Combattiamo la nebbia con un bel bicchiere di whisky

Ah, ma che bel titolo per una canzone: Rye Whiskey. La quarta canzone del nuovo lavoro dei Punch Brothers, il virtuosissimo quintetto di Chris Thile, il virtuosissimo leader mandolinista californiano. Insomma questo gruppo trasuda virtuosismo come il jamon hiberico trasuda grasso, appeso al soffitto delle taperie di Sevilla. Chris Thile ha una storia di virtuosismo oramai già lunghissima. Fu vincitore dei campionati americani di mandolino a soli 12 anni. Eggià, perché quelli che solitamente nel resto del mondo vengono chiamati concorsi musicali, in America diventano campionati, come per il football e il baseball. C’é dunque il campionato di mandolino, il campionato di mountain dulcimer e quello di banjo.

Fu inoltre membro del trio Nickel Creek dal 1989 fino al 2007. Ma chi può vantare 18 anni di permanenza in una band a soli 29 anni?

Gli Antifogmatics (letteralmente anti-nebbia) erano bevande alcoliche utilizzate a scopo terapeutico  nel diciannovesimo secolo. A quanto pare era consuetudine bere del whisky di mattina, prima di cominciare qualsiasi attività, col pretesto che questa bevanda avesse il potere di allontanare gli effetti nefasti e insalubri della nebbia.

Antifogmatic é il titolo di questo doppio CD + DVD nella sua deluxe edition. Un album assai complesso, con un intreccio bluegrass fuori dal comune. Non tutte le bands bluegrass possono permettersi il lusso di arricchire le proprie composizioni con fraseggi tanto intricati e imprevedibili e nonostante ciò rimanere legati all’immediatezza di una ballata orecchiabile. Occorre comunque precisare che i Punch Brothers non suonano bluegrass in senso  stretto. Loro stessi fuggono questa definizione che i effetti va veramente stretta. La loro strumentazione é bluegrass ma la loro musica é anche tanto altro. Chris Thile ha pure una bella voce, pulita che questa produzione per la Nonesuch Records restitusce senza fronzoli, senza inutili riverberi, senza enfasi. Così come é entrata nel microfono così esce dalle casse dello stereo.

Bonnaroo 2010: Punch Brothers In Concert

Ma parliamo anche di whisky:

Glengoyne Sherry Hogshead, cask 1132, distilled 1998 and bottled 2010, 52% vol.

Questo whisky é praticamente nero. Mi chiedo come faccia un distillato a diventare così scuro in 12 anni. L’odore é curioso e il gusto non mi fa trasalire. Manco a dirlo ci sento della liquerizia ma é passato troppo tempo da quando ho cenato e forse adesso non ho la bocca giusta. Mi sembra uno dei finali più corti che io abbia mai assaggiato ma dovrei decisamente provarlo in altra occasione. La consistenza é oleosa e i 55.2 gradi non rendono secondo me un buon servizio a questo whisky. Distraggono un po’ e bruciano il gusto più che espanderlo. Mi aspettavo grandi cose da questo colore. Eggià, devo confessarlo. Che questo sia il classico caso che dimostra come la colorazione può prendere in inganno? Probabilmente si. Quanti whiskies più chiari sono notevolmente più intensi di questo?

Dulcimer

Mi é appena andato di traverso un sorso di Parker’s Heritage Collection. Molto male. Prima di tutto perché fa veramente male respirare questa bomba di bourbon a 64.8 % alc/vol. Credo sia stata la mia esperienza più vicina al respirare fuoco. Secondariamente perché é un peccato non aver prestato la giusta concentrazione durante questa degustazione. Non posso permettermi di sorseggiare con leggerezza questo distillato. Adesso finalmente l’incendio si é sopito e posso continuare con il piacevole assaggio. Questo Bourbon sta nella stessa categoria di altre super-potenze alcoliche come il George T. Stagg di Buffalo Trace oppure il Booker’s di Jim Beam. Anche se più leggero in tenore alcolico rispetto agli altri due questo bourbon ha un gusto molto forte e forse più impegnativo. Porca miseria quanto é forte. Mi sembra di masticare le doghe di quercia della botte che lo ha contenuto. Denso e complesso, questo bourbon é prodotto da Heaven Hill Distilleries, Bardstown, KY.

