottima Sam Adams per colazione.

E’ sempre speciale passare la notte nella Death Valley, solo che questa volta non mi trovo a Furnace Creek bensì a Stovepipe Wells. Lo stile é un po’ più spartano ma questo aggiunge più fascino al pernottamento. Questa volta il mio avvicinamento alla Death e avvenuto da est e in effetti é un’esperienza un po’ meno mistica, se mi é concesso, dell’arrivo da ovest. Di solito si comincia con la lunga discesa da Yosemite che ti immerge progressivamente in un ambiente sempre più desertico, poi c’é il passaggio attraverso Bishop dove di solito ci si ferma per un tardo pranzo e per una birra preparatoria. Poi si riparte e a Lone Pine si volta a sinistra. C’é l’impatto con quella che abbiamo ribattezzato Pre-Death (Panamint Valley, in verità). La prima volta che venimmo in USA pensammo che si trattasse della Valle della Morte vera e propria. Poi ci fu lo stupore quando cominciò la lunga discesa verso Stovepipe Wells e la Death Valley.

Questa volta niente di tutto ciò. Sono partito alle 9 e 30 da Las Vegas, ho fatto il pieno a Pahrump con grande rifornimento d’acqua (2 galloni e mezzo = 7 litri) e poi in un istante ero già nella Death.
Percui prima tappa pomeridiana al Dante’s view point su in alto (quasi 2000m d’altezza) Temperatura perfetta. La valle sta proprio sotto e io so che questo benessere é solo un’illusione. Comincio quindi a scendere fino a Furnace Creek e il termometro sale fino a 121 F e stare fuori dall’auto é un’impresa. Fantastico. Ho quasi paura che la mia attezzatura fotografica fonda. Supero Furnace e vado a depositare le mie cianfrusaglie a Stovepipe. Il pomeriggio lo dedico a Pete Aguereberry visitando e fotografando il suo accampamento e rivisitando il punto panoramico da lui scoperto.

Oggi sta per terminare il mio secondo giorno di esplorazioni qui nella valle della morte cominciato questa mattina alle 5 e 30 con una sveglia spontanea dettata anche da un brutto incubo che ho avuto. Strano perché il sogno stava andando alla grande: avevo conosciuto Bruce Springsteen. Vabbé, dicevo che mi sono svegliato presto percui ho deciso di assistere alla sorgere del sole questa volta sulle dune di sabbia che si trovano proprio qui vicino a Stovepipe Wells.

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Timing perfetto come al solito e un paio di panoramiche abbastanza pregevoli a mio avviso, poi ritorno a Stovepipe e colazione veloce, poi partenza in direzione di Beatty per fare il pieno all’auto. Riparto da Beatty e vedo la deviazione per Titus Canyon. L’ultima volta ci ero passato praticamente di notte e si era trattato di una discesa assai suggestiva. Adesso però ho voglia di farmela con la luce. Mi auguro solo che il mio Toyota sia veramente un 4×4 e non uno di quei Rav 2WD, ma c’é scritto 4WD perciò dovrei stare tranquillo. Comunque la spia 4WD sul cruscotto non si accende mai. Inoltre ieri l’auto ha cominciato a fare degli strani rumori e non é proprio il caso di immerdarsi lungo il tragitto che sto per percorrere. Diciamo che non é una strada battutissima.

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Comincio a percorrerla e mi rendo presto conto che non ci saranno problemi. Dopo un ora arrivo alla ghost town di Leadfield e finalmente vedo le poche baracche rimaste ancora in piedi.

leadfield

Vado subito a scattare un po’ di foto. La temperatura e più che accettabile (36/37) e comincio così la lenta discesa lungo il Titus Canyon. Le pareti sono ancora più alte di come me le ero immaginate di notte. Dopo 2 ore e mezza complessive esco finalmente dal canyon e mi preparo per una nuova esplorazione. E’ già mezzogiorno e vado dunque a prendermi qualcosa da mangiare. Uscendo dal Canyon la temperatura si fa sempre più estrema e quando arrivo a Stovepipe siamo sui 48 °C.
48
Decido però di viaggiare con i finestrini abbassati e senza aria condizionata giusto per sperimentare la calura estrema. Dopo un po’ mi abituo e mi sembra di viaggiare in una sauna.

