Il Fish and Chips più buono del mondo.

Sono arrivato a Monterey e dormo qua stasera. Ho fatto un po’ di casino con le date e sono arrivato qua abbastanza di corsa perchè domani avrei dovuto riconsegnare l’auto entro le 12. A metà strada però mi sono accorto che la riconsegna era tra 2 giorni. Allora mi son detto andiamo a farci una bella tratta di Highway one. Mi dirigo dunque verso Cambria da Paso Robles e poi mi accorgo che mi passa accanto veloce un cartello luminoso che dice HW1 closed. Non sono sicuro di aver letto bene. Mi fermo e faccio una ricerca in rete e cazzo è vero, una frana ha completamente ostruito la strada poco prima di Big Sur e non ci sono detour. Se arrivi a Big Sur devi fare U-Turn e tornare fino a Cambria e sono 90mi (145km). Va dunque a puttane anche il programma di farsi in tutta scioltezza la 1. Poi a dire il vero avrei potuto fare un sacco di cose belle oggi se non avessi sbagliato data. Ma non fa niente adesso perchè sono in un pub a Monterey e il jukebox ha mandato una dopo l’altra hooker with a Penis dei Tool e Closer dei NIN mentre mi sto scolando la seconda Big Sur Golden Ale e ho una bella stanza vista mare qui a due strade dall’acqua.

Oggi ho vissuto un salto termico che ha reso necessario l’acquisto di una felpa. In Fahrenheit un salto di 66°. In gradi veri sono passato dal record assoluto di ieri pomeriggio in cui ho scattato foto a 53.3 °C a questa serata soleggiata qui a Monterey dove il termometro segna 17°C. Sono subito corso a comprarmi una felpa sennò mi riammalo. Figa se fa freddo qua! Puttana, che freddo maiale! Ma a quale meridiano appartiene Monterey? A che altezza siamo? Reykjavik? E tutti che continuano a metterti ghiaccio nei bicchieri. Sempre un sacco di ghiaccio. Ma non c’è n’è bisogno gaaaz, è già tutto freddissimo.

Adesso sto aspettando fish and chips di Halibut e alla tele qua di fianco stanno mandando su ESPN baseball femminile di bambine che non arriveranno a 10 anni. Su ESPN! Ma checcazzo è? A chi può interessare? Già il baseball non interessa a nessuno.

È entrato uno come il Jana ma grassissimo. Si muove barcollando a destra e a sinistra con quei bastoni a 4 piedi.

Comunque questo è il fish and chips più buono del mondo! Mark my words! Oh, del mondo, non so se mi spiego.

Intanto le bambine dell’Oregon hanno vinto contro quelle del Montana e io mi sento come se avessi dell’acido solforico nello stomaco. Devo assolutamente farmi un sigaro. Per Fortuna ho delle Rennie contro l’acidità in camera. Adesso vado a farmene un paio poi esco col sigaro

Questo giretto dopo cena mi ha rimesso in sesto. Il sigaro era terapeutico. Senza felpa sarei morto.

Sono andato a farmi un giro lungo la costa questa mattina. La mattina dopo intendo. Fino ad Half Moon Bay. È sempre spettacolare questo litorale. Chiaramente il risveglio a Monterey è stato caratterizzato dalla solita fitta nebbia del Pacifico che poi si dissolve entro un paio di ore oppure scompare spostandosi un po’ nell’entroterra. Un oceano potente.

In seguito, un post Instagram del whisky-scrittore Dave Broom mi ricorda che qui nelle vicinanze c’è una delle prime distillerie di Single Malt degli Stati Uniti, la St. George Spirits di Alameda, proprio in faccia a San Francisco, dall’altra parte della baia. Ci vado chiaramente e assaggio un paio dei loro prodotti. St. George Baller American Single Malt, un whisky un po’ bizzarro, finito in botti che hanno contenuto umeshu, un liquore da loro prodotto a base di un frutto giapponese che si chiama ume. Iperfruttato ma piacevole. Invecchiato 3 anni e di un colore pallidissimo. Si tratta del loro personalissimo omaggio alla produzione giapponese. Poi B&E American Whiskey, un prodotto molto più in linea con la produzione americana.

In seguito questo pomeriggio ho fatto un paio di vasche in Napa percorrendo strettisime strade di campagna con erba gialla secchissima. Una giornata di completa transizione prima di riconsegnare il carro domattina a Frisco dove ci saranno le mie consuete 2 notti prima del ritorno. Questa sera sto finalmente bevendo del buon vino mentre aspetto una Wagyu Ribeye per suggellare la chiusura del mio percorso automobilistico USA.

Pensieri sparsi estemporanei: Ho appena comperato ad una pompa di benzina della cioccolata perchè oggi dopo cena avevo bisogno di qualcosa di dolce. Ho comperato Hershey’s Kisses, milk chocolate e rientrato al motel li ho subito dovuti gettare. Raramente ho assaggiato della cioccolata così vomitevole. Sono come dei Baci Perugina ma puzzano di formaggio, di mutande sporche, di pus. Ma come si fa a fare una schifezza del genere? Ma il controllore qualità della Hershey’s c’è o ci fa? Tutto perfetto! Vai tra. Sono venuti benissimo questi cioccolatini, hanno uno strano odore ma chi se ne fotte, sarà sicuramente un successo!