Perché lo sto assaggiando? Ma per celebrare l’arrivo di un nuovo strumento musicale dalle sonorità antiche e figlio della stessa terra. L’Appalachian dulcimer o mountain dulcimer, uno strumento che procura gratificazione istantanea grazie alla relativa facilità d’esecuzione.

mp3: Appalachia

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Lo zio Jesse é arrivato in Valcolla

Mi ricordo che da più giovane una delle mie serie televisive preferite era “The Dukes of Hazzard” o più semplicemente Hazzard (come la chiamavano nella versione italiana). I salti che faceva il Generale Lee non li avevo mai visti fare da nessun altro. Poi senza dubbio c’erano le gambe di Daisy Duke, mamma mia! Continuano a turbarmi pure adesso. Con quei jeans stretti… La vera Daisy, comunque, Catherine Bach e non la bambola-gonfiabile-Jessica-Simpson nel remake del 2005. Poi c’erano Bo e Luke, per un qualche motivo sempre inguaiati e infine lo zio Jesse.

Eh, si, Uncle Jesse, me lo vedo col suo barbone bianco  mentre prepara i suoi barattoli di whiskey clandestino che poi Bo e Luke andranno a consegnare.

Moonshine é il nome solitamente utilizzato in America per definire il prodotto di una distillazione illecita. Si tratta quasi sempre di un distillato giovanissimo che non viene invecchiato in botte a causa della sua natura clandestina. Lo si distilla e lo si distribuisce velocemente. L’ho visto in diversi film ambientati nell’Appalachia, spesso distribuito in grossi barattoli di vetro come quelli delle conserve, con il tappo a vite.

Dunque, dicevo, lo zio Jesse é arrivato in Valcolla! Ha attraversato l’oceano e si é fatto tutta la strada a bordo del Generale Lee su fino in cima a questa valle, trasportando la sua cassetta di legno anch’essa dall’aria assai clandestina. Ho davanti a me questo barattolo (ovviamente non clandestino) e muoio dalla voglia di provare quella che potrebbe essere definita come una “Grappa del Kentucky”. Sono sempre stato incuriosito dai new spirits come quello di Kilchoman (1 mese) oppure il White Dog di Buffalo Trace, entrambi però solo anteprime di quello che sarà lo stesso distillato dopo qualche anno di maturazione in botte.

Il Georgia Moon Corn Whiskey, distillato dalla Johnson Distilling Company é invece un prodotto finito, molto più leggero per quanto riguarda il tenore alcolico, 40% vol./alc. Non gliene fotte della botte! Lui é subito disponibile, é di pronta beva e serve unicamente per sballare e diventare leggeri e rotondi in un attimo. Non lo si serve nello sniffer come si fa con i più pregiati scotch whiskies, anzi, probabilmente nutre pure un po’ di antipatia per i suoi parenti europei un po’ troppo aristocratici. In effetti una prima constatazione balza alla mia attenzione immediatamente: é praticamente impossibile versarselo in un bicchiere per un primo assaggio senza fare un lago di whiskey sul tavolo. Ma come faccio a versarmelo? Mi si accende una debole lampadina ad incandescenza nella mia testolina! Prendo la pipetta per l’allungo d’acqua che uso ogni tanto con i cask strength e il gioco é fatto. Mi verso  un paio di centilitri nello sniffer. Lo so, sarebbe stato forse più appropriato berselo a canna direttamente dalla whisky jar. Lo faccio poi girare qualche secondo per liberare gli esteri e vedere quale effetto mi procurano. Butto dentro il naso, chiudo gli occhi  e inspiro. La prima sensazione, immediata, senza riflettere troppo e lasciando parlare solo i miei sensi, mi dice che sto annusando una grappa di vinaccia, come al grotto, dopo aver mangiato polenta e brasato e bevuto litrate di vino a conto già pagato con l’oste che offre un bicchierino per riordinare la digestione. Si, é decisamente lo stesso profumo, non sento il whiskey qui dentro, o meglio, la maturazione in botte (assente in questo caso) fa probabilmente la differenza in tutti gli altri casi.

Se mi avessero messo davanti tre grappe e questo whiskey, probabilmente non sarei riuscito a scovarlo.

L’ assaggio é veramemnte leggero e abbastanza delicato, non molto strutturato. Magari qualche grado d’alcohol in più avrebbe reso l’esperienza un po’ più intensa, ma forse questo non é il punto.

