Early Day Whisky

E’ veramente trascorso un po’ troppo tempo dal mio ultimo post. Non va bene. Ho diverse nuove bottiglie di cui vorrei parlare, alcune sorprendenti, altre un po’ meno.
Venerdì passato, andando al lavoro, c’era un gran bel nebbione, pioveva e ascoltavo Jefferson At Rest, l’ultimo album degli Early Day Miners che ancora mancava all’appello. La musica giusta per quell’ atmosfera rarefatta e anche un po’ fecale, nel senso che cominciavo a sentire un po’ la mancanza del sole. Mi serviva una giornata calda, cazzo!

Oggi splende il sole e l’aria comincia a riscaldarsi.

Ottimi whiskies sono arrivati a farmi compagnia negli ultimi mesi:

Ho acquistato recentemente un paio di bottiglie prodotte in Svizzera. Una di queste é un sorprendente single malt maturato la bellezza di 11 anni, record assoluto, credo, qui in Svizzera. Öufi Swiss Single Malt, prodotto a Solothurn. Stupenda la bottiglia, bella l’etichetta. Insomma, una veste sobria, elegante e credibile per una birreria che oltre 10 anni fa ha deciso di fare quello che oggi in Svizzera fanno in molti, con una differenza: la pazienza. Per fare un buon whisky bisogna aspettare. Non é sufficiente fare del whisky, bisogna volerlo fare bene. E’ anche vero che non é necessario aspettare 10 anni per ottenere un buon whisky. In questo caso tutto é estremamente convincente. Al primo assaggio ho subito cercato di paragonarlo all’altro svizzero decennale, il Bergsturz, e sulle prime mi é sembrato un po’ meno complesso di gusto ma più aromatico e con un finale decisamente più lungo. Sicuramenmte da riassagiare presto.

L’altro svizzero é il Säntisblick Whisky, vecchio di tre anni, giusto quanto basta per ricevere l’appellazione ma un po’ troppo giovane per sviluppare un sapore convincente. E’ un peccato che la botte di sherry nella quale é stato maturato non abbia potuto intervenire più a lungo su questo spirito.

La vera sorpresa arriva dall’estremo oriente. E’ curioso pensare che probabilmente anche quest’altro whisky non sarà molto più vecchio di tre anni. A Taiwan si fa whisky già da una decina d’anni e sin dagli inizi questo whisky ha fatto parlare di se sulle riviste di settore. Presso la King Car Distillery tre anni sono più che sufficienti per ottenere un ottimo whisky. KavalanGli do la caccia da molto tempo e finalmente ho potuto reperire una pregevole bottiglia di Kavalan Solist Sherry Cask, 57,8 % Vol./Alc. Profumo intenso di frutta secca, fichi, marzapane e dolcezza citrica ti invitano all’assaggio come non capita spesso. Una delizia per il palato, vorresti masticarlo come fosse una succosa torta alla frutta. Ma quanto bene fa al mondo la Spagna con le sue meravigliose botti di Sherry?

L’ultima bottiglia é ancora in attesa di essere stappata.Brora Il Brora non ha bisogno di troppe presentazioni. Il 30 anni é leggendario e alcune annate sono gettonatissime e sempre più inarrivabili. Qualche anno fa ero vicino all’acquisto di un Brora 30 probabilmente del 2007 e oggi mi pento un po’ per non averlo fatto mio. A fine febbraio stavo partendo per la Cina, la bottiglia di Brora mi era appena arrivata a casa e la consueta ansia da volo in aereo cominciava a farsi sentire nelle ore prima della partenza. Ebbene, la mia preoccupazione era quella di partire senza aver assaggiato il Brora. Non mi importava tanto per la mia vita ma mi sarebbe veramente dispiaciuto scomparire senza aver assaggiato il signore delle Highlands del nord-ovet.

Alternative Bluegrass di prima mattina

Friends of FallFinalmente questa mattina ho potuto coprire il tragitto da casa al lavoro con la musica dei Crooked Still dal loro ultimo lavoro, già un po’ datato a dire il vero ma che mi era sfuggito. Friends of Fall é un EP che aveva catturato la mia attenzione grazie ad una splendida versione di We Can Work It Out dei Beatles. Poi parliamoci chiaro, é sempre un piacere ascoltare la voce vellutata di Aoife O’ Donovan, anche se recitasse l’elenco del telefono, come si usa dire.

