Bulbo Oculare

Dopo una strana notte trascorsa a girovagare cencioso per un India notturna, sempre al chiaro di luna, operosa come di giorno ma senza luce, tutto blu-scuro-grigio, incontrando famiglie con bambini silenziosi, percorrendo sentieri tortuosi persi nelle foreste, sono finalmente sveglio ma ancora infilato sotto le coperte, non ho voglia di alzarmi. Il mio sguardo sta scandagliando tutta la mia camera, da sinistra a destra, come il bio scanner in Alien. Arrivo finalmente all’orologio, sono le 5 e 45 e dovrei alzarmi. Rimetto la testa in bolla e fisso il soffitto sopra di me. Un ragno in perlustrazione sta gironzolando in cima alla mia perpendicolare. Mi cadrebbe dritto in faccia se perdesse la presa ma sembra andare sicuro.

Alzati, testa di cazzo!

Mi insulto per convincermi ad alzarmi. Mi metto seduto e aspetto che tutti i miei circuiti si riattivino. Come una sequenza di boot. Ora mi alzo e vado in bagno. Mi sto muovendo ma non cammino, Esco dalla mia camera, entro in cucina, giro intorno al tavolo. Non tocco terra, mi sento come un accappatoio appeso, stanco e tutto piegato. Arrivo in bagno e mi guardo un attimo allo specchio. Mi abbasso per sciacquarmi la faccia. Prendo spazzolino e dentifricio, svito il tappo e lo appoggio, prendo il tubetto, lo avvicino all’occhio destro e comincio a premere fino a che la pasta non ha ricoperto tutto l’occhio aperto e riempito l’orbita.

Ora con lo spazzolino bagnato comincio a fregare sull’occhio. Faccio piccoli cerchi, come mi hanno insegnato da bambino.

[audio:http://www.texos.ch/blog/wp-content/uploads/Occhio-Blood.mp3|titles=Occhio Blood]

C’é schiuma ora, sempre di più. Continuo a spazzolare. Ora la schiuma comincia a tingersi di rosso. Continuo a fregare. Sto spaccando tutti i capillari e l’occhio sanguina ma continuo a fregare.

Poi suona la sveglia e mi sveglio davvero

Welcome to Moray

Ah che bello signori, che sensazione sempre fantastica l’attesa prima di una partenza in aeroporto. Somma goduria, un limbo bellissimo nel quale mi trovo sempre in equilibrio tra ansia e gioia. Diciamo che col passare degli anni l’ansia é quasi del tutto scomparsa ed é sempre meno necessario alcolizzarmi per volare in uno stato di piacevole sedazione. Anche ora però c’é quell’attimo di breve turbolenza intestinale che potrebbe sfociare in qualche simpaticissimo spruzzetto di diarrea, percui un prezioso imodium é sempre a portata di mano in caso di necessità, per impedire che l’aerografo anale mi tinga i boxer d’ocra. Qui al terminale 2 di Malpensa sono seduto ad un tavolino e guardo la gente. Arriva a ondate, come il traffico in autostrada stamane dopo Turate. Prima niente, corridoio vuoto, vista libera su di una pregevole cinquantenne business woman, gamba lunga, polpaccio di ferro e gonna nera corta. Poi arriva la coda di passeggeri, come uno tzunami, tutti seri, tutti di fretta. Metà coda ha il cellulare all’orecchio. Una decina di passeggeri tossisce violentemente e un paio di essi sono tutti rossi in faccia con le vene del collo gonfie. Vedo le particelle delle loro salive nebulizzate che volano via dalle loro bocche-cloache. Nel raggio di sole che si getta in questo corridoio farmaceutico il fenomeno acquista connotazioni pandemiche. Una tipina seduta qua davanti, col computer di fronte, si sta festosamente rigirando un cono gelato sulla lingua, in tutte le direzioni: ora in senso orario, pausa, ora in senso antiorario, pausa, succhiotto da sopra e smerigliamento laterale, pausa, bocciardatura e spatolatura. Azz! E’ arrivata alla cialda e adesso morde. Infine gran finale col fondo di cono ripieno di cioccolata, un attimo di esitazione, gnam! Tutto scompare in un boccone. Fantastico! Sono le 11, andiamo al GATE.

Intanto qui al terminale stanno mandando una pubblicità che gira a circuito chiuso ogni due minuti: “Mal di pancia? Disturbi intestinali? Diarrea? Enterogermina o qualcosa di simile e poi tutto ti sembra migliore.