Beh, che lozza!

Appuntamento con la Morte

Arrivato ora a Furnace Creek alle 3 del pomeriggio e fanno 126 Fahrenheit o 52.2°C per l’esattezza. Mi sono rintanato un momento al saloon per mandare giù una birra gelata poi parto per la consueta perlustrazione. Essere qua è sempre una gran figata. Il jukebox manda a country boy can’t survive, un pezzo country tamarrissimo che già avevo ascoltato anni fa. Ce l’ho salvato in mp3 a casa in qualche compilation.

Ok, sono tornato dalla mia fantastica perlustrazione e ho dovuto fare un passaggio abbligato all’Aguereberry Point che è anche il nome del primo brano mai composto e registrato sul mio 8 piste Zoom da me e Pat.

Ci si arriva prendendo la strada per il Wildrose Canyon e dopo una decina di minuti si imbocca una pista sterrata che ti porta su in alto verso il davanzale della Death Valley, un punto panoramico esclusivo dal quale si può ammirare tutta la parte meridionale della valle. Non è molto battuta questa strada tortuosa che si inerpica, percorrendo una gola abbastanza stretta, su per la sponda occidentale della valle. Erano le cinque del pomeriggio e non ho incontrato nessuno nè durante la salita, nè durante la discesa. In me rimaneva comunque la preoccupazione legata alla tenuta degli pneumatici. Mi ricordo che anni fa dovetti cambiare la ruota con quella di scorta a causa di una foratura. Le gomme che ho montate sulla mia Toyota non mi ispirano nessuna fiducia. Sono delle Continental di merda praticamente come quelle che bucai nel 2015, e non è bello cambiare una ruota a 51°C da queste parti.

Saloon e ristorante sono stati ristrutturati qui a Furnace Creek e sinceramente preferivo prima. Oggi sembra tutto più grande ma è necessario prenotare e il ristorante è abbastanza caro. Un tempo arrivavi a qualsiasi ora e ti accoglievano alla grande in un ambiente un po’ più famigliare. Gli alloggi sono identici e pur sempre spettacolari considerando la severità della location. La bistecca era ottima e necessaria ma ne avrei mangiate altre quattro. Ora attendo il dessert, una torta ai datteri con gelato poi uscirò nell’oscurità del deserto e mi fumerò un sigaro per coronare questa giornata che era cominciata con la fuga da Las Vegas ed è terminata con me che contemplavo nel silenzio la valle dall’alto, nel luogo che un prospector di origini basche, morto nel 1945, aveva scovato creando una pista che dal suo accampamento saliva su fino a quasi 2000m.

Questo pomeriggio, prima di arrivare alla Death Valley facevo una sosta ad Ash Medows, un’oasi abbastanza spettacolare in un deserto impietoso. Mentre cercavo di avvicinarmi alla riva delle Crystal Springs camminavo su questi panettoni tremolanti di terra crepata lungo le sponde. Sembravano sorreggermi senza problemi fino al momento in cui la mia gamba sinistra é affondata fino al ginocchio in una melma fangosa grigia e calda. Per fortuna sono riuscito a recuperare la mia scarpa ma avevo un problema. Non potevo entrare così in automobile. Mi son fatto un giro di una mezz’ora cercando di far seccare la melma il più possibile. Ho cercato di coprire tutto con sabbia finissima. Poi alla fine sono partito e poco prima di arrivare a Furnace Creek c’è in effetti un ruscello che poi credo dia il nome alla località e li finalmente mi sono potuto lavare scarpa e gamba.

Anche Badwater da il titolo ad un brano che abbiano suonato e registrato agli albori.

Indio

Sono le 8 di sera e sono moderatamente stanco. Sono seduto in un bel ristorante messicano a Indio, il Pueblo Viejo Grill. Un bel ristorante, non una di quelle tavole calde con le sedie spaiate. Delle riproduzioni di Frida Kahlo sono appese alle pareti qui di fianco. Due schermi trasmettono sport. Entrambi sintonizzati su Real Madrid – AC Milan in diretta da Pasadena. Il resto dello sport non fotte qua dentro, solo buon vecchio calcio. I messicani ti fanno sentire un po’ a casa, a modo loro! Sto bevendo la seconda Pacifico, una bionda leggerissima, fatta apposta per questo caldo. Uscito dal ristorante sono passato a prendere qualcosa al supermercato qua vicino. Una figata, un supermercato piuttosto messicano con peperoncini ovunque e un sacco di frutta e verdura fantastiche. Ho anche preso del magnifico beef jerky / copertone d’automobile alla messicana.

Questa mattina attraversavo il sonoran desert con i suoi saguari e chollas. Poi questo pomeriggio ho fatto una breve discesa verso Calexico, per vedere la frontera con il filo spinato e frontalieri.

