Rosenwinkel

Stranissimo concerto venerdì sera al Centro Esposizioni Lugano. In coda alla rassegna Palco ai Giovani si esibiva il giovane chitarrista jazz Kurt Rosenwinkel. Bellissimo concerto funestato però da una location indecorosa all’interno di un capannone rumorosissimo, percorso da centinaia di teenagers più interessati all’hip hop e al death metal che alle complesse melodie e gli intricati assoli del chitarrista di Philadelphia, residente a Berlino.

E’ stato difficile restare concentrati durante il concerto, cercando di isolare la musica dal baccano di sottofondo. Era lo stesso fastidio che mi procurano le persone che mangiano al cinema, mentre tu sei tutto concentrato e immerso nella visione, cercando di vivere pienamente l’esperienza multimediale e qualche stronzo comincia a ruminare, a masticare cibo alle tue spalle, praticamente nelle tue orecchie, bovinamente.

Stessa cosa venerdì. Peccato. Un’occasione persa. Tutto piuttosto imbarazzante.

A metà concerto Rosenwinkel si rivolge al pubblico dicendo “Però, un posto curioso questo, non avevo mai suonato in un posto così. I like it” che era un modo educato per dire “Ma dove cazzo mi fate suonare?

E’ curioso pensare che solo una settimana fa Kurt Rosenwinkel si esibiva al Village Vanguard di New York, prima di fare tappa alla fiera del bestiame di Lugano

Attento! Potrebbe distruggerti.

Una discesa vertiginosa, drammatica, come risucchiato da un buco nero, in bilico sull’orizzonte degli eventi mentre sto pilotando la terra dalla mia camera, come su un ponte di comando, al rallentatore, verso il baratro.

Ho aperto il coperchio del mio grammofono Revox e ci ho appoggiato sopra Communal Blood, ultima fatica in vinile trasparente da 7 pollici della band post-rock strumentale texana This Will Destroy You.

Passo San Lucio

Porcaputtana che vento questa domenica pomeriggio sul passo San Lucio! Facevo fatica a stare in piedi e la fetta sinistra della mia faccia era completamente congelata e non faceva più parte del mio corpo. Non riuscivo ad articolare nessuna frase di senso compiuto, “orua fuaanna, caso, n rieso fiu a farlaaee“. Più o meno così… con le mie racchette da neve assolutamente necessarie. Il vento ghiacciato mi arrivava in faccia da sinistra, si infilava sotto la lente sinistra degli occhiali da sole e mi congelava l’umor vitreo. Ma mi si può congelare l’occhio? Questo é quanto mi chiedevo mentre il mio baricentro danzava allegramente in tutte le direzioni rendendo precario il mio assetto.

Intanto incontravo lungo il tragitto diversi escursionisti equipaggiatissimi mentre io salivo vestito come un boscaiolo del 800. Ma é giusto così, ho affrontato gli elementi con una punta di nostalgica tradizione, pensando a chi si aggirava per queste vie 100, 200 anni fa, a caccia di marmotte.

Salendo verso la bocchetta San Bernardo mi sono ritrovato riparato dal vento e l’aria era pure piuttosto piacevole. Prima di raggiungere il passo ho voluto fermarmi per pranzare. Ho cercato un riparo dal vento  che cominciava a salire e mi sono ritirato tra alcune rocce che a mio parere mi avrebbero protetto. Tutto bene i primi minuti poi le folate di vento hanno cambiato direzione e mi sono così trovato come in un tunnel del vento. Tutto volava e io ero avvolto da un giganteso polverone di neve. Non era possibile estrarre nulla dal mio sacco, qualsiasi cosa sarebbe volata via immediatamente se avessi perso la presa. Sono ripartito senza mangiare niente e ho raggiunto il passo. Camminare sulle cresta era proibitivo percui mi sono abbassato sul versante italiano dove il vento era un po’ meno impetuoso. La gambe mi facevano male ma non ci pensavo troppo perché il panorama mi lasciava a bocca aperta. 360 gradi di creste bianche tra Italia e Svizzera.

mp3: Snow Cloud (interamente registrato e mixato su iPhone)

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Pioggia Celtica

Questa sera mentre tornavo a casa, pioveva abbondantemente. Tutta la Valcolla era avvolta dalla nebbia e io viaggiavo ascoltando Spirit in The Night da Greetings from Asbury Park, N.J., il primo album di Springsteen, realizzato nel 1973. Sono ritornato a casa veramente tranquillo e rilassato. Questa mattina ero partito da casa con tutta un’ altra atmosfera in macchina.