Recentemente mi son letto in rete qualche commento di degustazione in merito a questo giovane spirito. Molti lo stroncano senza pietà accompagnando l’assaggio con agettivi che vanno dal rancido al fetido…  Calma! Calma! Eccheccazzo… Ma é possibile? Non avete mai bevuto nient’altro che Single Malt Scotch Whisky nella vostra vita? Questo non é un Single Malt di 10 anni, non é nemmeno un malt whisky. Non ci sono alghe, aria salmastra o fumi di torba a caratterizzarlo, non c’é il sudore e la pazienza degli artigiani scozzesi o il puntiglio e la grazia dei giapponesi. E’ semplicemente una curiosa esperienza che viene offerta a chi é ancora disposto a sperimentare qualcosa che, anche se  obbiettivamente non fa trasalire – non suonano le campane a festa dopo un assaggio di Georgia Moon – da delle risposte alla curiosità che vi prendeva quando al cinema eravate un po intrigati dagli strani barattoli che si contrabbandavano nel sud est degli Stati Uniti, oppure quando Bo e Luke scappavano con il Generale Lee pieno di Moonshine, inseguiti da Rosco P Coltrane e Enos Strate. Ecco questa é l’occasione giusta per colmare questa lacuna:

Georgia Moon Corn Whisky?

Visto e provato.  Next?

Wurlitzer

Porcaputtana com’é tutto giallo in questo momento. “Vaya Con Dios” canta Mary Ford sulla chitarra di Lester Paul, al secolo Les Paul, si proprio quel Les Paul. Un raggio di sole entra obliquo, abbastanza caldo dalla finestra in questa sera di primavera dell’anno 2010 (ancora fatico a scriverlo correttamente). Sto fissando una parete di questa camera ed é come se vivessi in un JukeBox degli anni 50 adesso. Casa mia suona come un Wurlitzer con le bollicine. Pazzesco! Ci vorrebbe un hamburger questa sera ma non posso, cazzo. Sono prigioniero del tofu, dell’insalata e dei cibi bio in generale. Ma che cazzo di dieta sto seguendo? Ma é bellissimo questo sole obliquo! Un giallo fatto solo per disegnare i muri e le cose. Questo é un sole estremamente vecchio. Quello che picchia sui muri della mia camera  é un sole vecchissimo. Si porta dietro tutta questa musica e questa atmosfera rarefatta da vacanza anni 50, con famiglia e cane al seguito, tutti pigiati in una station wagon con pannelli di legno ai lati mentre si percorre la Route 66 alla ricerca di un bel motel.

Domenica 11 aprirle e questa mattina nevicava furiosamente quassù a casa mia. Oggi ho trascorso una sana giornata all’insegna del giardino. Ho trasportato 10 quintali di legna a braccia, ho estirpato e trapiantato piante e ora giaccio come una merda, tutto dolorante. Non posso che offrirmi un nuovo entusiasmante assaggio. E’ finalmente giunto a casa mia un altro whiskey al quale do la caccia da un po’ di tempo. Sto assaggiando lo Stranahan’s Colorado Whiskey Batch 20, Alc./Vol. 47. Il primo whiskey prodotto in Colorado e già ampiamente incensato dal mondo del whisky. Prodotto con orzo delle Rocky Mountains questo é un whiskey di malto che si sposta dunque dalla tradizione americana focalizzata sul bourbon. Il gusto rimane comunque vincolato all’orbita bourbon. Sarà pure prodotto in Colorado ma il gusto mi trasporta immediatamente in Kentucky. Dolce, denso, zucchero caramellato, banana e vaniglia sono i sapori dominanti di questo giovanissimo whisky: da un minimo di 2 fino a 5 anni. Sembra decisamente più vecchio degli anni che porta e si tratta di uno di quei whisky per i quali un assaggio non é abbastanza. Questa é sicuramente una pregevolissima produzione che mostra come le piccole distillerie oggi possano competere con i più grandi protagonisti del mercato: puntando sulla qualità si vince sempre.

La Scozia é da un’altra parte ma qualcosa in questo whisky la richiama inequivocabilmente. Sono sempre stato piuttosto scettico nei confronti di whisky troppo giovani e  anche se molte piccole distillerie si trovano nell’urgenza di produrre  whisky molto giovani per  cominciare a coprire le spese degli investimenti iniziali, in questo caso  lo Stranahan’s non ha bisogno di altro tempo. E’ perfetto così! Incredibile. Solo due anni e  qui c’é già tutto.

L’etichetta riporta una nota scritta a mano: “listening to Emmett Miller

Mi piace l’idea che presso la distilleria ci si senta in dovere di comunicare che si ascolta una certa musica mentre si prepara la mia bottiglia.

Io, d’altro canto, ascolto quasi sempre musica mentre assaggio un whisky e quindi vi dico che Going, Going Gone cantata da Robin & Linda Williams é la mia scelta in questo momento ed é facilissimo immaginarmi da qualche parte sui monti appalachi con i prati che trasudano odore di verde  in un quadro che si completa se mi immagino Rosco Holcomb vecchissimo, senza denti che si lamenta col suo banjo, seduto sulla sua veranda.