Inoltre ieri sera grande divertimento guardando il video quasi metal-grass dei Deadly GentlemenAll You Fascists Are Bound to Lose“, cover di un classico di Woody Guthrie, una acoustic heavy metal cover, come la definiscono loro. Greg Liszt, banjo player sia dei Deadly Gentlemen che dei Crooked Still, ha realizzato il video.

Bergsturz e Mortlach

Una domenica abbastanza tipica: mixed martial arts con l’ultimo evento di Strikeforce e Saffiedine che conquista l’ultimo titolo della storia di questa organizzazione californiana. Domenica cominciata con un cielo coperto che dispensava neve anche se adesso il sole sta rovinando tutto. Tagliatelle al nero di seppia cotte alla perfezione e il primo vero Swiss Single Malt della storia:

Bergsturz Swiss Single MaltBergsturz 10 Years prodotto dalla Schaubrennerei Z’Graggen di Lauerz.

Finalmente una bottiglia dalla forma classica, 40 % vol./alc. bilanciatissimo, abbastanza secco, molto malto presente da subito, naso non proprio pervenuto perché ho una narice totalmente ostruita ma comunque soddisfattissimo perché in questo paese che produce whisky da almeno 13 anni qualcuno ha infine avuto il coraggio di aspettare. Ma ci voleva tanto?

Infine, giusto per rimanere in tema, comincio con la prima di una serie di panoramiche scattate durante il mio giro scozzese dell’estate passata. Mortlach Distillery a Dufftown.

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Fotografo di terracotta

Attesa interminabile presso la Bank of China per completare dei pagamenti a due fotografi già partiti per le loro destinazioni, l’interprete, una fantomatica agenzia che dobbiamo pagare ogni volta che facciamo il checkout da un albergo prenotatoci dal nostro collaboratore in Cina. Oggi piove a dirotto e in questo paese tutto sembra sempre facile a parole ma alla resa dei conti diventa missione pressochè impossibile. Ci è stato chiesto di sederci qui in banca perchè loro attendono dalla loro sede centrale una conferma via fax sulla copertura della carta di credito. Appena arrivati alle poltroncine ci siamo girati e lo sportello è stato chiuso e sono spariti tutti! Aspettiamo. Stiamo aspettando da 2 ore e mezza e credo che supereremo le tre ore di attesa. Domani potrebbe essere finalmente la prima vera giornata di riprese.

Fantastica cena autentica in un ristorante affollatissimo in cui siamo i soli occidentali. Tutto ruota intorno al peperoncino che viene servito in quantità industriale in enormi bielle stracolme in cui fanno compagnia una volta ai gamberetti, una volta agli scampi, poi a delle strane erbe con piccole bacche dal fortissimo sapore che è un misto di menta e detersivo al limone (non saprei come definirlo altrimenti), c’è ora un po’ di manzo, polmone di maiale alveolato, teste d’anatra, strani bruchi grassi e abbrustoliti, lumache in guscio. Al tavolo qua di fianco due cinesi hanno appena ordinato due bottiglie da mezzo di birra a testa. Ne hanno versata un po’ nei bicchieri, una bella giratina per ripulire il fondo poi hanno svuotato tutto per terra e riempito nuovamente come Confucio comanda. Mitico! Dovrei fare cosí anche io a Lugano quando ordino l’Ittinger al ristorante.

Kentucky

Din – Don – Dan!
Adesso é ufficilamente cominciato il mio nuovo viaggio. Alle 16.04 venerdì 24 giugno. Ora mi offro un altro rito quasi obbligatorio ogni volta che prendo il treno per partire verso una delle mie destinazioni tradizionali: una bella birra gelata che bevo di gusto adesso alle 17.00 anche se il rito prevede che che io beva indipendentemente dall’ora di partenza. Che siano le 6 del mattino o le sei di sera non fa alcuna differenza. Salute.