Bene adesso sono in volo, sto ascoltando APC bevendo una Stella Artois. Ora é partita Horse With No Name degli America che per me rimangono pur sempre la miglior musica da viaggio con pochissime altre eccezioni. Sotto é un mare bianco, proprio come panna montata, ma quella montata poco, quella che se ci fai il buco, si richiude. E’ chiaro ora quanto é montata sta cazzo di panna? Si? Bene, allora procediamo. Prima abbiamo sorvolato le alpi tutte libere dalle nubi. Che spettacolo! Ma viviamo proprio su un pianeta bellissimo.alpi

Forse un tempo, in passato, in uno dei miei momenti bui, chiaro-scuri, meglio, ho vissuto, ho immaginato, ho sognato un passaggio vertiginoso attraverso le nubi di Venere e probabilmente anche di Giove. Sospeso in un angolo del mio subcosciente, pilota di chissà quale veicolo onirico, capitano solitario chiuso in una capsula da millenni, lanciato su giove, nel silenzio, incollato al ferro, oramai mezzo uomo, mezzo macchina. pandorumUn biomeccanoide tutto ricoperto di gravy e gelatina, un paesaggio di H. R. Giger, un incubo di Ridley Scott, tutto intubato, immerso in nuvole di vapore sbuffante dentro il mio modulo che precipita attraverso un denso strato di schifose nuvole turbolente spesse migliaia di chilometri, con l’intenzione di posarmi su un cuscino di metano, una gigantesca bolla gassosa sospesa in un colossale oceano di merda, un cataclisma fecale.

Vabbé, adesso un brano partito in cuffia mi impedisce di proseguire con il mio delirio SCI-FI. New York State Of Mind di Billy Joel. Io credo abbastanza fermamente che solo chi comprende questa canzone sia autorizzato a dichiararsi conoscitore dello spirito niuiorchese e di New York City stessa. Se non si fosse coscienti dell’esistenza di uno stato d’animo niuiorchese non si é stati toccati da questa città. Non la si conosce. PERIOD. Billy Joel, signori…

Ma torniamo alla Scozia, eh si, cazzo, perché é proprio li che sono diretto (non l’avevo ancora scritto?) Sto sorvolando la Manica. Però se ci penso é proprio assurdo il fatto che io stia viaggiando a poco più di 20 € da Milano a Edinburgh. Mah, chissà. Qualcosa non torna.

Questa Europa oggi é fottutamente ricoperta di nubi. Da quassù sembra che tutto il pianeta sia avvolto dalle nubi.

There’s a pale horse coming, and I’m gonna ride it” canta Bruce Springsteen. Da pelle d’oca  questo brano.

Bisogna sempre pisciare quando ti scappa. Non aspettare! Se pensi che poi avrai occasione di farla, in genere ti sbagli e stai sicuro che ti ritrovi a fare i salti mortali per non fartela addosso. Tecniche zen e meditazione yoga non ti aiuteranno. Soffrirai e basta. Io questo ho imparato negli ultimi tempi. Una cosa veramente semplice, assolutamente naturale e spontanea direte voi: Stimolo? Piscio! Senza mai esitare. Tac! Tac! Stimolo e piscio, stimolo e piscio. Su signori, vuotare bene la sacca. Stimolo e piscio!

Tra poco si arriva a Edinburgh, schema autonoleggio da superare, un momento di assestamento critico per la guida a sinistra e poi si parte su a nord in direzione dello Speyside. Cercherò di arrivare in tempo utile, chessò a Pitlochry o da quelle parti, verso sera. Voglio attraversare le Grampian Mountains domattina per scattare qualche suggestiva panoramica prima di ridiscendere verso lo Speyside, il fazzoletto di terra a più alta concentrazione di distillerie di whisky al mondo!

insigna

Sera. Ho depositato le mie membra al Fisher’s Hotel di Pitlochry, mi sto gustando una pregiata pinta di ottima stout scozzese e questa sera una bella razione di haggis non me la toglie nessuno.

Haggis, “love it or hate it”, alcuni lo trovano una delizia, altri una merda. Io una delizia. Prossimamente dedicherò un intero post a questo insaccato simbolo della Scozia, tanto che il poeta scozzese Robert Burns gli dedica pure un’ode poetica. Robert_BurnsIo adoro sta palla di stomaco ripiena di frattaglie macinate e avena. Io sono un semplice e mi piaciono le cose semplici, grezze, paesane. Questo é cibo paesano. Qua in Scozia ci sono quasi 20 °C in più di questa mattina quando sono partito da casa e la colonnina del mercurio segnava -11°C.

Qui é pieno di gente con facce medioevali. Cerco di spiegarmi. Li vedi adesso e potrebbero sembrare persone qualunque. Sono invece tutti Highlander e hanno tutti le facce degli amici di Mel Gibson in Braveheart. Mamma mia, ma fa troppo caldo qua dentro. Non sono più abituato ad un simile riscaldamento. Sono un disadattato termico.

moulinOh! Finalmente si comincia a ragionare. Ad un miglio da Pitlochry si trova il Moulin Inn, una fantastica brewery, hotel e ristorante, e tra poco assaggerò finalmente e di nuovo il favoloso Sporran Of Plenty, a 6 oz minute steak stuffed with haggis and smothered in chefs delicious gravy.