Una nota di merito devo assolutamente darla all’app di WordPress per cellulare. Ma quanta differenza fa poter scrivere in scioltezza come sto facendo ora direttamente da cellulare? Non è stato sempre così. Mi ricordo anni fa, mentre cercavo di raggiungere il nord della Scozia, annotando tutto quello che potevo del magnifico viaggio che stavo facendo. Ero praticamente arrivato a John o’ Groats, proprio di fronte alle Orcadi, mi ero appena imbarcato sul traghetto che mi avrebbe portato a Kirkwall e stavo completando le ultime frasi del resoconto che aveva preso corpo negli ultimi tre giorni. Poi puff, ho toccato qualcosa che non avrei dovuto toccare e in un istante tutto svanito nel nulla senza più possibilità di recupero. Eppure per giorni avevo continuato a salvare il mio lavoro. Ora ero li imbambolato con uno schermo vuoto e tutti i miei pensieri di tre o quattro giorni svaniti. Una merda.

Vista Point a 51°C

Un cestello di Sierra è ora sempre con me, è il mio fedele compagno di viaggio come pure una simpaticissima bottiglietta da 375ml di Maker’s Mark Kentucky Straight Bourbon. Si arriva in motel la sera e il cestello finisce subito nel frigo. Poi esco a cercarmi una bella tavola calda messicana in cui mangiare una succulenta enchilada accompagnata da una freschissima Tecate con boccale di birra ghiacciato e chili on the edge.

tecate

Ieri ho eseguito abbastanza in scioltezza una lunga discesa seguendo la Cabrillo highway, questo è il nome che porta la 1 qua nel sud della California. Un festival ininterrotto di “vista points”. Verso sera ho cercato di evitare Los Angeles passandole accanto da nord per poi proseguire in direzione di Indio.

L’esercizio di oggi primo luglio consisteva nel raggiungere per sera Furnace Creek all’interno della Death Valley. Ho trascorso la mattinata a fare panoramiche nel Joshua Tree National Park.  Durante la tappa di avvicinamento alla Death Valley oggi ho registrato la temperatura massima di 118 °F = 47 °C. Ma nel tardo pomeriggio, dunque se domani avrò fortuna potrò cercare di battere il mio record personale di sopravvivenza nella calura estrema.

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Mercoledì 2 luglio.

Mi sveglio abbastanza presto nonostante abbia dormito eccellentemente. Inoltre ieri sera ho potuto gustare una cena favolosa qui a Förnes con un ottima ribeye steak tagliata e ricoperta da una prelibata salsa ai funghi con un ottimo puré di patate con fiori di cappero e qualche allegro asparago grigliato. Tutto accompagnato da una deliziosa Sam Adams Summer Ale a me sconosciuta ma  assai gradita. In questo posto si mangia veramente bene. Qui in questo angolo inospitale del pianeta terra c’é un resort che offre un discreto comfort, dell’ottima carne alla griglia e delle graditissime birre fresche alla spina. Probabilmente é la stessa situazione climatica di certi deserti libici, senza resort, senza carne alla griglia e senza dell’ottima birra alla spina. Ci pensavo un po’ anche ieri durante l’avvicinamento alla Death Valley. Mi dicevo che tutto sommato il paesaggio che mi passava davanti agli occhi avrebbe potuto essere l’Afganistan, senza Talebani però, per il resto uguale!

Ma torniamo a questa mattina:

Salto in auto tutto bello giulivo alle 08:00. Mi sono comperato allo store del ranch tre mele con le quali pranzerò oggi e mi porto in auto circa 3 galloni d’acqua, non si sa mai. Per la mattina decido di andare a dare un’occhiata ai crateri di Ubehebe  su nell’angolo a nord del parco, a pochi passi da Scotty’s Castle. Percorro i 91 km che da Furnace Creek mi portano allo Ubehebe Crater in poco più di un ora senza incontrare nessuno lungo la strada. Fermo l’auto ai piedi di questo giovane vulcano (non più di 2000 anni a quanto pare) e comincio a percorrere il crinale del cratere maggiore. Tira un vento micidiale e tra me e me mi dico che qualche anno fa, quando decisi di scattare alcune panoramiche in questi luoghi, fui eroico. Questa volta non me la sento e scatto solo still. Alla sinistra del cratere seguo con l’occhio la linea bianca della strada sterrata che da Ubehebe parte per raggiungere dopo 27 miglia  la Racetrack Playa, lo strano luogo dove nel mezzo di una vasta pianura, dei grossi sassi sembrano aver lasciato delle scie lungo il tragitto da essi percorso. Mai nessuno ha visto questi sassi muoversi ma le scie stanno li ad indicare uno spostamento inequivocabile. Mah…

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Al termine della mia visita al cratere decido di inerpicarmi lungo la prima tratta della pista che porta alla Racetrack Playa. Non ho intenzione di percorrerla tutta, non sarebbe saggio. Non sono sicuro che la mia auto abbia i “numeri” per affrontare questa pista e poi mi dico che magari dovrei avvisare qualcuno prima di percorrerla, giusto perché qualcuno sappia dove mi trovo nel caso succedesse qualcosa. Comincio a farne un pezzo, poi tornerò indietro e domani mattina ci riproverò per davvero: passerò prima alla Grapevine Ranger Station, farò vedere l’auto e chiederò se é tutto in regola per affrontare la tratta. Questo pomeriggio avrei inoltre intenzione di ripercorrere la tratta lungo il Titus Canyon, che già percorsi in altre occasioni. Mi dico che potrei utilizzarla come termine di paragone chiedendo ai rangers se per Racetrack Playa la difficoltà é simile.