Questa sera sono andato a mangiare a Furnace Creek. La strada da Stovepipe a Furnace mi ha visto ritrovare la totale armonia. 23 miglia di perfezione fisica e mentale. Steve Earle col suo rispettoso omaggio a Townes Van Zant era la colonna sonora naturale. Il sole é già calato da un’ora e la luna é già alta in cielo. Ne avevo bisogno.
Questo pomeriggio mi sono massacrato per prendere qualche panoramica a Ubehebe Crater. Tirava un vento pazzesco con il sole che tritava il cervello. Nel tentativo di prendere una panoramica tra due crateri minori sono scivolato e mi sono sbucciato gomiti, ginocchia e mani come un dodicenne coglione. La pelle secchissima e impolverata poco si addice alla ghiaia lavica affilata e rovente di Ubehebe Crater. In un tutto grigio-chiaro-ocra il mio sangue ha veramente un che di artistico… Torno all’automobile dolorante e sanguinante e questa volta, fanculo, accendo l’aria condizionata e ritorno a Stovepipe.
Intanto qui alla Steakhouse di Furnace sono stato servito dallo stesso cameriere fröss dell’ultima volta. Indimenticabile! Gentilissimo e frocissimo. Il vino che sto bevendo mi fa venir voglia di rifare un passaggio in Napa ma comunque ho la borsa piena di Kentucky Bourbon. Questa sera dovrò dare un’occhiata al tracciato per arrivare a Frisco in tempo. La voglio fotografare in lungo e in largo e mi preparo agli acquisti rituali presso i negozi di musica a Haight Ashbury e altre stronzate varie. Frisco! Che stato d’animo questa città… San Francisco é la musica che ascolto: David Crosby, Jefferson Airplane, CSNY me la evocano immediatamente.

Ma porca trojjjaa quanti francesi ci sono in giro da queste parti. Vincono in numero su tutte le altre nazioni 10 a 1.

Garlic 101

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Quello che prima era quasi un profumo adesso é solo un tanfo. Soffocato e confuso. Nascosto dalla sbronza. Annebbiato dai vapori d’alcohol. Indecifrabile e abbastanza fastidioso. The Stinking Rose. Sono passato davanti alle vetrine di questo ristorante diverse volte. Sobrio, pensieroso, stanchissimo, ubriaco, semi-incosciente, indifferente, distratto, di giorno, di notte, col sole, con la nebbia, in estate, in inverno. Vabbé…
Adesso sono quasi annientato dall’odore. Mi sono appena sottoposto al supplizio morboso ma anche piacevole di un carpaccio di baccalà ammollato in salsa aioli e credo che il retrogusto mi rimarrà impresso per settimane, ma adesso direi pure per anni. Una vocina dietro l’orecchio mi dice di tentare con un po’ di Whisky dell’Islay. Ok ci provo.
Credo che abbia funzionato. Adesso sento una graziosa chitarra jazz. Pizzicata con leggerezza. Wes Montgomery forse. Senza plettro, col solo pollice inciampa leggero tra le corde, assolutamente padrone. Poi una tromba ammorbidisce l’aria con un suono vanigliato e mieloso. Sono dentro un pub con antichi banconi di legno iper-laccato e luci soffuse. Il fumo ammorbidisce i limiti delle mie visioni. Tutto é soffuso. Io mi sento sospeso in uno stato di puro piacere, una leggerezza armonica mi avvolge. L’ottone mi sollecita e la mia mente vuole consacrare questo momento che deve restare. Non si deve dimenticare. Dovrà stimolarmi sempre. Intanto qualche chit-chat confuso, slegato, melodioso e suadente. Lo sguardo é filtrato dall’ambra colorata che proietta le mie immagini sul muro. Amber Ale-o-rama! E’ tutto maledettamente ambrato qua dentro. Tutto dolce, e i fumi dei cigarritos salgono su fino al soffitto porpora. Gli stucchi laccati sono ricoperti da mille strati di vernice, dagli anni cinquanta ad oggi. Le pale del vetilatore girano lente tutto sommato. Poca aria si sposta tra un poster della Traviata e le immagini di Kerouac sul balcone con una grigia parete a mattonelle che egli fa da sfondo. In un cinema, giù verso il molo, sempre in Columbus Avenue, danno ancora La Dolce Vita di Fellini.
strada
Una moltitudine di persone, aggrovilgiate e indaffarate, scivolano veloci da un marciapiede all’altro. Mentre io cammino al rallentatore tutti gli altri corrono velocissimi.
Paaaackkkkk !
Un brutale risveglio. Un grosso lampadario di ottone precipita dal soffitto sul tavolo di fianco al mio.

101

In questo momento non so bene che scrivere. Sto cercando di scavare nella memoria. Sto trivellando nel cuore del cervello in cerca di un pensiero, un’immagine, un brandello di situazione da raccontare. Ma oggi il carotaggio dell’encefalo non sta dando risultati e così non trovo la strada. Mi sono perso in qualche cunicolo di questo budello. Ci provo comunque.
Certo é che la calma e la serenità che ci ha ispirato anni fa il Pacifico rimane forse un episodio isolato, durante la lunga discesa dal Canada, percorrendo la 101. Fu come viaggiare attraverso i quadri di Hopper. Una lunga discesa condita di grandi ascolti musicali, bevute memorabili e fantastiche cene, finestroni panoramici, the “Big Wheel”, l’hamburger più grande del mondo, la ruota della fortuna per vincere uno sconto al Morlock Hotel. Fu l’anno in cui gli Smashing Pumpkins vinsero tutto quello che era possibile vincere agli MTV awards. Vedemmo i microorganismi fluorescenti, di notte in spiaggia dopo aver brindato con Sierra Nevada Pale Ale di fianco ad un “bonfire” che qualcuno aveva misteriosamente preparato solo per noi…

mp3: Barley
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