Thursky 40%, Der Echte Thurgauer Single Malt Whisky

E dopo aver tribolato non poco per reperirla eccola finalmente, questa nuova bottiglia di whisky svizzero prodotto in Thurgau presso la distilleria Egnach. Thursky é il suo nome e francamente credo che si potesse evitare questo giochino di parole che funziona una volta sola anche se a dirla tutta già lo Swissky mi sembrava eccessivo ma in quel caso, per fortuna, la qualità del distillato aveva avuto la meglio sul nome che avrebbe potuto anche dare al prodotto un’aria un po’ troppo burlesca e scherzosa. Il whisky é una cosa seria, cazzo! La bottiglia, a parte il collo, ricorda un po’ la forma del Bushmills irlandese, a base quadrata con gli angoli arrotondati. Der Echte Thurgauer Single Malt Whisky, riporta l’etichetta, l’Autentico Single Malt Turgoviese, insomma. Autentico… Ma non credo ce ne siano altri ad insidiare questo primato cantonale. La bottiglia é numerata a mano: L023206N44. Potrebbe trattarsi della 44esima bottiglia del lotto 023206. Il colore attraverso il vetro trasparente é sorprendentemente ambrato e non essendoci indicazioni di invecchiamento potrebbe anche trattarsi di colore di caramello. La denominazione whisky richiede comunque un periodo minimo di almeno tre anni in botte e io voglio essere fiducioso. Dalle poche informazioni scovate in rete leggo che questo whisky fu prodotto da Thurella di Egnach fino all’anno scorso, quando l’azienda fu venduta. Da quel momento la produzione di whisky é stata interrotta e le scorte rimaste sono state quasi tutte vendute. Potrebbe trattarsi dunque di un whisky in via d’estinzione!

Perché sono partito alla caccia di questo whisky? Ma perché nella Whisky Bible del 2010 Jim Murray non solo ne parla ma gli assegna pure un incredibile 93 di punteggio! Nelle sue parole accosta con una certa insistenza questo whisky ad un bourbon sia a livello olfattivo che di gusto, con una sapiente gestione della dolcezza e piacevoli note fruttate che lo catturano incondizionatamente.

Adesso provo pure io! Eccheccavolo!

Ah! Pero! Al naso é veramente gradevole. Una bella prima impressione di frutta fresca. Già mi aspettavo un odore un po’ strambo oppure solo alcohol e invece questo é un odore noto, che mi conforta e mi porta immediatamente nei miei territori consueti. Fino a qui ineccepibile. Non ci siamo persi per strada. Quando bevo questo genere di distillato non posso fare a meno di pensare che in molti casi queste microdistillerie hanno già una vasta produzione di distillati di ogni sorta, dal Kirsch alle grappe passando per la vodka e altro. Il whisky rimane spesso un episodio, una piccola produzione sperimentale da aggiungere alla vasta gamma di prodotti e io affronto sempre queste degustazioni con un po’ di apprensione sperando di non rimanere deluso.

Passiamo all’assaggio. Ma quanto ci ha preso Jim con l’accostamento al Bourbon… Verissimo. A me ha ricordato pure un po’ il Karuizawa Vintage pieno grado del 1992, seppur molto meno esplosivo.  Si trattava di un 62.8 %  mentre qui ci troviamo di fronte a un canonico 40 % e dunque il finale non é spettacolarmente lungo. C’é comunque. Indubbiamente.

Thursky é per me, ufficialmente e con simpatia, Der Echte Thurgauer Bourbon Whisky.

Intanto ho voluto farmi trasportare dalle note di Poste e Telegrafi, il magnifico album solo di Alessandro Stefana, chitarra dei Guano Padano che collabora regolarmente con Vinicio Capossela. Sono nelle pianure americane in questo istante mentre ascolto Fiori Campionati, brano che mi ricorda un po’ Shenandoah (for Johnny Smith) di Bill Frisell, dall’album Good Dog Happy Man.

Octomore

Ho appena finito di cenare e nonostante tutto fosse estremamente buono e dosato con coscienza c’é un senso di pesantezza che solo un buon whisky può alleviare. Questa volta la mia scelta consiste in un assaggio assai speciale. Uno di quei whisky che tiri fuori dalla bacheca quando vuoi fare assaggiare agli ospiti qualcosa che senza dubbio non hanno mai assaggiato.

