Railroad Earth e High West Whiskey

Wow! Devo riconoscere che non mi capita spesso di ascoltare un nuovo disco e di rimanere, traccia dopo traccia, talmente sorpreso dall’ascolto da continuare a ripetermi “wow, fantastico”. Mi é capitato questa mattina. Scendendo dalle montagne per andare al lavoro, in auto, ho deciso di dare il primo ascolto al nuovo album dei Railroad Earth, la newgrass rock band che cominciai ad ascoltare qualche anno fa grazie ad un album acquistato esclusivamente per la copertina. Allora si trattava del doppio live Elko, un fantastico mix di spontaneità, jam music e bluegrass-rock. Comprai in seguito altri loro album, tutti discreti anche se la loro formula dal vivo mi é sempre piaciuta più dei lavori in studio.

Railroad Earth-Last of the OutlawsLa settimana passata, concludevo la mia vacanza statunitense a San Francisco con il consueto pellegrinaggio da Amoeba Music in Haight st. Tra i numerosi dischi che sono tornati a casa con me c’é il loro ultimo lavoro. Ascoltando Last Of The Outlaws mi rendo conto che i Railroad Earth vanno ben oltre il genere nel quale sono collocati.

Il primo brano, Chasin’ a Rainbow, apre il disco con lo stile classico della band ma é con le prime note della title track Last Of The Outlaws che cominciano le nuove emozioni. Un brano bisbigliato, atmosferico e intimo che rivela un nuovo approccio.

In seguito un altro brano che mi riporta in territori familiari.

Parte ora All That’s Dead May Live Again / Face With A Hole, una suite di 20 minuti composta da diversi movimenti musicali: dal sapore vagamente celtico in principio per passare poi ad un piglio rock e scivolare in seguito su note più jazz. Ci sono istanti in cui mi sembra di ascoltare la PFM di metà anni settanta (penso a Celebration). Infine posso anche dire di averci sentito dentro anche un pizzico di Radiohead e in seguito Wilco.

In molti lo definiscono un lavoro ambizioso. Sono d’accordo e questa nuova strada, più complessa ed evocativa, dei Railroad Earth mi piace assai.

Veramente non male per una newgrass band del New Jersey!

High-WestApro anche la bottiglia numero 2352 di High West Whiskey, imbottigliato a Park City, Utah. Dunque da questo magnifico stato del sud-ovest americano, oltre ai mormoni, arriva anche dell’ottimo rye whiskey. Ad essere precisi, in questo caso, si tratta di un riuscitissimo blend di due rye whiskies “esotici” come li definiscono loro, provenienti da est (Kentucky presumibilmente). Un giorno riuscirò forse ad assaggiare dello spirito distillato da questa distilleria ma per il momento mi “limito” a gustare questo eccellente sodalizio di un rye whiskey di 6 anni con una sorprendente combinazione di 95% di segale e 5% di orzo maltato e un rye whiskey di 16 anni con 80% di segale, 10% di mais e 10% di orzo maltato. In questa particolare miscela ad alto tasso di segale risiede la peculiarità di questo whiskey. Infatti la grande maggioranza dei rye whiskey in circolazione presenta percentuali di segale tra il 51% e il 53%. Questo dovrebbe essere il vero gusto di un rye whiskey americano!

Go Back

Ho voglia di ritornare in Kentucky in questo momento.
È stato sufficiente aver messo sul piatto del giradischi (si, ascolto ancora vinile, molto spesso) il disco giusto, in questo caso dell’ottimo bluegrass con la spettacolare Sarah Jarozs e subito mi tornano alla mente le emozioni dal sapore antico e tradizionale che mi ispira la campagna della Bluegrass Region, in Kentucky.

Questo é sempre stato l’inizio dei miei viaggi lungo la Route 66. In verità ancora molto distante dalla 66, seicento chilometri più ad est.