Si passa accanto alla Valascia, la pista di ghiaccio dell’Hockey Club Ambrì Piotta e penso che qualche anno fa con gli amici si spergiurava e imprecava platealmente durante questo passaggio, adesso invece penso che ho dei ricordi solidi legati a questo posto, alcune epiche sfide tra HCAP e HCL alle quali ho assistito in passato, in inverno. Oppure ancora le interminabili soste all’arsenale militare durante una lontanissima estate degli anni 90. Oggi ho pensato solo a questo passando attraverso Ambrì Piotta. Sto veramente invecchiando.

Mövenpick Airport Hotel all’aeroporto di Zurigo e aspetto un grilled salmon seduto ad una specie di bancone stile tavola calda americana con un cinese seduto di fronte a me che comunica esclusivamente in cinese, non capisce neppure informazioni semplicissime come “hallo, hi, thank you, bon appetit, bye”, niente, non comprende niente.

Oggi al terminal E ho probabilmente visto la più vecchia hostess della terra. Vola Delta e volevo veramente fermarla per chiederle l’età ma mi sono trattenuto. Ad occhio ho stimato 80 anni, tutti, e portati male.

Bene! Prima birra da mezzo alle 09:00, come ai vecchi tempi. Gli aeroporti sono una figata e un’ altra cosa che ho notato ieri, pure una gran figata, sono quelle misteriose botole sotto la pancia dei viadotti autostradali. Mi hanno sempre intrigato.

Questa mattina ho utilizzato un deodorante ascellare al sudore. Giuro che non sono io ma il deo Roll-on. Mi sono anche fatto una doccia e la maglietta che indosso é linda, come nuova, dunque non mi spiego il puzzo.

E’ incredibile constatare come dopo questo primo mezzo tutto appaia migliore! Parte il secondo mezzo. Santissimi boschi, croce svizzera sullo sfondo di alpi innevate, chissà quanto dovrò pisciare tra un momento, ma mi importa sega perché sto entrando nuovamente , dopo alcuni anni, nella magnifica fase del “non me ne frega più un cazzo di niente”. La libertà totale, assecondata dall’alcohol però. Ma io quasi quasi adesso mi sparo 4 xanax!
🙂 scherzo ovviamente. Non lo faccio. Non sono nemmeno in ansia. Stanno caricando il Gate Gourmet e fra un paio d’ore sarò in volo ascoltando Die By My Hand dei Coroner, probabilmente. Sono ufficialmente sedato, thanks to Feldschlösschen. Tutto bello adesso, mi sento snello ora, leggero come un gavettone d’elio urinante.

Qui a bordo c’é un’hostess che sembra una homeless mentre ascolto Pure Prairie League che cantano Kansas City Southern e mando giù un buon merlot del Cile. Il cibo qua a bordo é veramente imbarazzante. Un petto di pollo accettabile annegato in una pastina di quelle che ti davano in brodo da bambino quando eri malato, ma invece del brodo qui ci é stata inflitta una salsa al pomodoro pH 1, tipo acido gastrico, ecco, così, si tratta di una deliziosa pastina all’acido gastrico, poi c’é un panino quasi caramellato con un burro strano che ha la consistenza del mastice per gli stucchi. Ci sono delle scritte in cirillico sulla confezione. Infine un muffin alla cannella, mollissimo, che ti si sbriciola in mano. Ma torniamo alle hostess. Età media 65 anni e oltre alla homeless di colore c’é anche un’alcolizzata settantenne bonda tinta, ex-figa cinquanta anni fa, che ora vive di ricordi e barbiturici, così a stima, solo guardandola. L’unico schermo dello scompartimento schweine class, lontanissimo, sta trasmettendo un film troppo di merda che mi ero rifiutato di scaricare gratis tempo fa: la storia di un biondino fighettino che diventa tutto pelato, con la faccia percorsa da rigagnoli di slicio metallizzato per qualche misterioso motivo pure fluorescenti, e nelle intenzioni del regista dovrebbe apparire come mostruoso questo coglione che invece fa cagare il cazzo ma siccome le cuffie che servono per seguire questa merda di film sono a pagamento mi consolo ascoltando Pure Prairie League, Country Rock anni settanta che meglio di così é veramente difficile suonarlo.

Un tipo americano qui vicino al mio seat ha delle braccia larghe come le mie cosce. Faccio affidamento su di lui qualora fosse necessario placcare qualche pazzo su questo aereo. Ho fiducia in lui!