Octomore 02.1 edition aged 5 years,  62.5  % alc./vol. 140 ppm, prodotto da Bruichladdich. Qui la scheda in PDF. Il whisky più torbato al mondo. Un poema terroso, una nuvola di fumo avviluppante che al primo sorso ti lascia un momento in sospeso, una virgola che ti blocca e ti sorprende. Lo trattieni un momento sulla lingua e ti ripeti nella testa “ma é davvero torbatissimo…” Poi cerchi di pensare ad un Ardbeg Supernova o ad un Port Charlotte per capire quanto più potente é il distillato che stai assaggiando. Non puoi che concludere che stai assaggiando un liquido assolutamente speciale, molto più potente di ogni altro torbato ma assolutamente godibile e facile da bere, al contrario di altri whisky torbati che pur non offrendo una concentrazione di fenoli così esagerata risultano poco bilanciati e  dunque meno gradevoli. Nonostante questo primo impatto in cui il fumo é predominante,  uno scivolo dolce ti prende in consegna dopo lo shock iniziale e ti accompagna verso un finale lungo, sicuro e sorprendentemente maturo per un whisky così giovane. Anche solo lo “sniffer” vuoto emana un odore penetrante di carbone di torba. E’ l’odore che c’é nell’aria a Port Ellen o a Port Charlotte, sull’ Islay. E’ l’essenza di questa fantastica isola, rinchiusa in questa bottiglia nera.

mp3: Obsidian
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A Hotel

Oh, ma che serata magnifica il sabato appena trascorso. A casa di amici a gustare un’ottima cena a base di  pesce. Nel dettaglio una coppia di magnifici branzini sdraiati su un letto di patate, pomodorini, cipolle, rucola, funghi e altre  deliziose cibarie. Come sempre si beve ottimo vino mentre con Pat si cerca ri ripercorrere la lunga storia delle morti eccellenti nel mondo della musica degli ultimi cinquant’anni: da Jimi Hendrix a Janis Joplin, da Frank Zappa a Bon Scott. Ce li ricordiamo praticamente tutti, li abbiamo ascoltati tutti e ancora oggi alcuni di essi fanno parte degli ascolti ricorrenti.

A fine serata una divertente ricostruzione di un ipotetico atterraggio turistico in centro Mogadiscio. Atterraggio in stile Black Hawk Down di un non meglio precisato turista in tutina D&G e trolley Mandarina Duck ad un incrocio impolverato  nel centro di Mogadiscio. Secondo delle recenti valutazioni raccolte dai giornalisti Borga, Fagotto e Musumeci, la sopravvivenza di un bianco senza scorta nel centro di Mogadiscio va dai 3 ai 5 minuti, dopodiché o si é morti o nelle mani delle milizie. Ecco dunque che in questo simpatico contesto atterra il nostro turista in tutina con l’iPod in mano e le cuffiette bianche che penzolano dalle spalle. La strada é deserta e il nostro ignaro turista efebo si guarda intorno un po’ intimorito. Estrae dalla tasca il suo iPhone orgogliosamente custodito in un’astuccio Swarovski Wild Cat, lo alza al cielo in cerca di campo, facento un paio di giri su se stesso. “Non c’é campo, cazzo. Ora  come faccio a trovare un albergo? Aspetta che chiedo a quei colorati indigeni che si stanno avvicinando. Magari mi possono dare un passaggio a bordo del loro pickup.” Si avvicinano dei guerriglieri con il volti coperti dalla kafia, a tracolla portano delle pesanti sciarpe di proiettili e imbracciano dei Kalashnikov.

Hi, excuse me! I’m looking for a Hotel? Do you know where I can find a hotel?

Grassissime risate ci hanno colto e occupato per diversi minuti mentre brindavamo con un interessante Bladnoch cask strength, uno dei pochi whisky delle lowlands scozzesi.

E restando in tema sono colto in questo istante da una voglia irrefrenabile di acquistare una bottiglia di whisky. Non so ancora con precisione dove spingermi, forse in Giappone questa volta. L’ultimo numero di Whisky Magazine da ottimi punteggi e valutazioni ad una bottiglia di Yamasaki. Sto anche consultando la preziosa Score Card in pdf del sito dei Maniaci del Whisky.

Segnalo inoltre questo interessante video di Laphroaig TV. Un po’ di sana degustazione di Bourbon e Scotch Whisky. Filmato presso la distilleria di Maker’s Mark, in Kentucky, che fornisce a Laphroaig le botti usate per la maturazione del proprio bourbon. Spesso ci si domanda dei rapporti che corrono tra produttori scozzesi e americani. Questa degustazione incrociata é il perfetto esempio di un’ottima collaborazione e stima reciproca.