Questi sono i pensieri che mi frullano per la testa mentre affronto le prime miglia di sterrato verso Racetrack Playa anche se una vocina comincia a dirmi che potrei tentare di raggiungere la destinazione anche oggi magari. Non sarebbe prudente, cazzo! E se succede qualcosa? E magari oggi non ci va nessuno e rimango la da solo, con tre mele e otto litri d’acqua?

IMG_0698Vabbé, arrivo fino la su in cima e poi torno indietro. Mentre formulo questa ipotesi si accende una nuova spia mai vista prima sul pannello di controllo della mia Jeep. Allarme! Dice Low Tire. Che cazzo é? Ci sarà stato un calo di pressione nelle gomme, boh… Rallento e mi fermo. Già andavo abbastanza lento. Esco dall’auto nella calura assurda che l’aria condizionata all’interno mi aveva fatto dimenticare e cerco di capire che cosa sta succedendo. Sono a quasi 100km da Furnace Creek e da alcune miglia ho imboccato lo sterrato che porta a Racetrack Playa. Qua dove sono non mi vedrà nessuno, per giorni magari.

Tra l’altro qua dove mi trovo non c’é campo e il telefono non serve ad un benemerito cazzo di niente.

Faccio il giro dell’auto, qua tra le pietre, per capire che cosa sta succedendo. Arrivo alla ruota posteriore destra e per un istante mi si ghiaccia un po’ il sangue, giusto un istante. Sta si-bi-lan-do a balla! Esce aria dal copertone-figlio-di-puttana di questa scheisse-Jeep. Porca puttana se sibila. Si sta sgonfiando la ruota della mia auto mentre sono qui da solo nel nulla desertico e il pannello di controllo figlio di troia mi dice che ci sono 51 °C all’ombra! Caaaaaaaaaaaaaaazzzzzzzzoooooooooo! Mi ricordo bene che dissi “SHIT”! In inglese. Strano sto fatto qua. Quasi un po’ cinematografico! Come se per un micro-istante si trattasse di finzione “oliverstoniana” alla U-Turn. Io sono Sean Penn, mi é saltato il motore e fra un po’ arriverò all’autorimessa sgangherata di Billy Bob Thornton. Nessuna Jennifer Lopez da queste parti però.

E allora Texo pensa in fretta! Ma molto in fretta, cazzo! Cosa fai adesso? Tu, turistello imbecille, che ti sei sparato due caffe e un tè a colazione a Furnace e adesso sei nel deserto con una gomma dell’auto a terra. Un po’ come se ti trovassi in mare, circondato dagli squali su un gommone che si sta sgonfiando.

Salto in auto e riesco a malapena a girarla, la pista quasi non me lo consente, ma io non posso andare ancora avanti sperando di trovare un posto in cui girare. Riesco a girare a malapena e comincio a correre a tutta birra alla disperata ricerca dell’asfalto, perlomeno. Se mentre salivo andavo a non più di 25 miglia orarie, adesso sto tornando indietro a quasi 50. Devo fare attenzione a non ribaltarmi, cazzo. Dov’é l’asfalto cazzo!!!

Dopo una decina di minuti ritrovo l’asfalto a Ubehebe Crater ma adesso devo volare. Non posso fermarmi qua con un vento a 100 Km/h e 50 °C per cambiare la ruota. Mi ritroverebbero tra qualche settimana mummificato, ancora attaccato alla ruota.

Mentre volo verso la Grapevine Ranger Station tendo l’orecchio per capire se la ruota tiene ancora o se comincio a sentire quel flap-flap-flap-flap di cautchu spiegazzato e molle che rotea nell’aria. Arrivo alla ranger station, la gomma é a terra e chiaramente non c’é nessuno.

Apro il vano della ruota di scorta con il sole che martella il cranio e dentro c’é quella ruotina un po’ focomelica che la noti sempre quando vedi qualche auto sfigata che la indossa a Lugano. A LUGANO, ripeto, in primavera, estate, autunno o inverno, tra i 27 e gli zero gradi, non nella Death Valley, ripeto, VALLE DELLA MORTE, ripeto ancora, DELLA MORTE, cioe “cessazione di quelle funzioni biologiche che definiscono gli organismi viventi” secondo Wikipedia.

Una decina di minuti buoni mi servono per capire come si usa il crick che alla fine riesco ad operare sotto la Jeep. Sto grondando come se avessi fatto un tuffo a testa in una piscina piena di sudore. Faccio schifo anche a me. L’asfalo scotta tantissimo, e devo fare delle pause ogni volta che mi ci appoggio sennò mi ustiono. Intanto non passa assolutamente nessuno. E mi trovo nuovamente in strada, non su di uno sterrato che magari non tutti affronterebbero, ma da qua passa la strada che porta a Tonopah.

Eccheccazzo é TONOPAH? Ma chi va a TONOPAH, e per fare cosa?