Alleluja

Anche solo questo nome mi fa stare bene. Sporran of plenty. Sono sazio prima ancora di cominciare. No, non é vero. Il piatto era fantastico e l’ho spazzato senza pietà. Ne potrei mangiare altri quattro, almeno. Sono arrivato in questa locanda passeggiando per circa un miglio sotto un fantastico cielo stellato. Orione bassissima all’orizzonte, un ruscello che costeggiava la strada alla mia sinistra e un lungo muretto di pietra tra me e il ruscello. Un muro che sembra avere 1000 anni. Sto bevendo una Braveheart Ale, medium bodied, a smooth golden ale.

moray

360° Vacation

Ok, ora é giunto il momento di pubblicare la pagina che raccoglie tutti i soggetti a 360° scattati durante il mio ultimo viaggio americano dell’estate passata. Mancano ancora  all’appello molte panoramiche che pubblicherò col tempo. In  tre settimane ho scattato oltre 300 foto panoramiche per complessivi 70GB di materiale da postprodurre.  La ricerca dei soggetti e dei punti d’osservazione é sempre stata dettata dall’intenzione di scattare a 360 gradi. La postproduzione non é perfetta, talvolta mi sono lasciato prendere dall’impazienza di rivedere paesaggi e cose appena visitati e ho dunque un po’ trascurato l’aspetto tecnico del fotoritocco. Ma non importa, mi sono divertito sia a scattare che a postprodurre. Questo é ciò che conta.

banner-usa-2009

Beef Jerky galore

Ma come ho fatto a dimenticarmi di includere in questo blog un tag interamente dedicato al Beef Jerky, la carne secca a tocchi che viene venduta alle pompe di benzina in America. Non me ne capacito. Se c’é un prodotto che non manca mai in auto quando viaggio in USA, quello é proprio il Beef Jerky. Ne compero sempre a chili. Pacchettoni sparsi un po’ ovunque in auto, sul cruscotto, sui sedili, nelle borse. Ad ogni sosta presso una gas station, assieme al pieno di benzina ripeto sempre lo stesso rituale: l’acquisto di nuova Jerky per farmi la scorta da viaggio. Ci sono pacchi di tutte le dimensioni, jerky di tutte le forme, gusti, marinature, consistenze. I grandi marchi nazionali,  produzioni locali, il jerky fatto in casa acquistabile al pezzo che fa bella mostra di se in grossi barattoloni di vetro come si faceva un tempo con le caramelle o le gomme da masticare. Teriyaki, Peppered, Original, Smoked, a grosse fette, a strisce, a bocconcini, sbriciolato in scatolettine rotonde, da masticare un po’ come si fa con il tabacco. Ne trovi di carne morbida e poco impegnativa – due morsi e l’hai già ingoiata – oppure quella dura, fibrosa, a mo’ di copertone d’automobile che richiede una certa applicazione e perseveranza. La potresti anche masticare per ore se volessi, non si consuma.

Il fatto é che al ritorno da ogni mio viaggio ne porto a casa qualche pacco che però dura giusto il tempo di qualche birra bevuta durante le serate tra amici. Infatti credo che ci siano pochi alimenti al mondo, e non sto esagerando, che si sposano così alla perfezione con la birra.

Beef Jerky chiama Birra!

Quest’anno ne ho portato qualche assaggio al lavoro e subito la passione si é diffusa come una pandemia. Tutti sono stati contaminati dalla Jerky Pandemy e così si é deciso di cercare dei canali attraverso i quali poterlo ordinare. Qualche settimana fa abbiamo infine deciso di fare partire la prima comanda test per verificare l’affidabilità dell’azienda alla quale ci siamo rivolti e soprattutto per testare la qualità del prodotto. Ci siamo trovati tutti concordi sul fatto che il Peppered Beef Jerky é la carne con la marinatura che più ci conviene. Ieri ci sono arrivati 2 Kg di Beef Jerky ordinata dalla britannica Wildwest Beef Jerky. Il loro Beef Jerky é prodotto in Uruguay da un’azienda americana, con carne del posto.

beef-jerky

Ne abbiamo ordinate due qualità, Traditional e Peppered. Entrambe sono abbastanza dolci e morbide. La Peppered piace molto a tutti. Ha una consistenza abbastanza morbida (troppo per i miei gusti, ma come primo tentativo non c’é male), condita da buon pepe nero con un gusto abbastanza dolce che arriva subito. La traditional invece risulta ancora più morbida della Peppered, con un gusto più lungo però che rilascia un piacevole pizzicore che si apre sul finale. Il pepe di cayenna fa un buon lavoro per mantenere interessante il finale.