Beef Jerky v2.0

Ma quanto é buono questo nuovo beef jerky? Me lo chiedo veramente. Sto gustando una fantastica carne con un gusto lunghissimo. Devo confessare che rispetto al precedente post sulla carne impacchettata USA qui ci troviamo su un altro pianeta. Sto assaggiando il Black Pepper Beef Jerky di beefjerky.com e credo di gustare uno dei migliori jerky mai assaggiati. Se chiudo gli occhi mi vedo mentre guido da qualche parte in USA, perso nel nulla, col deserto tutt’intorno e un po’ di musica appropriata nelle orecchie.

Questo jerky é arrivato in due versioni, Black Pepper Beef Jerky e Hot Red Pepper (Ring of Fire). Il primo, come già detto é assolutamente perfetto. I tagli di carne sono generosi e la consistenza é perfetta. Non si tratta di uno snack che divori in un secondo. Questo jerky si lascia trastullare per un momento. La marinatura rilascia a lungo i suoi aromi e il pepe da quel kick necessario (come direbbero dall’altra parte della grande pozza).

La Red Hot Pepper invece richiederebbe un capitolo a parte. Veramente aggressiva. Il tipico snack per le prove di coraggio durante le serate tra amici, quando il vino o la birra ti fanno superare la soglia della comprensione e ti fanno entrare nel regno dell’incoscienza. Fin troppo piccante. Occorre pulirla un poco, rimuovendo l’eccesso di peperoncino assassino e i bocconi diventano assai appetibili. Si tratta comunque sempre di roba per stomaci forti.

Mamma mia però, che voglia di bere whisky che mi é arrivata adesso, tutta d’un tratto, incontenibile.

Va bene, mi arrendo e apro una bottiglia speciale. Non capita spesso di poter gustare un whisky di 38 anni ma é quello che sto facendo in questo momento. Old Pultney di Gorgon & MacPhails distillato nel 1970 e imbottigliato nel 2008. Uno dei grandi acquisti ritornati a casa con me dopo il mio soggiorno scozzese. Sono fiero di questa bottiglia! 43% di volume d’alcohol per questo delicato whisky del nord delle Highlands scozzesi. Tutti questi anni nel legno lo hanno ingentilito ma le alghe e il gusto salmastro del porto di Wick sono ancora presenti in questo distillato che mi accoglie con i gusti di un bel cesto di frutta. Per l’occasione recupero un disco di Pat Metheny finito troppo velocemente tra i CD del mio scaffale. One Quiet Night é un ritorno alle atmosfere semplici e morbidissime che una semplice chitarra e un microfono possono offrire. Che immagini di campagna! Malinconia! Autunno! E questo whisky che sintonizza anche il mio gusto e il mio olfatto sulla stessa lunghezza d’onda del mio udito… Non male, tre sensi su cinque completamente devoti all’ ascolto di Metheny!

Elgin to Banff

Ok, secondo giorno in Scozia. Questa mattina sono partito alle prime luci dell’alba e ho rincorso il rosso in cielo. Grande spettacolo di nuvole basse e alberi inbrinati. Sosta presso la distilleria Edradour dove assisto al trasporto delle botti in magazzino con gli operai che le spingono facendole rotolare a terra. La distilleria é ancora chiusa al pubblico ma ottengo il permesso di entrare a scattare dal ponticello.

EdradourRiparto in direzione dei monti Grampiani e comincia a nevicare. Arrivo a Dalwhinnie guidando su di una strada tutta imbiancata. Scatto un paio di panoramiche e riparto in direzione di Elgin. Dopo una breve discesa la mia strada si immette nella A9, l’autostrada che collega il Sud e il Nord della Scozia. Faccio qualche frenata di prova per controllare l’aderenza delle gomme sulla strada innevata e l’automobile parte e non si ferma. Io tengo schiacciato il freno ma l’auto scivola grattando un po’, giù fino all’incrocio. Intanto stanno arrivando a più di 100 km/h due autotreni e io a questo punto lascio il mio destino in mano alla sorte. Se non mi fermerò verrò probabilmente disintegrato. Dagli autotreni non hanno sicuramente idea che io sto frenando a tavoletta. Mi vedono scendere lentamente fino all’incrocio e non si immaginano che quando sarò in fondo probabilmente non mi fermerò. Signori, sono ad un passo da un incidente epico, uno di quelli di cui parleranno tutti qui nelle Highlands. Ad un metro dalla corsia l’auto si ferma improvvisamente, d’un botto, come se una mano invisibile l’avesse fermata. Passano i due autotreni sollevando una tempesta d’acqua e sale da strada. Lo spostamento d’aria fa sobbalzare l’auto. Poi silenzio. Tutto il paesaggio é bianco e silenzioso. Le nuvole basse scivolano sulle montagne. Ci sono di nuovo io e le Grampian Mountains, da soli. La mia autoradio, che era accesa ma da tempo non captava più alcun segnale, si sintonizza automaticamente su BBC Gael: una voce femminile canta questa strana lingua mentre la scena, oltre che essere piuttosto surreale, mi ricorda la sequenza di Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo di Spielberg, quando Richard Dreyfuss ha appena incontrato gli alieni che sono già ripartiti e tutto ricomincia a funzionare.