George T. StaggSento che sta per scattare la molla. Ho il presentimento che l’acquisto di un biglietto d’aereo sia imminente.  Sto contemplando una bottiglia ancora chiusa di una meraviglia liquida che custodisco intatta da un paio di anni oramai: George T. Stagg in forma smagliante, nella sua bottiglia elegante, slanciata, tutta vetro bianco e poca etichetta, per mettere avanti il suo colore fantastico, ambra scura, legno vecchio verniciato e lavorato dal tempo, come il mio vecchio tavolo da cucina in castagno passato mille volte con la cera. Lo Stagg é un bourbon leggendario oramai, uno dei prodotti più esclusivi della Antique Collection di Buffalo Trace a Frankfort, KY. Lo Stagg é in fondo, assieme alla musica bluegrass, il motivo per il quale io decido sempre di atterrare in Kentucky.

Australasia

Oggi sono partito da casa sotto la pioggia scrosciante con la nebbia fitta e la strada tapezzata di foglie. In questo buio autunnale ho ascoltato Australasia, il primo album della band post-rock / post-metal Pelican, di Chicago, registrato quasi 10 anni fa. Inutile dire che l’atmosfera era estremamente suggestiva.

Autunno

E’ domenica pomeriggio e c’é un gran casino sulla mia scrivania. Non so dove appoggiare le mani, vorrei buttare tutto giù dal tavolo con una semplice e risolutiva passata di braccio. Non ho voglia di fare niente questo pomeriggio: buste aperte, bicchieri vuoti, chiavette USB, scontrini, pennarelli, cedole di versamento, fiammiferi, cavetti, pile scariche, plettri, bricciole, riviste di whisky, filo interdentale, un borsellino vuoto, un autocollante dei Coroner, CD’s. Sto cucinando il mio solito minestrone monumentale che deve obbligatoriamente trascorrere sui fornelli almeno una mezza giornata – il suo profumo fa capolino fino in camera. Ho acceso il camino e sto ascoltando l’ultima fatica di Noam Pikelny, il banjo player dei Punch Brothers che ha realizzato un pregevole omaggio al violinista bluegrass Kenny Baker con l’album Noam Pikelny Plays Kenny Baker Plays Bill Monroe. Un omaggio indiretto pure a Bill Monroe.

Il cielo é coperto da una settimana oramai e anche questo pomeriggio una fitta nebbia avvolge la Valcolla.

Puni AlbaNuove bottiglie sono pronte per essere assaggiate e altre stanno per arrivare. Oggi assaggio il primo single malt mai prodotto in Italia, il Puni Alba Italian Triple Malt maturato in botti di Marsala, distillato presso la Puni Distilleria di Glorenza in provincia di Bolzano, in Val Venosta, a pochi chilometri dal confine svizzero. Questo single malt é stato invecchiato per 12 mesi in botti di Pinot Nero e Marsala, tecnicamente non é ancora whisky ma quello é sicuramente l’obiettivo di questo distillato che fra qualche anno potrà sicuramente portare con orgoglio l’appellazione di primo single malt whisky italiano. Per il momento naso e palato mi dicono che questo distillato é più vicino al mondo delle grappe che a quello dei whisky e soffre un po’ dell’impazienza che coglie anche molti produttori svizzeri. Se devo essere sincero al primo assaggio ho messo questo single malt un passo avanti a molti giovani whisky svizzeri. Paragonabile al Luzerner Hinterländer Whiskey (che però ha gia compiuto 3 anni) o meglio ancora allo Stammheimer Single Malt, il Puni Alba é già più bilanciato e gradevole. La distilleria non é “distratta” dalla produzione di altri distillati come avviene invece presso molti produttori di whisky svizzeri. A Glorenza (Glurns come forse preferiscono chiamarla i suoi abitanti) si sta producendo solo whisky, all’interno di un moderno edificio cubico in cui trovano casa un paio di alambicchi appositamente costruiti per questa distilleria a Rothes in Scozia.

Mi piace questo approccio come pure mi piace il fatto che questa distilleria, ultimo avamposto italiano aggrappato alle Alpi, sottolinei l’utilizzo di botti di Marsala siciliano. Un vero prodotto italiano, dalla punta al collo dello stivale!