Sto parlando di questa carne come se stessi facendo una degustazione di whisky! Ma é proprio così, la potrei descrivere declinando l’assaggio in base al profumo, al gusto dopo il primo assaggio, al bilanciamento aromatico, al finale più o meno lungo e comunque anche alla consistenza della carne che in questo caso risulta essere determinate.

Qui tra di noi abbiamo ora deciso solennemente di dedicare di tanto in tanto un po’ del nostro tempo alla degustazione di Beef Jerky. Diffideremo però del Jerky invecchiato 30 anni.

Modulo Lunare

Oggi pubblico una panoramica scattata in Utah, attraversando un paesaggio abbastanza lunare durante un pomeriggio post-apocalittico a base di beef jerky, ballate esistenzialiste e dense nubi scure in cielo. Un classico pomeriggio di viaggio senza meta precisa all’insegna dell’esplorazione desertica. Ogni angolo di deserto percorso mi intriga. Ci giro dentro, sto fermo a scavare il silenzio con le orecchie,  sentendomi come l’ultimo uomo sulla terra.

Bentornato Speyside

Grande serata dedicata al whisky presso la Vinoteca Tamborini di Lamone ieri in presenza di una rappresentante di Pernod Ricard. Le ultime serate dedicate al whisky erano state presentate da Diageo, percui  le degustazioni vertevano principalmente sui classic malts come Lagavulin, Oban, Talisker, Glenkinchie e simili. Questa volta la degustazione é stata tecnicamente forse meno pertinente ma sicuramente interessante per quanto riguarda la varietà dei prodotti.

  • Jameson 12 years
  • Four Roses single barrel 50%
  • Chivas Regal 18 years
  • Glenlivet Nadurra 16 years 57.7
  • Aberlour a’ bunadh Batch 26, 60.6%

Una degustazione rappresentativa della varietà di prodotti di Pernod Ricard.

Dopo diversi anni di assaggi dedicati esclusivamente ai single malt é stato molto interessante bere di nuovo un blended whisky. Si corre infatti il rischio di passare di fianco ad un gran whisky senza rendersene conto. Un tempo il blended whisky per me significava solo quel whisky che comperi al supermercato, quello che mescoli con la coca cola, quello che tracanni per ubriacarti velocemente. Il blending, invece,  é un’ arte che richiede una grandissima esperienza ed é finalizzata all’ ottenimento di un gusto perfetto, di un bilanciamento ideale e di un’armonia riproducibile. Non posso che essere gratificato dall’assaggio di Chivas Regal di 18 anni.

Scopro però che ciò che più mi attira oggi in un whisky é la sua personalità e pure le sue imperfezioni. Sono anche contento di aver preso delle grandi cantonate in materia di whisky. Mentre Chivas 18 sarà sempre Chivas 18, ogni anno lo stesso gusto rassicurante, un single malt potrà sorprendermi per la varietà di annate, maturazioni, finiture e quant’altro. Un’annata sarà mediocre e quella successiva magari eccellente, ogni tanto mi troverò confrontato ad un whisky dal sapore unico che magari sarò in grado di apprezzare solo dopo ripetuti assaggi. Così voglio sperimentare il whisky, con sorpresa, sbalordimento ma anche disappunto e critica se fosse necessario.

Il primo grande assaggio di whisky questa sera arriva con il Glenlivet Nadurra. Sarà per la gradazione che ti fa esplodere i gusti in bocca e per il profumo fruttato che emana, con questo distillato  io credo di esser passato ad un livello di degustazione senza dubbio superiore. Un whisky che già avevo addocchiato in passato e al quale non avevo saputo resistere.

aberlour-abunadhIl mondo dei single malt riserva comunque molte sorprese e per me ieri sera é stata una vera sorpresa l’assaggio di Aberlour a’bunadh, batch 26. Mamma mia che esplosione di sapore, che festival di spezie! Se dovessi far capire a qualcuno cosa significa affinare un whisky in botti di sherry gli farei provare questo whisky e non sarebbe necessaria nessun’altra spiegazione. Se hai provato un qualsiasi whisky di fascia media e poi assaggi questo Aberlour é come se cominciassi a bere whisky per la prima volta. Ci sono solo 900 bottiglie commercializzate in Svizzera che lo rendono un obiettivo ancora più attraente. Questo whisky stravince la degustazione di questa sera. Chiedo consiglio a Jim Murray che mi conferma la prima impressione con un rotondo e meritatissimo 95 punti su 100 sulla Whisky Bible del 2010.

Dopo aver speso nei post precedenti tante parole per i whisky dell’ Islay oggi non posso fare altro che dire “Bentornato Speyside”.