Arrivo finalmente ad Elgin, posteggio l’automobile e vado immediatamante a rendere visita al tempio degli appassionati di whisky. Qui il paese dei balocchi si chiama Gordon & MacPhails e potrei starci dentro delle ore.

Gordon-&-MacPhail

Terzo giorno. Ora sto facendo una fantastica colazione una tantum con fagioli, salsiccia, bacon e funghi mentre qui passano alla radio una versione abbasatanza rumorosa di Santa Clause Is Coming To Town.

Oggi ho fatto visita ad alcune distillerie dello Speyside. Sono partito questa mattina alla volta di Burghead, un avamposto scozzese prima che cominci il gelido mare del Nord. Un vento figlio di puttana sferza ogni cosa e mi sbatte in faccia la neve che arriva col diretto giù dal Polo Nord. Clima veramente gelido qui, con i gabbiani che strillano in aria. Animali impressionanti. Ma come cazzo fanno a sopravvivere a queste temperature?  Se io fossi ricoperto dello stesso strato di piume che hanno loro e per qualche strano motivo fossi in cielo a volteggiare, morirei assiderato in un istante. Qua davanti l’acqua é burrascosa e la mia materia grigia mi fa pensare a come sarebbe se fossi in acqua a nuotare. Impossibile! Non é nemmeno immaginabile essere in acqua in questo momento dell’anno con queste condizioni atmosferiche. Ma come cazzo fanno i pesci? Mistero…

Ora sono seduto al bar del Fife Lodge Hotel di Banff e sto finalmente gustando e godendomi un buon whisky. An Cnoc. Questo pomeriggio mentre attraversavo la campagna in direzione di Dufftown ho visto da lontano delle strane cataste immense, regolari, di qualcosa che da lontano non riuscivo a identificare. Avvicinandomi, capisco e non credo ai miei occhi. Ma ci saranno almeno un paio di milioni di botti accatastate. Voi direte, ma va la… Un milione?! Ti sembreranno tante, non sai bene quante e decidi di adottare il parametro del milione giusto per rendere l’idea, per far capire che sono tante. E invece no, vi sbagliate. Non dico milione per dare l’idea del tanto, lo dico perché questo é probabilmente il numero di botti accatastate qua davanti ai miei occhi increduli, in piramidi enormi che un operaio sta costruendo da solo. C’é questo signore, al quale chiedo se posso scattare qualche foto, “no problem, take pictures as you like“, che sta caricando su una piattaforma 12 botti alla volta che poi alza con un elevatore fino alla cima della sua piramide. Ferma la pedana, scende dall’elevatore, scala la piramide e comincia a collocare un altro strato con le botti appena sollevate.

Già mi aspetto un no categorico alla mia entrata in questa spianata di piramidi scozzesi. Di solito in questi casi accampano motivazioni assicurative e per ragioni di sicurezza non ti lasciano avvicinare, come l’altra mattina a Edradour dove però sono riuscito a strappare in extermis il permesso di scattare dal ponticello sul fiume (ero fuori dall’orario delle visite e come detto in precedenza gli operai stavano trasportando le botti). Qui invece nessun problema, potevo girovagare abbastanza a mio piacimento e fotografare quello che volevo. Un freddo bastardo, però. Le dita delle mie mani al momento non facevano più parte del mio corpo. Non ne avevo percezione.