Unica costante la pioggia. Stavo ascoltando Eparistera Daimones di Triptykon, la nuova incarnazione dei Celtic Frost di Thomas Gabriel Fisher, la mitica cult band zurighese che insieme ai cugini Coroner ha lasciato un segno indelebile in questo estremo genere musicale. Sono orgoglioso di queste due bands e sono contento di poterle ascoltare ancora oggi senza che risultino anacronistiche e fuori luogo.

Qualche mese fa Enrico mi fece ascoltare la band sperimentale Sunn O))), un pregevolissimo duo che in varie incarnazioni si cimenta in lentissime liturgie black e doom metal.

Il loro suono é figlio, ma forse pure nipote, della chitarra di Fisher. Thomas Gabriel Fisher suonava questo tipo di chitarra negli anni ottanta, una distorsione lunga, slabbratissima, lacerata che rimescolata bene ha dato vita negli anni ad un suono cupissimo, nerissimo, evocatore di indicibili incontri demoniaci, melodie prive di alcuna speranza che rieccheggiano ancora oggi in enormi saloni sotterranei.

Triptycon: Goetia

Goetia by Triptykon on Grooveshark

Quando ascolto Triptykon mi scorrono davanti le immagini degli incubi di Lovecraft, le immagini della sua mitologia demoniaca. Trypticon é un degno successore dei Celtic Frost.

Quiz musicali

Uno dei miei giochi preferiti é sempre stato quello di far quiz musicali agli amici. In genere cerco un pezzo stupefacente di un’insospettabile band semisconosciuta o caduta troppo velocemente nell’oblio e cerco di sorprendere gli amici.

“Dai? fantastico! Ma che cazzo é? Dai, dimmi chi sono?”

Sono contento quando mi si risponde così, significa che il gioco funziona. Bene, ed ora che il mio interlocutore si trova in quel perfetto territorio in cui si ascolta senza pregiudizio alcuno, lasciandosi alle spalle eventuali condizionamenti legati ai nomi e all’immagine, dopo aver finalmente ritrovato una dimensione di ascolto puro, me ne esco con il nome dell’interprete e attendo la reazione sbalordita.

Facevo questo giochino domenica scorsa con Pat, a casa mia mentre gustavamo un Glenfarclas 105 40th Anniversary Limited Edition, aged 40 years, 60% vol.

Ma torniamo al mio quiz musicale: “Dimmi chi sono? Sono i Queensrÿche?”

No. Sono i Cooper Temple Clause che cantano The Same Mistakes. Un album fantastico per una band che é sparita dalla circolazione abbastanza in fretta. Un eccellente rock britannico che strizza l’occhio all’elettronica in modo assai intelligente. Ma non voglio parlare di loro.

Questa mattina prima di uscire di casa per andare al lavoro stavo scegliendo la consueta colonna sonora per il mio viaggio. E’ un rituale che eseguo ogni mattina. Comincio a scorrere velocemente gli scaffali dei miei CD in cerca di uno degli ultimi album dei Voivod. Questa mattina avevo voglia di arrivare al lavoro incazzato e carico di energia violenta e la band canadese rispondeva perfettamente alle mie esigenze. I miei CD sono disposti secondo un preciso disordine programmato. Custodisco nella mia mente una nitida fotografia della disposizione di quasi tutti i miei dischi, CD e vinile (2000 unità circa). Arrivo al settore  dedicato ai Voivod, passo accanto a The Outer Limits, Angel Rat, Phobos, Negatron e poi Promised Land.

No, aspetta un attimo. Promised Land non é un disco dei Voivod. Guardo bene. Queensrÿche. Ah, giusto, se ne parlava domenica passata. Ma si dai, oggi prendo questo disco di cui non mi ricordo praticamente niente.