Ah, mitica prima giornata di perlustrazini kentuchiane cominciata alle 8 sotto una pioggia diluviana con lampi e tuoni a far da contorno. Sono dunque partito alla volta di Frankfort alla ricerca di ciò che resta della Old Taylor Distillery della quale ho scoperto l’esistenza solo alcune settimane fa seguendo un forum di entusiasti del Bourbon su internet (bourbonenthusiast.com)

Comincio a percorrere alcune strette stradine di campagna. La pioggia mi da un po’ di tregua e l’asfalto corre anguillesco davanti a me, tutto soffocato dalla vegetazione. Dopo qualche curva appare finalmente la distilleria, bellissima, abbandonatissima, in rovina, cupa.

I muri sono ricoperti dai rampicanti, i vetri sono rotti e i grilli fanno baccano. E’ l’unico rumore in questo sperduto angolo di Kentucky. Comincia anche a fare capolino qualche raggio di sole e l’atmosfera diventa pesantissima: umidità a mille, asfalto spaccato, maglietta appicicata, afa, botti rotte a terra, ferrame arrugginito, vernice scrostata, insetti, strani rumori dalla boscaglia. Intanto infrango alcuni divieti di trespassing per godere fino in fondo quest’aria inquietante che mi offre il luogo.

In seguito, lasciate le rovine dell Old Taylor continuo per alcune miglia lungo la stessa stradina che percorre la Woodford County fino alla Woodford Reseve Distillery dove faccio un tour completo della struttura.

E’ sera e ho appena finito di cenare at The Old Talbott Tavern nel centro di Bardstown. Un antico edificio risalente al 1779 circa e dopo aver cenato con un burger accompagnato da un’ottima Kentucky Bourbon Ale, sto digerendo con un Rowan’s Creek Single che declina alla perfezione la mia prima vera giornata di Kentucky.

Ma quanto é giusto ascoltare un buon concerto di Bluegrass nella Bluegrass region? Esco ora dal Kentucky Theater dopo aver assistito al concerto di Doyle Lawson & Quicksilver anche se il palco é stato un po’ rubato da questa famiglia di prodigi, la Daniel Patrick Family, con Daniel (16 anni), la sorella Samantha (13 anni) e il piccolo prodigio di 9 anni Kyle Ramey, col cappello da cowboy che suona il mandolino come un professionista incallito e ha una presenza scenica assurda.

Duetta con Doyle Lawson per nulla intimorito e Doyle é sbalordito. All’uscita compero il CD di questo micro-prodigio e me lo faccio autografare da questo bimbo alto un metro e uno sputo. Da morire dal ridere. Poi il CD della famiglia al completo lo firmano anche il fratello e la sorella più grandi.

Giornata perfetta oggi in KY. Partito questa mattina da Bardstown (la capitale del Bourbon) ho fatto ottimi scatti a Loretto presso la Maker’s Mark Distillery, dopo Buffalo Trace sicuramente il tour più personale e bello. Posso scattare le mie panoramiche in tutta tranquillità da solo nella still room e di fianco alle vasche di fermentazione che ribollono magnificamente, colme fino all’orlo di birra. Il caldo é insopportabile, veramente allucinante qui dentro. Mi concedo pure tutto il tempo che mi serve per scattare una panoramica della wharehouse.

Poi dopo un oretta raggiungo anche la Four Roses Distillery, la meno forte delle distillerie visitate, con un tour troppo breve e una struttura un po’ troppo nuova e dunque esteticamente meno ammiccante.

Port Ellen e Sam Bush

Oggi é domenica, la prima domenica di primavera. Il cielo é grigio, sta piovigginando e tutta la valle é immersa nella nebbia. Mi sono preparato un pranzo sontuoso e adesso, davanti al camino – eh si, sta ancora acceso – mi sto viziando con un goccio di Port Ellen, The Old Malt Cask from Douglas Laing for The Islay Whisky Shop, aged 23 years, distilled april 1982, bottled october 2005, 50% vol/alc. Realizzo in questo momento che questa bottiglia é stata acquistata esattamente un anno fa a Bowmore. Ricordo perfettamente quando entrai all’interno di questo piccolo shop e tra un sacchetto di patatine e un fustino di detersivo, sullo scaffale dietro alla cassa, di fianco a tanti altri whisky uno scaffale raccoglieva in particolare una decina di Port Ellen. Che meraviglia guardarli, tutti assieme, allineati uno di fianco all’altro. Che famigliola! Venite da paparino vostro! Fatevi adottare!