Dopo alcune tribolazioni riesco finalmente a sostituire la gomma e adesso devo capire che cosa devo fare. Non posso andarmene in giro per la Death con questo ruotino ridicolo e sperare pure di arrivare a Vegas venerdì. Devo chiamare la Alamo per notificarli dell’incidente e per chiedere cosa devo fare adesso. Ma poi non avevo mica fatto un’assicurazione che mi copriva pure i costi per qualsasi incidente nel quale avrei potuto incappare? Per fortuna alla Ranger Station di Grapevine c’é un telefono dal quale posso chiamare il 1-800 della Alamo. Long story short sto al telefono circa un’ora con un cordialissimo operator che infine mi propone la seguente opzione:

in 120 minuti arriverà da Pahrump un towing truck che mi porterà un minivan e prenderà in consegna il mio Mid-size-SUV. Non riescono né a trovare qualcuno che mi ripari la gomma né un SUV sostitutivo. Accetto.

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Alle tre del pomeriggio mi ritrovo infine con questo Dodge Caravan SXT e dimentico nella Jeep che il towing man si porta via un ottimo CD di Bluegrass che avevo assemblato per il Maggie prima della partenza. Dopodomani ripasserò da Pahrump per andare a Las Vegas e mi fermerò dunque da Aquarius Towing per vedere se hanno ancora la Jeep merda con il mio CD.IMG_0700

Carne, birra e deserto

Comincio ad avere un prepotente bisogno di assaporare una gustosa bistecca al sangue con una bella caraffa di birra gelata da qualche parte nel sudovest americano. Sto immaginando di guidare per ore lungo le strade desolate nel deserto, mi vedo nell’ultimo pomeriggio a guidare nella solitudine della natura, sporco di sabbia rossa, con beef jerky a portata di mano, in attesa di trovare una tavola calda in cui mangiare una sontuosa t-bone steak e un motel in cui franare. L’auto tutta sporca, con le mappe stradali tutte stropicciate e strappate, sigarette per terra e tabacco sui sedili, bottiglie d’acqua vecchie di una settimana tutte gonfie, i bicchieri del caffé vuoti con il coperchio in plastica, un cesto di birra bollente nel baule, qualche strana micro-brewery dal nome evocatore. Tante foto scattate, sassi raccolti, impolverati e incrostati, legni secchi, contorti e colonne sonore meravigliose.

Adesso stappo una Sam Adams. Ne ho bisogno come di una medicina. Bottiglia bellissima, famigliare, fa parte delle mia memoria e della mia storia ormai.

Voglio vedere le lucertole e i serpenti, gli strani e inquietanti buchi nella terra secca del deserto, le gallerie sotterranee scavate dai cani della prateria, i piccoli cespugli secchissimi tutti gialli che se però ti avvicini rivelano del verde delicatissimo e sorprendente.

Sassi, colori, tracce di animali. Lattine schiacciate, vecchissime sul ciglio della strada, e cocci di vetro marroni e verdi, fondi di bottiglia. Rifiuti, ferri vecchi e arrugginitissimi, cinquecento anni di ruggine, assi di legno con chiodi arrugginiti piantati disordinatamente, stoffe vecchie sbiadite, strappate e plastiche spaccate, catapecchie di legno distrutte, legno vecchissimo, secchissimo e durissimo. Copertoni lacerati a brandelli sulla strada. Animali schiacciati incrostati sull’asfalto, consumati e prosciugati, saguari, chollas, aria caldissima, cielo azzurro e polvere che si alza mentre la calpesto con la testa che pulsa, la fronte imperlata di sudore, i capelli bagnati, il collo che brucia, tutto abbracciato dalla calura e dal silenzio.

Gretsch

Sto ascoltando The Wonder Show of the World di Bonnie “Prince” Billy & The Cairo Gang, a modo loro sono molto “californiani”. Si sente la scuola del supergruppo CSNY, nella scelta degli accordi, nell’intimità del canto e pure nei testi. Un nuovo folk essenziale che a me fa solo e sempre pensare alla costa in California, alla Highway One, ai boschi di sequoie che guardano il Pacifico, alla luce calda del tardo pomeriggio d’estate, ombre lunghissime, in giro a conoscere gente, di nuovo buono e propenso al bene, con la mente esclusivamente attraversata dalla positività. Penso a San Francisco e alle mie interminabili attraversate della città, seguendo le avenues fino all’oceano, penso alla gente, alle birre bevute, alle case di legno colorate e decorate. Penso alla baia, con i suoi ponti, vedo le groceries, con i barboni che comperano alcohol e i cinesi, indaffarati. I tram che vanno fino all’ oceano passando da Haight Ashbury, Fillmore e subito dopo la copertina del doppio live degli Allman Brothers, la discesa verso Santa Cruz dalle pinete a monte, le autostrade che hanno un sapore seventies pure loro, penso anche ai Jefferson Airplane adesso e alla loro casa comunitaria e le loro arie pazzescamente frisco-seventies.

…ma quanto ci prende Il principe Billy.

Questa sera contemplo pure la mia nuova chitarra e mi commuovo solo a guardarla. Le ho fatto la corte per molti anni. Da quando sono entrato nel sound post-folk-desertico non ho avuto occhi che per questa meraviglia di legno, forme sinuose importanti, che ostenta un po’ troieggiando il più bel tremolo del mondo. In passato ho cercato questo suono – e in parte l’ho anche trovato –  in un’altra rispettabile e abbordabilissima semiacustica, Ibanez Artcore AG75BS. Cosa vuol dire essere miei amici? Significa anche sapere cosa c’é dentro la mia testa. Sapere che c’era pure questo desiderio importante per le mie sperimentazioni sonore e adesso questa favolosa Gretsch Elecromatic é qua davanti a me e aspetta solo di essere addomesticata a dovere. Conoscerla sarà una goduria.