Intanto torna alla luce una panoramica data per dispersa da diversi anni. Uno sguardo a 360 gradi catturato dalla rocca di Gibilterra nel maggio del 2010. Tornato dall’Andalusia scaricai i files sul mio computer e mi accorsi che tutti gli scatti che avrebbero dovuto comporre la panoramica erano corrotti e due di essi nemmeno si aprivano. La lasciai perdere e me ne dimenticai. Recentemente ho provato a trascinare tutti i files all’interno dell’ultima versione di Autopano Giga e nonostante i difetti e la sporcizia digitale i due file mancanti si mostrano per la prima volta in 3 anni e mezzo. Non riesco ad aprirli con nessun programma eccetto Autopano Giga di Kolor. Dopo aver trascorso diverse ore ad eliminare righe e strisciate digitali vede finalmente la luce una panoramica che allora, quando la scattai, mi aveva gasato molto, almeno fino al momento in cui realizzai che non avrei potuto pubblicarla. Mi pare straordinario che l’Africa sia così vicina all’Europa. Dalla rocca di Gibilterra questa esperienza é più chiara e tangibile che in qualunque altro luogo d’Europa, é li davanti, a pochi chilometri.

[pano file=”pano/Gibraltar/Gibraltar.xml” preview=”pano/Gibraltar/Gibraltar.jpg” width=”450″ height=”300″]

Alternative Bluegrass di prima mattina

Friends of FallFinalmente questa mattina ho potuto coprire il tragitto da casa al lavoro con la musica dei Crooked Still dal loro ultimo lavoro, già un po’ datato a dire il vero ma che mi era sfuggito. Friends of Fall é un EP che aveva catturato la mia attenzione grazie ad una splendida versione di We Can Work It Out dei Beatles. Poi parliamoci chiaro, é sempre un piacere ascoltare la voce vellutata di Aoife O’ Donovan, anche se recitasse l’elenco del telefono, come si usa dire.

Inoltre ieri sera grande divertimento guardando il video quasi metal-grass dei Deadly GentlemenAll You Fascists Are Bound to Lose“, cover di un classico di Woody Guthrie, una acoustic heavy metal cover, come la definiscono loro. Greg Liszt, banjo player sia dei Deadly Gentlemen che dei Crooked Still, ha realizzato il video.

Pace notturna

E’ quasi mezzanotte e sto ritrovando uno stato mentale più o meno rilassato e pacifico. Sto installando Windows 8 mentre ascolto l’ultimo Dave Douglas con la magnifica voce di Aoife O’Donovan e sorseggio un sempre magnifico Lagavulin 16. Quest’ora rimette tutto in prospettiva, rimette le cose al loro posto. La tromba di Douglas e la voce di Aoife aiutano assai ma non sottovaluterei nemmeno l’intervento del Lagavulin. Giovedì prossimo, inoltre, sarà un piacere assistere al concerto della splendida Esperanza Spalding per risollevare le quotazioni di questa settimana che sul versante lavorativo sono piuttosto in ribasso. Buone prospettive dunque, per i prossimi giorni.