Salto in auto, infilo il disco nel CD player e parto.

Una prima traccia di registrazioni ambientali mi prepara all’ascolto della prima vera canzone. Ora mi ricordo vagamente che nel panorama hard rock degli anni 80 e 90 si associava questa band ai Pink Floyd sia per la loro musica sia per il fatto di incidere spesso dei concept album.

Partono le prime note di I Am I e comincio a ricordarmi meglio di questa band. Ma cazzo, che suono hanno? Fantastico, pienissimo, profondo. Ma questo disco é prodotto benissimo. Io mi ricordo di averli ascoltati mentre nel panorama della musica pesante usciva si bella musica ma spesso schiacciata, castrata e svantaggiata da produzioni non troppo curate. In quegli anni, a parte alcune eccezioni, solo nel pop si produceva veramente bene, diciamocelo. Poi mi ricordo di questa strana band di Seattle che mentre nasceva il grunge, si ostinava a suonare un rock duro ma pulitissimo e prodotto come nessuno neppure osava immaginare in ambito heavy metal. Mi ricordo di esser rimasto a bocca aperta al primo ascolto dell’album Empire uscito nel 1990. C’era la fantastica ballata Silent Lucidity che mi ricordava Comfortably Numb, dall’album The Wall dei Pink Floyd. Molte immagini di quegli anni tornano a galla.

Poi partono le prime note di Out Of Mind e io rimango imbambolato da tanta perfezione.

Intensità, classe, stile e gusto impeccabile sono gli unici aggettivi che mi vengono in mente per descrivere le sensazioni che provo riascoltando questa perla. Una band veramente unica in quel panorama musicale fatto di riff superveloci, abbigliamento improponibile e testi stereotipati. I Queensrÿche invece erano musica, testi ed emozione. Eravamo all’alba della fine del glam-metal che sarebbe finalmente stato spazzato via dal grunge e da Seattle questo quintetto “metal” si avventurava in territori sconosciuti ad una metal band, compiendo una fantastica transizione verso una musica veramente matura, complessa, melodica e potente confermando la strada già intrapresa con Empire, l’album che precede Promised Land. E allora non può non tornare alla mente il brano Silent Lucidity

Io riscopro oggi i Queensrÿche, ed é una fantastica sorpresa. Di nuovo.

Mentre per quanto riguardava il Glenfarclas…

Frutta molto sciroppata, cotta, forse tamarindo, fichi d’india, cigliege e prugne in liquore. Una bella torta di frutta stramatura con crosta di pasta frolla e zucchero a velo. Un po di Marsala e caramella mou. Questo é il profumo che percepisco annusando il Glenfarclas 105 40th Anniversary Limited Edition, aged 40 years, 60% vol. Un bel colore rosso scuro impreziosisce questo whisky esclusivo dello Speyside, realizzato per celebrare il quarantesimo anniversario della prima bottiglia di Glenfarclas 105 Cask Strength Single Highland Malt Scotch Whisky. Un paio di botti sono bastate per dare vita a questo whisky disponibile mondialmente in un totale di 893 bottiglie. Questa bottiglia, come pure altre espressioni più giovani di Glenfarclas, non tradisce le aspettative e mi grida ad alta voce sherry.

Ascona Single Malt Whisky

Fatture da pagare, telefono, assicurazioni assortite e saldo della carta di credito tremendamente salato dopo il mio ultimo viaggio ai confini settentrionali d’Europa, ultime giornate veramente calde, passeggiata fino al Passo San Lucio al confine tra Italia e Svizzera, la mia mente comincia già ad abituarsi all’idea di pianificare un prossimo viaggio. Comincio a riguardare le immagini dei miei ultimi viaggi con l’occhio del pianificatore, la nostalgia già se ne é andata da un pezzo.