Questi sono i miei piaceri, starmene qua a casa, ascoltarmi un buon disco bevendo un goccio di whisky prima di attaccare la chitarra al mio otto piste e fare qualche viaggio musicale ficcandomi dentro questa dimensione di melodie, deserto, Arizona e California, caldo. Il presente scompare, giusto il tempo di un bel accordo aperto, storto, crosbyiano, californiano, uno di quegli accordi che mi conquistano istantaneamente e che mi fanno subito immaginare i gabbiani nella baia di Monterey.

Che voglia di California…

Poi in seguito ci sarà anche l’occasione  per commentare questa esclusiva delizia delle Highlands

Le strade di San Francisco

Ci sono alcune città nelle quali mi piace passeggiare per ore alla ricerca di scorci interessanti da fotografare o anche per il semplice gusto di camminare. San Francisco é una di queste città. In passato ho battuto i miei record personali di ore trascorse a camminare senza una meta precisa. Oggi 2 panoramiche scattate durante una mia passeggiata nei pressi di Telegraph Hill. I colori sono spesso tenui, pastellati e se trovo degli angoli deserti come questi, beh, allora sono dentro un quadro di Edward Hopper.

Pacific Ocean

Alcuni dei più bei tramonti li ho vissuti lungo la Highway 1, che costeggia l’oceano Pacifico in California. Si tratta di una delle più belle strade costiere al mondo. L’ ho percorsa dall’alto verso il basso, dal basso verso l’alto, in estate, in autunno, in inverno, da solo e in compagnia, insomma, nei miei ricordi c’é una versione della California State Route 1 (questo é il suo vero nome) in ogni situazione. Questa panoramica é stata scattata poco a sud di Carmel, prima di arrivare a Monterey, prima che calasse il sole.

Tamalpais High (at About 3) by David Crosby on Grooveshark

Stavo ascoltando “Tamalpais High (At About 3)” di David Crosby, poi ho fermato l’auto e sono sceso ad uno dei tanti punti panoramici che questa strada offre.

Finale

Anche questa sera non ho resistito e su consiglio di Micha da Comano (su skype) sono tornato a mangiare giapponese da Sakana, tra Post e Taylor. Poi se avrò voglia di fare il maiale mi concederò uno spuntino di mezzanotte da qualche altra parte. Chi se ne fotte ora. Qualsiasi cosa va bene adesso. Non vorrei sembrare più giramondo di quanto sono in verità, ma in questo posto mi sembra di aver già mangiato una decina di anni fa.

La Miso Soup, che delizia, sempre! Anche a colazione la mangerei. Ok, é arrivato il sushi – sashimi combo e mi verrebbe voglia di bestemmiare dall’entusiasmo. Devo andare in Giappone, assolutamente, per fare un’indigestione di sushi, un po’ come farei da noi con la pasta. In fondo il pesce perché cuocerlo? Da crudo é fantastico. Bisognerebbe provarlo da vivo, mangiare solo pesce vivo. Un imperativo. Come uno squalo. Mi sono appena sparato in gola un’intera ovulazione di circa un centinaio di potenziali salmoni avvolti nell’alga. Mamma mia che mangiata oggi. Qui ci sono pure dei giapponesi che cenano con me ma mangiano pochissimo in confronto. Bene, ho finito adesso.

Sono allo Swig e mi sto facendo un bicchiere di Stagg a 10$ La mia passione per il Bourbon e nata forse in questo locale qualche anno fa. Io e Eero ci siamo fatti un Bruichladdich di 20 anni o giù di li. Altri clienti attorno si erano fatti coraggio pure loro e invece della solita birra avevano ordinato del whisky. Un paio di giorni dopo ero ripassato per un whisky e avevo chiesto al barista di darmi quello che secondo lui era il miglior Bourbon in assoluto. Mi fu sottoposto il Russell’s Reserve di Wild Turkey. Ottimo, non il migliore, ma da quel momento “I was hooked”, come si dice da queste parti. Conquistato. Ho poi avuto modo di scoprire i miei Bourbon preferiti e quello che sto bevendo ora é uno di quelli. George T. Stagg, già diventato leggendario in Ticino tra gli amici.