Volevo portarmeli via tutti ma mi sono dovuto limitare ad una bottiglia di 100£ che sto sorseggiando con devozione in questo momento. Ho pure innondato l’aria di fumo di torba per sacralizzare ancora di più il momento. Questa é la mia messa, queste sono le celebrazioni del mio solstizio personalizzato. Mi raccolgo in meditazione mentre il profumo fruttato di mela verde mi accoglie in una verde campagna quando infilo il naso nello sniffer. Ora é caldo, l’erba é alta e sciami d’insetti danzano controluce. Tutto questo é Port Ellen e adesso Port Ellen é un po’ la contea di Bilbo Baggins. Sto ascoltando le note accoglienti del mandolino del maestro Sam Bush, dal suo ultimo disco Circles Around Me, altissima espressione bluegrass. Ma quanto é bella questa musica! Il trionfo della naturalezza acustica con la totale armonia di violino, mandolino, banjo e chitarra.

Gyokuro

A questo punto corro veramente il rischio di calarmi al 100% in un nuovo mondo, catturato da una nuova passione.
Se scrivo Gyokuro in un primo momento vi chiederete “ma che sta scrivendo questo?” poi vi si accenderà una lampadina nelle testoline: “Ah! Sarà il nome di un nuovo whisky appena scoperto. Se solo si dedicasse un po’ di più alla Scozia senza andare a rovistare tra i distillati d’estremo oriente”. Va bene, mi fermo subito e vi rivelo che non si tratta nè di whisky, nè di un mostro giapponese nè di una curiosa pratica sessuale orientale bensì di thè. Ebbene si, quella pianta seccata con la quale si fa un’infusione in acqua calda.

Vi chiederete ancora “ma che c’entra col deserto, con la musica, con il viaggio?” Niente. “E con il vuoto?” Ma che ne so. “E allora perché ne parli?” Non ne ho idea in verità.

Sabato scorso sono andato, come capita spesso in autunno, dal mio fornitore di thè a fare scorta di Sencha, il thè di facile beva per eccellenza e un po’ di thè al gelsomino. Io sono un grande bevitore di thè nel senso che ne bevo in grande quantità ma non sono un grande conoscitore. Prima di uscire dalla bottega penso che avrei bisogno di un altro thè da aggiungere ai miei acquisti e sento il negoziante fare il nome di questo thè. “Prendo anche un sacchetto di quello” gli dico subito. “Oh, Gyokuro! questo é veramente un thè speciale.” I giapponesi bevono il Sencha come thè di tutti i giorni ma nelle occasioni speciali bevono questo thè dal profumo delicato e curioso, almeno per il mio olfatto che non é abituato a questa gamma di odori.

gyokuro

Mi racconta che il Gyokuro viene coltivato all’ombra, perlomeno nelle settimane precendenti la raccolta in modo da innescare una sovrapproduzione di clorofilla che rende questo thè di colore verde intenso e di gusto più dolce e meno tanninico. Dopo un po’ di navigazione raccolgo diverse informazioni interessanti e utili in merito a questa pregiata bevanda. E’ importante non usare acqua bollente ma raffreddata a 60°C percui una pratica corretta consiste nel far bollire l’acqua necessaria che viene poi versata nella teiera per farla raffreddare. Dalla teiera passa alle tazzine in modo da poterla raffreddare ulteriormente. A questo punto possiamo mettere le foglie di Gyokuro nella teiera dopo averla opportunamente asciugata. Rimettiamo infine l’acqua nella teiera, copriamo e aspettiamo un minuto e mezzo. Ora il thè può essere servito. In Giappone il Gyokuro viene bevuto in minuscoli bicchieri come se si trattasse di un pregiatissimo distillato che deve essere centellinato.

Aggiungo con piacere questo nuovo rito alla mia consumazione di liquidi.