Dalla mia finestra aperta entra un continuo scampanellio bovino mentre il folk sperimentale  dei Califone rimette tutte le cose al posto giusto. Proprio quello che ci vuole adesso per le mie orecchie curiose. All My Friends Are Funeral Singers il titolo dell’album della band di Chicago, una densa ricerca stilistica, una serie infinita di strati sovrapposti, ritagli sonori, cartellonistica armonica, un lungo flusso di stimoli incollati come le lettere di un messaggio anonimo composto con i ritagli di giornale. Voglio veramente lasciarmi risucchiare da questo vortice creativo, non voglio neanche cercare di capirlo – sarebbe controproducente – voglio farmi travolgere  e trascinare da questo fiume  che mi depositerà dove vorrà il caso. Già qualche anno fa avevo tentato un primo approccio alla musica dei Califone ma non ci ero riuscito, non ero pronto, le mie orecchie cercavano struttura e velocità e dunque dopo qualche ascolto neanche troppo interessato due dischi di questa band erano rimasti intrappolati nei ripiani dimenticati della mia discoteca.

Oggi sono finalmente pronto e questa musica ispirata me la sto finalmente godendo come conviene.

Intanto come faccio spesso, accompagno questo ascolto con l’assaggio di un nuovo whisky a modo suo assai speciale. Si tratta infatti del primo Single Malt prodotto in Ticino. Ascona Single Malt Whisky prodotto dall’azienda Terreni alla Maggia con puro malto d’orzo coltivato nel comune di Ascona, 43% di volume. Nonostante la distillazione sia stata portata a termine presso la Brauerei Locher AG di Appenzell, la stessa distilleria che produce il Säntis Malt, il whisky é stato in seguito maturato in carati di rovere europeo per almeno 3 anni e in questo momento non ho voglia di lanciarmi in una sofisticata degustazione , dico solo che il profumo é assai fruttato, ma come già ho scritto in precedenza, si tratta di quella frutta comune a quasi tutti i whisky molto giovani, quasi grappesca, certamente piacevole ma che avrei lasciato lavorare col legno per qualche anno ancora. Con qualche anno in più sarebbe stato assai interessante verificare in che misura le condizioni climatiche del canton Ticino avrebbero potuto spingere in un’altra direzione un whisky che altrimenti poco si discosta dagli altri whisky prodotti in Svizzera. Si lascia percepire qualche accenno bourbonesco e mi piace pensare che il Ticino possa dare al whisky un carattere un po’ più kentuckiano grazie ai suoi mesi estivi più caldi e umidi rispetto al resto della Svizzera. Ma ancora dobbiamo vederlo nascere un produttore che abbia veramente voglia di sperimentare per poter offrire un distillato che dal legno ha veramente preso quel prezioso segreto che premia solo chi ha tempo e pazienza. Sto anche fumando un cigarrito Cohiba e adesso hanno raggiunto l’Ascona Single Malt Whisky altri tre amici liquidi:

  • Ourbeer Single malt, Tokaj finish, 43%, prodotto da Humbel Distillery di Stetten, vicino a Baden.
  • Mackmyra Special, Jubileumsutgåvan, 50.6%, Valbo, Sweden
  • Mackmyra Preludium 03, 52.2%, Valbo, Sweden

Ho sentito la necessità di mettere a confronto il nuovo whisky ticinese con altri whisky simili e senza entrare nei particolari lo potrei collocare nella stessa lega del Mackmyra Special. Decisamente più strutturato di Ourbeer Single Malt ma anche più semplice e meno complesso di Mackmyra Preludium.

Gretsch

Sto ascoltando The Wonder Show of the World di Bonnie “Prince” Billy & The Cairo Gang, a modo loro sono molto “californiani”. Si sente la scuola del supergruppo CSNY, nella scelta degli accordi, nell’intimità del canto e pure nei testi. Un nuovo folk essenziale che a me fa solo e sempre pensare alla costa in California, alla Highway One, ai boschi di sequoie che guardano il Pacifico, alla luce calda del tardo pomeriggio d’estate, ombre lunghissime, in giro a conoscere gente, di nuovo buono e propenso al bene, con la mente esclusivamente attraversata dalla positività. Penso a San Francisco e alle mie interminabili attraversate della città, seguendo le avenues fino all’oceano, penso alla gente, alle birre bevute, alle case di legno colorate e decorate. Penso alla baia, con i suoi ponti, vedo le groceries, con i barboni che comperano alcohol e i cinesi, indaffarati. I tram che vanno fino all’ oceano passando da Haight Ashbury, Fillmore e subito dopo la copertina del doppio live degli Allman Brothers, la discesa verso Santa Cruz dalle pinete a monte, le autostrade che hanno un sapore seventies pure loro, penso anche ai Jefferson Airplane adesso e alla loro casa comunitaria e le loro arie pazzescamente frisco-seventies.