Nitty Gritty Dirt Band

Oggi sento il bisogno di scrivere di whisky. Scotch whisky, ma anche di musica. I miei giri attraverso le terre di Scozia sono oramai passato remoto. Rimangono i ricordi, molte belle fotografie, tante immagini panoramiche da assemblare ma soprattutto alcune strepitose bottiglie di whisky da assaggiare. Qui in montagna comincia a fare freddo, di sera e di mattina. I boschi sono ingialliti e arrossati. Sto ascoltando un disco che per troppo tempo ho ignorato. Mi ricordo di averlo incontrato a più riprese nel corso degli anni, rovistando tra gli scaffali colmi di dischi nell’ East Village a NYC e durante gli interminabili pomeriggi “leggeri” trascorsi a fare su e giù per Haight Ashbury a San Francisco. Prima un paio di pinte di Ale, poi una fetta di pizza da Escape from New York e poi la meticolosa ricerca nei negozi di “records”. Allora ero sempre alla caccia di Zappa e delle Mothers of Invention, gli originali, prime stampe, belli pesanti, vecchi, printed in USA, poi, di tanto in tanto, mi scappava l’occhio nella lettera “L” come Lynyrd Skynyrd. Avevo già tutto ma dovevo giusto dargli un’occhiata, per rassicurarmi. Quando vedi un disco che possiedi, hai sempre quell’attimo di autocelebrazione durante il quale ti ripeti che anni prima hai fatto la cosa giusta portandoti a casa un disco essenziale. Li passavo tutti, Pronounced ‘lĕh-‘nérd ‘skin-‘nérd, Second Helping, Nuthing Fancy, Gimme Back My Bullets, Street Survivors. Poi, come spesso mi é successo, il mio sguardo cadeva, alla lettera “N”, su una copertina abbastanza bianca con scritte a mano e una foto ovale incorniciata al centro. Per qualche motivo ho sempre pensato, in un primo istante a Jethro Tull “Thick As A Brick”, anche  bianca con scritte nere. Ma non c’entra un cazzo! Ogni volta mi ripetevo: “Ah, già, Nitty Gritty Dirt Band”, quella band country… Bella la copertina, ma non mi interessa. Proseguivo poi nella mia ricerca dell’album perduto di Zappa o qualsiasi altra sollecitazione rock.

Poi birra, ale, slice, BART e ritorno dalle parti di Powell o Bush St. dove in genere alloggiavo quando stavo a Frisco, con le mie cene a base di mele, Winstons e birra. Allora facevo così. Mi bastava! Mistero…

Sono trascorsi oramai almeno 15/20 anni da quelle prime scorribande random e negli ultimi anni mi sono appassionato di musica americana tradizionale acustica. Bluegrass per l’appunto. Ci sono dentro, signori. Mai avrei pensato che questa musica avrebbe potuto occupare le mie giornate, monopolizzare i miei ascolti come accade oggi. Negli anni ho cominciato a conoscere e apprezzare Earl Scruggs, Doc Watson, Norman Blake, Bill Monroe. Ci sono arrivato per vie traverse, come ho sempre fatto con tutti i  miei ascolti. Mi sono fatto trascinare sempre più a fondo, come una sonda spaziale che viene catapultata da un’orbita all’altra, da un pianeta all’altro. Ci sono arrivato prendendo la curva molto larga, passando attraverso le espressioni più “alternative” del genere: Punch Brothers, Infamous Stringdusters, Cadillac Sky, Nickel Creek. Ma adesso sono arrivato a Flatt & Scruggs, The Stanley Brothers, Jesse McReynolds, Bill Monroe e Doc Watson. Sono alle origini del genere. Ascolto i padri fondatori della musica “bluegrass” e adoro quello che ascolto.

Oggi finalmente ascolto Will The Circle Be Unbroken della Nitty Gritty Dirt Band.

Questo é un disco fondamentale, signori. Se si fosse mai alla ricerca di un ponte tra il moderno e la tradizione, tra la generazione che ha ripreso la tradizione e quella che l’ha creata, questo é il disco giusto. Un esperimento riuscitissimo, una sorta di documentario musicale, un evento generazionale che vide i membri della Dirt Band chiamare a raccolta diverse leggende del bluegrass per realizzare un album che fu registrato in 6 giorni restituendo un magnifico esempio di collaborazione tra la generazione dei capelloni della West Coast e quella degli artisti di Nashville.

Sono felice di essere finalmente arrivato a questo album.

Non ho parlato molto di whisky. Sarà per la prossima volta.