Sono le ultime ore di San Francisco, sono seduto al caffé Puccini in Columbus Avenue e sto bevendo un buon cappuccino. Questa mattina ho scoperto che l’albergo in cui alloggiavo non tiene i bagagli fuori dall’orario di checkout. E’ così cominciata la caccia ad un albergo che mi offrisse questo servizio. La ricezionista del Motel 6 in cui ero stato mi ha consigliato di provare presso un grande albergo (Hilton o simili). Il primo tentativo l’ho fatto presso un Best Western ma alla reception mi sono sembrati veramente sospetti: “Mah, vediamo cosa possiamo fare. Aspetta che chiamo il mio capo. George, tu che dici? Lui avrebbe anche l’intenzione di pagare. Adesso vediamo. Quanti bagagli hai? 3 pezzi, gli rispondo. Beh, allora, con qualcosina per bagaglio ci possiamo arrangiare. Ok, grazie. Gli ho detto. Vado a prendere i bagagli e sono qui tra un attimo. Mentre tornavo al Motel 6 pensavo che i due individui che avevo incontrato non mi piacevano per niente. La ricezionista al Motel 6 mi riconferma che se non é un grande albergo devo lasciar perdere. Ne sono totalmente convinto. Vado in cerca di un altro posto. Entro al Westin in Union Square e qui predono i miei bagagli gratuitamente. Hanno una stanza utilizzata appositamente a questo scopo, sorvegliata e i bagagli sono prontamente registrati. Adesso sono seduto al caffe Roma e sto bevendo un ottimo bicchiere di Suave. Mentre me lo serve da una bottiglia aperta il cameriere si da un’occhiata intorno per assicurarsi che il padrone non sia nei paraggi e poi mi dice “Why don’t you take a big sip, fatti una bella sorsata dal bicchiere che nella bottiglia é rimasto ancora mezzo bicchiere”. Eseguo senza battere ciglio e asciugo mezzo bicchiere che lui mi riempie di nuovo. “You see? That looks like a perfect glass of wine to me!” Sono d’accordo.

Dunque, sono seduto di fuori proprio in Corso Cristoforo Colombo, c’é un bellissimo sole e mi godo quest’ultima giornata. Vorrei spendere ancora un pacco di soldi ma a quanto pare il mio progetto di spedirmi a casa una pregiata bottiglia di Bourbon non si concretizzerà perché le poste non spediscono spirits. Mah, sono un po’ meravigliato.

birra-e-calcetto

Giusto per restare in materia di ricordi, sono adesso in un pub in cui io e Pat trascorremmo le ultime ore di Frisco e di USA qualche anno fa, giocando a calcetto bevendo Sierra.

Sto tirando le somme di questa vacanza e sto cercando di capire cosa abbia attirato di più la mia attenzione. I parchi naturali sono stati come al solito una grande esperienza. Particolarmente bello é stato scendere nelle gole del Bryce Canyon e il giro tra i giganti della Monument Valley.

ruggine

Ciò che però ricordo con più piacere, questa volta, é l’inseguimento della 66, soprattutto tra Oklahoma e Texas. E’ stato veramente fantastico percorrerla, cercare di non perderne traccia. Ritrovarsi in un perfetto pomeriggio texano, soleggiatissimo e senza nubi in cielo, ad attraversare una qualche cittadina sconosciuta di non più di 1000 abitanti. Procedere lungo la strada maestra rivisitando i fantasmi del passato, tra autorimesse chiuse e spaziosi motel abbandonati. Impareggiabile! Le insegne scrostate dal sole e dal tempo, le erbacce che si sono impadronite di ogni cosa, le auto morte abbandonate nei garage, con le ruote sgonfie e semi interrate, i sedili distrutti con le molle a vista e le cicale che fanno un rumore assurdo nella calura. Cavallette che saltano ad ogni mio passo, mosche che ronzano in cerca del mio sudore, silenzio praticamente assordante e tutto immobile in questi pomeriggi sospesi, che arrivano da un luogo forse immaginato, nella mia memoria. Un posto al quale ho decisamente pensato prima di averlo visitato.

camionista-religiosoDei pomeriggi post-apocalittici, senza tempo, ora, mille anni fa o tra mille anni, di immagini sbiadite, bianconeri che diventano gialli, gente che invecchia senza spostarsi di un centimetro, l’asfalto che si spacca e il verde che prende tutto lo spazio che trova, l’aria diventa fossile e le ore durano anni. Tutto ciò su cui io poso lo sguardo e morto, chiuso, rotto, chiaro, pallido, bello e affascinante. Ho la chiara e netta impressione che tutto sia esistito sulle note di un vecchio disco, quelle di “Mister Sandman” di Chet Atkins. Ascoltatelo e capirete.

Mister Sandman by Chet Atkins on Grooveshark

Un Jukebox che suona dal passato, un 78 giri con la punta che salta. Rumore di statico, fotogrammi che passano, si incastrano, si fermano e pellicola che brucia. Io mi trovo adesso in questo interstizio di tempo sospeso. Qui non c’é ombra oppure se c’é é lunghissima. Non mi ricordo vie di mezzo. Non mi ricordo persone, mi ricordo di aver parlato con dei fantasmi e questo é quanto. Camminavo scrutando il suolo: una lattina di Root Beer vecchissima e piattissima, veramente sottile e quasi senza colore, un foglietto di carta scritto fitto fitto con chissà quale inutile messaggio dal passato. Un muretto verniciato di verde vomito con strisce di urina e ciuffi d’erba disperata nell’angolo al suolo.