…ma quanto ci prende Il principe Billy.

Questa sera contemplo pure la mia nuova chitarra e mi commuovo solo a guardarla. Le ho fatto la corte per molti anni. Da quando sono entrato nel sound post-folk-desertico non ho avuto occhi che per questa meraviglia di legno, forme sinuose importanti, che ostenta un po’ troieggiando il più bel tremolo del mondo. In passato ho cercato questo suono – e in parte l’ho anche trovato –  in un’altra rispettabile e abbordabilissima semiacustica, Ibanez Artcore AG75BS. Cosa vuol dire essere miei amici? Significa anche sapere cosa c’é dentro la mia testa. Sapere che c’era pure questo desiderio importante per le mie sperimentazioni sonore e adesso questa favolosa Gretsch Elecromatic é qua davanti a me e aspetta solo di essere addomesticata a dovere. Conoscerla sarà una goduria.

Questi sono i miei piaceri, starmene qua a casa, ascoltarmi un buon disco bevendo un goccio di whisky prima di attaccare la chitarra al mio otto piste e fare qualche viaggio musicale ficcandomi dentro questa dimensione di melodie, deserto, Arizona e California, caldo. Il presente scompare, giusto il tempo di un bel accordo aperto, storto, crosbyiano, californiano, uno di quegli accordi che mi conquistano istantaneamente e che mi fanno subito immaginare i gabbiani nella baia di Monterey.

Che voglia di California…

Poi in seguito ci sarà anche l’occasione  per commentare questa esclusiva delizia delle Highlands

Cielo Vaniglia

Un po’ trip hop, un po’ di etere sospeso e respirato, spirali che girano, incenso e metallo, fabbriche abbandonate, Londra, piovosa, acqua, bagnato ovunque, un giro lungo il Tamigi, nebbia fittissima e ricordi lontanissimi di uno spicchio d’inverno trascorso a London, girovagando per la city, con le Doc Martens ai piedi, comperate a Camden Town. Doc Martens bellissime, color cuoio vecchissimo e suola bouncing. Fish and Chips notturni, girando come un’onda che sbatte da un pub all’altro, Inghilterra, coltissima, visite ai musei, Power Station, Animals dei Pink, poi a East Finchley, con le case a mattonelle rosse tutte simili, passando davanti a quella di Rick Wright, genio, a casa dei parenti del mio amico Matt, con lo zio comunista che odiava la regina, casa stracolma di relatives, si beve anche il tè delle 5 poi delle uscite in bianco e nero nelle campagne intorno ad Oxford, la sera party a casa di amici danarosi, ragazze in tiro, paillettes e abiti luccicanti, vodka-orange, auto guidata a destra, Trafalgar Square a Natale e tutta la città illuminata e sempre grigia sempre con musica. Risotto alla milanese da me cucinato per tutti gli amici inglesi, innaffiato di buon Chianti e gli Oasis ancora giovani che cantano Maybe … Poi Heathrow e partenza per New York

Bark Psychosis /// codename: dustsucker —->  MAMMAMIA CHE SPETTACOLO !!!

Combattiamo la nebbia con un bel bicchiere di whisky

Ah, ma che bel titolo per una canzone: Rye Whiskey. La quarta canzone del nuovo lavoro dei Punch Brothers, il virtuosissimo quintetto di Chris Thile, il virtuosissimo leader mandolinista californiano. Insomma questo gruppo trasuda virtuosismo come il jamon hiberico trasuda grasso, appeso al soffitto delle taperie di Sevilla. Chris Thile ha una storia di virtuosismo oramai già lunghissima. Fu vincitore dei campionati americani di mandolino a soli 12 anni. Eggià, perché quelli che solitamente nel resto del mondo vengono chiamati concorsi musicali, in America diventano campionati, come per il football e il baseball. C’é dunque il campionato di mandolino, il campionato di mountain dulcimer e quello di banjo.