Serata bluegrass

Oggi ho finito di lavorare e mi sono subito precipitato a casa. Questo pomeriggio un sole caldo mi ha accompagnato su per la Valcolla. In auto, nel CD player, le note di The Goat Rodeo Sessions di Yo-Yo Ma, Stuart Duncan, Edgard Meyer e Chris Thile. Un quartetto di declinazione classica per un approccio quasi sperimentale alla musica bluegrass, nel senso che ogni immaginabile direzione é lecita nell’esercizio della composizione. Intanto il mio cervello vagava tranquillo per le campagne del Kentucky. Arrivato a casa tutto era giallo, sono uscito per la mia consueta corsetta da quarantenne che cerca un po’ di pace nell’attività fisica. Stanno tagliando il bosco sul versante della valle opposto a casa mia. Una marea di betulle sono ora sdraiate a terra e fra un paio di inverni troveranno certamente posto nel camino di casa mia, opportunamente stagionate e tagliate. Alla fine della corsa decido che questa sera soleggiata di inizio primavera merita una deliziosa caipirinha. Bermela sulla terrazza di casa guardando la valle più in basso mentre il sole scende proprio in mezzo all’intersezione a V delle montagne qua davanti é un esperienza unica. Un’ora fa stavo ancora litigando con il computer al lavoro mentre adesso il tempo e lo spazio non esistono quasi più, la cachaça comincia a farsi sentire e il mio sguardo é perso nel sole.

Oggi é arrivato a casa ed é già nel CD player l’ultimo lavoro degli Infamous Strindusters. Silver Sky il titolo del disco di questa straordinaria band bluegrass.

 Il CD non é stato semplicemente comperato, ne é stata finanziata la realizzazione con il progetto Pledge Music che consiste nel finanziare la produzione di un disco grazie alle donazioni provenienti dalla fan base.

That’s indipendent music!

We look like a bluegrass band

Ma quanto moderno può essere il bluegrass? A questa domanda si può rispondere Punch Brothers. Una band che sta rivoluzionando il modo di concepire la musica tradizionale nord americana. Altre band hanno tentato di percorrere questa strada con risultati più o meno interessanti. I Cadillac Sky, per esempio,  dopo alcuni anni di eccellente alternative bluegrass hanno proposto un disco che allontanava il gruppo dal consueto stile bluegrass avventurandosi in un folk dalle vage atmosfere beatlesiane. il risultato smentiva un poco l’evoluzione che fino a quel momento i Cadillac Sky avevano intrapreso. In fin dei conti non basta suonare strumenti acustici e imbracciare banjo e mandolino per suonare bluegrass. L’esercizio difficile consiste nel mantenere credibilità e continuità nonostante i cambiamenti. Un brano deve risultare solido a prescindere dallo strumento con il quale lo si suona. Non si deve avere l’impressione di ascoltare del pop suonato con il banjo, questa espressione già non  mi convince solo a sentirmela pronunciare.

Who’s Feeling Young Now? l’ultimo disco dei Punch Brothers mi porta in territori musicali interessanti e inusuali per steel guitar, mandolino, banjo, violino e contrabbasso senza che io me ne accorga immediatamente. Mi ci ritrovo e dopo un po’ mi dico: “ma cavolo stanno suonando questa musica con gli stessi strumenti con i quali Bill Monroe suonava con i Blue Grass Boys!”

Chris Thile dice: ” sembriamo una bluegrass band, ma…” In fin dei conti qui é assolutamente irrilevante l’etichetta, la musica parla da sola anche se a me piace pensare che questa sia una band bluegrass che ha reinventato il genere spingendolo verso nuove frontiere.

E’ anche possibile che tutto quello che ho scritto non sia vero e i Punch Brothers sono solo (si fa per dire) una rock band che veste gli abiti del bluegrass per esprimere la propria creatività.

Posso solo dire che mi piace questa evoluzione del genere. Mi convince questa band!

The Deadly Gentlemen a -13°

Questa mattina, scendendo dalle montagne, ho ascoltato il nuovo disco dei Deadly Gentlemen, una giovane band alternative bluegrass o forse potrebbe essere meglio definirla grasscore.

Faceva freddo e mi succhiavo le dita per scongelarle.

La formazione é totalmente acustica come richiede il genere e il banjo di Greg Liszt, già membro dei più conosciuti Crooked Still, é lo strumento trainante di questa band. Sono degli strillatori i “mortalmente gentiluomini”, gridano le armonie classiche del bluegrass con un’energia quasi punk e un piglio abbastanza inconsueto, quasi rap.

Questa é la musica che mi serve lunedì mattina per cominciare la settimana con ottimismo. Succo d’arancia, tè al gelsomino, The Deadly Gentlemen e voglia di fare.