[showtime]

Adesso mi hanno sevito da mangiare ai tavoli davanti al bar. Nel momento in cui mi sono seduto é arrivata una comitiva di 15 scozzesi. Stanno tutti in piedi intorno al mio tavolo mentre bevono birra in attesa del loro turno per mangiare. Stanno tutti guardando me, che mangio. “Ma sedetevi, cazzo! Ma che cazzo fate tutti in piedi in circolo intorno a me? Ma chi siamo? I Cavaglieri della Tavola Rotonda e io sono Re Artù che mangia prima di tutti? Allora guardate… Che altro vi posso dire? Guardate e invidiatemi, che tanto poi vi giustizio tutti con un bel vaffanculo a tutti voi. Stronzi!” Finalmente. Uno ha avuto il buon senso di sedersi e tutti gli altri lo hanno seguito pecorosamente. Cazzo, ho sbagliato a ordinare la birra e mi é arrivata una Bud-piscio in bottiglia. Vabbé, la bevo lo stesso così sto leggero a cena e più tardi mi gusto un paio di ottime birre scozzesi comperate ieri da Gordon & MacPhail a Elgin. E’ leggerissima la Bud, é veramente quasi come bere gazzosa, anzi la gazzosa stona forse di più. Di positivo c’é il caminetto qua di fronte e lo starter che era un ottimo prawns cocktail. Adesso attendo la carne!

Bentornato Speyside

Grande serata dedicata al whisky presso la Vinoteca Tamborini di Lamone ieri in presenza di una rappresentante di Pernod Ricard. Le ultime serate dedicate al whisky erano state presentate da Diageo, percui  le degustazioni vertevano principalmente sui classic malts come Lagavulin, Oban, Talisker, Glenkinchie e simili. Questa volta la degustazione é stata tecnicamente forse meno pertinente ma sicuramente interessante per quanto riguarda la varietà dei prodotti.

  • Jameson 12 years
  • Four Roses single barrel 50%
  • Chivas Regal 18 years
  • Glenlivet Nadurra 16 years 57.7
  • Aberlour a’ bunadh Batch 26, 60.6%

Una degustazione rappresentativa della varietà di prodotti di Pernod Ricard.

Dopo diversi anni di assaggi dedicati esclusivamente ai single malt é stato molto interessante bere di nuovo un blended whisky. Si corre infatti il rischio di passare di fianco ad un gran whisky senza rendersene conto. Un tempo il blended whisky per me significava solo quel whisky che comperi al supermercato, quello che mescoli con la coca cola, quello che tracanni per ubriacarti velocemente. Il blending, invece,  é un’ arte che richiede una grandissima esperienza ed é finalizzata all’ ottenimento di un gusto perfetto, di un bilanciamento ideale e di un’armonia riproducibile. Non posso che essere gratificato dall’assaggio di Chivas Regal di 18 anni.

Scopro però che ciò che più mi attira oggi in un whisky é la sua personalità e pure le sue imperfezioni. Sono anche contento di aver preso delle grandi cantonate in materia di whisky. Mentre Chivas 18 sarà sempre Chivas 18, ogni anno lo stesso gusto rassicurante, un single malt potrà sorprendermi per la varietà di annate, maturazioni, finiture e quant’altro. Un’annata sarà mediocre e quella successiva magari eccellente, ogni tanto mi troverò confrontato ad un whisky dal sapore unico che magari sarò in grado di apprezzare solo dopo ripetuti assaggi. Così voglio sperimentare il whisky, con sorpresa, sbalordimento ma anche disappunto e critica se fosse necessario.

Il primo grande assaggio di whisky questa sera arriva con il Glenlivet Nadurra. Sarà per la gradazione che ti fa esplodere i gusti in bocca e per il profumo fruttato che emana, con questo distillato  io credo di esser passato ad un livello di degustazione senza dubbio superiore. Un whisky che già avevo addocchiato in passato e al quale non avevo saputo resistere.

aberlour-abunadhIl mondo dei single malt riserva comunque molte sorprese e per me ieri sera é stata una vera sorpresa l’assaggio di Aberlour a’bunadh, batch 26. Mamma mia che esplosione di sapore, che festival di spezie! Se dovessi far capire a qualcuno cosa significa affinare un whisky in botti di sherry gli farei provare questo whisky e non sarebbe necessaria nessun’altra spiegazione. Se hai provato un qualsiasi whisky di fascia media e poi assaggi questo Aberlour é come se cominciassi a bere whisky per la prima volta. Ci sono solo 900 bottiglie commercializzate in Svizzera che lo rendono un obiettivo ancora più attraente. Questo whisky stravince la degustazione di questa sera. Chiedo consiglio a Jim Murray che mi conferma la prima impressione con un rotondo e meritatissimo 95 punti su 100 sulla Whisky Bible del 2010.

Dopo aver speso nei post precedenti tante parole per i whisky dell’ Islay oggi non posso fare altro che dire “Bentornato Speyside”.