Fu inoltre membro del trio Nickel Creek dal 1989 fino al 2007. Ma chi può vantare 18 anni di permanenza in una band a soli 29 anni?

Gli Antifogmatics (letteralmente anti-nebbia) erano bevande alcoliche utilizzate a scopo terapeutico  nel diciannovesimo secolo. A quanto pare era consuetudine bere del whisky di mattina, prima di cominciare qualsiasi attività, col pretesto che questa bevanda avesse il potere di allontanare gli effetti nefasti e insalubri della nebbia.

Antifogmatic é il titolo di questo doppio CD + DVD nella sua deluxe edition. Un album assai complesso, con un intreccio bluegrass fuori dal comune. Non tutte le bands bluegrass possono permettersi il lusso di arricchire le proprie composizioni con fraseggi tanto intricati e imprevedibili e nonostante ciò rimanere legati all’immediatezza di una ballata orecchiabile. Occorre comunque precisare che i Punch Brothers non suonano bluegrass in senso  stretto. Loro stessi fuggono questa definizione che i effetti va veramente stretta. La loro strumentazione é bluegrass ma la loro musica é anche tanto altro. Chris Thile ha pure una bella voce, pulita che questa produzione per la Nonesuch Records restitusce senza fronzoli, senza inutili riverberi, senza enfasi. Così come é entrata nel microfono così esce dalle casse dello stereo.

Bonnaroo 2010: Punch Brothers In Concert

Ma parliamo anche di whisky:

Glengoyne Sherry Hogshead, cask 1132, distilled 1998 and bottled 2010, 52% vol.

Questo whisky é praticamente nero. Mi chiedo come faccia un distillato a diventare così scuro in 12 anni. L’odore é curioso e il gusto non mi fa trasalire. Manco a dirlo ci sento della liquerizia ma é passato troppo tempo da quando ho cenato e forse adesso non ho la bocca giusta. Mi sembra uno dei finali più corti che io abbia mai assaggiato ma dovrei decisamente provarlo in altra occasione. La consistenza é oleosa e i 55.2 gradi non rendono secondo me un buon servizio a questo whisky. Distraggono un po’ e bruciano il gusto più che espanderlo. Mi aspettavo grandi cose da questo colore. Eggià, devo confessarlo. Che questo sia il classico caso che dimostra come la colorazione può prendere in inganno? Probabilmente si. Quanti whiskies più chiari sono notevolmente più intensi di questo?

The Olde Deer Single Malt Whisky

Intanto mentre sto guardando Italia Paraguay mi posso concedere un altro interessante assaggio di un nuovo whisky svizzero.

The Olde Deer Single Malt Whisky, Alc. 40% Vol. invecchiato 3 anni e prodotto da Destillatia AG di Langenthal

Questa volta lo degusto come si conviene, dopo cena con qualche galletta neutrale per resettare il palato. L’assaggio é alquanto piacevole. Al naso non arriva molto ma il gusto percepisce subito il malto giovane che sembra essere un profilo  abbastanza  condiviso da molti whisky giovani  prodotti in Svizzera.

Negli stabilimenti in cui é prodotto questo whisky la  Brau AG Langenthal produce dal 2001 la birra Hasli. E’ dunque sembrato un passo abbastanza logico passare dalla produzione di birra alla distillazione del mosto di malto.

Soddisfacente su tutta la linea tranne che per un piccolo dettaglio: proprio non mi va giù l’utilizzo dei mesi come unità di misura dell’invecchiamento. Non c’é nulla di che vergognarsi a scrivere Aged 3 Years ed é un po’ ridicolo se non addirittura patetico scrivere Aged 36 Months ma questo resta un dettaglio quando si sta bevendo un buon distillato come questo Olde Deer, echte Oberaargauer Single Malt Whisky.

Ma quanti whisky si producono in Svizzera? Occorrerà che io faccia un censimento prossimamente per avere una visione globale di tutta la produzione.

mp3: Inside The Fog

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