Questo pomeriggio mi sono mangiato un Hamburger per celebrare la partenza in stile americano. Gravissimo errore. Le patate fritte che lo accompagnavano erano tutte ricoperte di pezzetti d’aglio. Sul momento non ci ho fatto troppo caso anche se una vocina mi diceva “fai attenzione! Più tardi potresti pentirtene. Sono passate 5 ore da quel pasto e sto ancora ruttando sbocchi di aglio disgustosi e se non faccio attenzione vomito. Prima in autostrada mentre mi avvicinavo all’aeroporto, c’era traffico e magliette del Barcelona da tutte le parti. Era tutta gente che si recava allo stadio per assistere alla partita di cui ho parlato in precedenza.

Adesso sono seduto all’Hard Rock Café, downtown Atlanta. Sono atterrato questa mattina alle 6 e mezza e dovrò attendere 12 ore prima di ripartire, percui era fuori discussione rimanere in aeroporto tutto quel tempo. Inoltre era freddissimo. Anche sull’aereo era freddissimo. Dove stavo seduto io tirava proprio il vento. Ma adesso ho dovuto ritirarmi in un locale perché c’é una calura umida assurda qua ad Atlanta. Mi trovo proprio in Peachtree St. a pochi metri dallo storico Fox Theater in cui i Lynyrd registrarono il loro concerto One More From The Road nel 75 o giù di li.

fox

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Poco fa ho riconsegnato la Mia Toyota. Mia e lo sottolineo. Si perché come sempre capita mi ci ero abituato e un po’ attaccato.

toyota

Siamo stati in un sacco di posti assieme in queste tre settimane. Strade facili e strade difficili, belle linde e lisce, non asfaltate e impolverate. Come al solito sono bastate un paio di settimane per farle prendere il colore della merda e il puzzo di vomito o di puzzola rivoltata di dentro. L’ho proprio consumata e le ho lisciato le gomme. Tra le cuciture dei suoi sedili, se non la puliranno alla perfezione, il prossimo cliente (francese di sicuro) potrà trovare, nell’ordine: pezzi di Beef Jerky di diverse provenienze, dall’Arkansas allo Utah poi macchie di caffé rovesciato, resti di donuts mezzi masticati, macchie di mayonnaise e senape secchi, sassi e ghiaia di ogni singolo stato attraversato, sabbia delle dune della Valle della Morte, probabilmente del pelo di Sea Lion morto e calpestato involontariamente sulla spiaggia tra Pacifica e Half Moon Bay prima di San Francisco mentre camminavo contemplando “pirlamente” il cielo, merda (di sicuro e di svariati animali) mescolata a bricciole di muffin e per concludere qualche macchia di chocolate chunk sciolto. Si é fatta la 66, diamine!

casa

Adesso sono a Frisco e sto girando a piedi con il solito cavalletto in spalla e cerco di fare gli ultimi scatti. Mi sono infilato nel primo pub che ho trovato in Sutter St. e ho ordinato una bella pinta di Bass. Poi voglio andare a China Town a fotografare un po’ di caos orientale. Direi che stasera una cena cinese é d’obbligo.

shanghai

Adesso mi trovo alla San Francisco Brewing Company e la cameriera superdotata con tatuaggi da camionista su entrambe le braccia mi ha servito una S. F. Pale Ale e siccome é finito il serbatoio della birra proprio mentre stava per finire di riempirmi il bicchiere, la mia birra é “on the house”. Magnifico, no? Intanto é partita la seconda birra, una Shangai Pale Ale e tra le altre cose siamo in piena Happy Hour. Devo dire che in un posto come questo anche la musica fa tutta la differenza. Stanno mandando del magnifico Jazz. Nient’altro andrebbe bene adesso. La Shangai sta entrando in circolo e comincio ad essere moderatamente stono.

Questa sera invece che cinese ho optato per la cucina giapponese. Sono però preso completamente alla sprovvista per quanto riguarda la scelta e mi faccio dunque consigliare dal Sushi Master. Ikura adesso, che non so esattamente cosa sia ma c’é del salmone poi un Rainbow Roll. Ok, l’Ikura era a base di uova di salmone appoggiate sul riso in un cilindro d’alga. Ma che goduria la cucina jap ed é veramente uno spettacolo vedere lavorare questi cuochi giapponesi che tra l’altro continuano pure a brindare alla grande con i clienti.

E’ passato un giorno e sono a Haight Ashbury. Mi son fatto un paio di fette di pizza da Escape From New York, un’altra tappa obbligatoria quando sono a San Francisco come pure la caccia ai dischi al negozio di musica Amoeba. Adesso dopo aver fatto la scorta di musica sono pronto per tornare a casa.

Prima, passando dal Golden Gate Park c’erano Pujol, Messi e compagnia bella che facevano allenamento davanti ad un pubblico di VIP e di giornalisti. Tutti rigorosamente inavvicinabili. Domani il Barcelona gioca una partita amichevole contro il Chivas Guadalajara al San Francisco 49ers Stadium. Da lontano ho rubato qualche scatto.

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Stasera passo a salutare i Sea Lions al Fisherman’s Wharf. Incredibile come qua tutti vestano in modo stravagante, diverso e variopinto. Da noi interverrebbe la polizia. Qua é stravagante essere normali.

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Questo é un altro mio compagno di viaggio e si chiama Maker’s Mark Kentucky Straight Bourbon Whisky, comperato in un Liquor Store a Page in Arizona e chiaramente 8621 sono i chilometri che ho percorso in tre settimane con la Mia Toyota.