C’è un tedesco, un francese e un olandese

Impressionante l’aria di Cina che si respira a Chinatown qui a San Francisco. Mi è bastata una vasca in Grant St. e i profumi che uscivano dalle botteghe mi hanno fatto pensare per un attimo di essere a Beijing. Mi manca un po’ Pechino se devo essere sincero. I miei giri interminabili negli hutong a caccia di tè, strumenti musicali e impressioni d’oriente rimangono nei miei ricordi come una delle più intense esperienze di esplorazione urbana.

Adesso sono seduto da Mario’s in Columbus. Sta passando Nell’estate del ’66 di Bruno Lauzi. Pezzo fantastico e perfetto mentre metto giù questi pensieri bevendo la mia prima Anchor Steam.

Frisco è sempre più lurida e piena di disperati. A dire il vero solo a Chinatown ho notato i cinesi preoccuparsi di tenere i propri marciapiedi un po’ puliti per il resto le strade sono tutte piene di pattume, piscio, merda e macchie di roba lurida dappertutto. Un sacco di gente che vaga trasandata. Al di sotto di O’Farrell St. ci sono accampamenti di tende ovunque. Capisco i commenti di Joe Rogan quando parlando dello stato della California dice It’s a failed state. Qualcosa non funziona in questa città ma c’è pur sempre magia.

Adesso Shazam mi dice che sto ascoltando Smoke Gets In Your Head di Claudio Tallino. Ma quanta roba magnifica non conosco?

All’una devo tornare in albergo a prendere possesso della mia stanza. Guardando su Booking sembrava bello tradizionale, appena rinnovato e fresco sto alberghetto abbastanza cheap. Un albergo tutt’altro che dall’aria fresca. Una enorme merda sul marciapiedi di fronte all’entrata mi ha dato il benvenuto. Mosche che volavano da tutte le parti, uno schifo. Ovviamente nessuno che ritenesse opportuno levare questo fantastico biglietto da visita fecale. Faccio le prime scale per arrivare alla reception e l’albergo ha quella classica aria di tugurio bicentenario che ha vissuto anche il terremoto del 1905 e due guerre mondiali.

Devo rivalutare il mio hotel cheap. La stanza è realmente renovated e ha un bell’aspetto. È stato un vero piacere depositarvi tutte le mie baracche e ripartire alleggerito. Un blocco più in giù mi sono fermato da Bellissimo Pizza per una prima slice sanfrancischese. Sto tra Sutter e Hyde St. in Lower Nob Hill.

Sono stato a cena a Cianataum e mi sono fatto un favoloso appetizer a base di uova centenarie poi una bella zuppa di noodles. Un ristorante che offriva una bella selezione di piatti del Sichuan con una sana dose di peperoncini. Poi tornando all’albergo ho assistito ad una scena del futuro. Continuavo a veder passare queste strane auto con uno strano marchingegno sul tetto. Sto per attraversare la strada anche se è rosso mentre arriva una di queste auto che si ferma in curva perchè ha visto che stavo partendo. Mi fermo per lasciarla passare e quando riparte e mi passa davanti, mi accorgo che non c’è nessuno al suo interno. Sono auto a guida autonoma. La città ne è piena. Assurdo! Ma non si muovono mica come i bus a guida autonoma che vengono utilizzati in qualche stazione sciistica Svizzera, tipo Zermatt e che circolano a 5 km/h, praticamente più lenti di un adulto morto. Queste specie di taxi che girano qui a Frisco vanno in giro come auto normali, alla stessa velocità delle altre. Si fermano ai semafori, girano a destra e a sinistra in scioltezza. Fanno impressione.

Oggi ho ancora fatto un bel giro a Chinatown e ho comperato un sacco di tè. La presenza straniera qui in USA si può riassumere in 3 nazionalità: ci sono un sacco di francesi, come sempre, poi tedeschi e infine parecchi olandesi.

Improvvisa considerazione estemporanea: a fare tutto il giorno su e giù per queste strade ti vengono delle chiappette ben sode.

Quest’ultima sera stavo facendo fatica a trovare un ristorante dove mangiarmi una buona bistecca. Alle 21 molti ristoranti chiudono la cucina. Avevo un sacco di opzioni cinesi che avrei scelto volentieri ma volevo una bistecca e con i cinesi c’era il rischio di pagare a caro prezzo domani sull’aereo come mi è quasi capitato questa mattina dopo la cena di ieri sera. Buonissima, lo ripeto ma oggi se non mi fossi infilato al volo in un pub vuoto appena aperto senza neanche il barman ma solo il cuoco messicano che non capiva una parola di inglese, sarebbero stati cazzi.

Bene, drosofile melanogaster, qui termina il mio resoconto americano. A riudirci per il prossimo dispaccio fra circa sette o otto anni.

Emersione

Vediamo un po’ che effetto fa riscrivere qualche pensiero dopo una pausa lunghissima in cui é accaduto di tutto. Un nuovo lavoro, una pandemia planetaria, un infortunio che mi ha tenuto fermo per mesi, un nuovo giradischi, un paio di Fèis Ìle virtuali con bottiglie speciali ricevute per posta qui in montagna. Sono morti Neil Peart, Eddie Van Halen, John Prine, Lyle Mays, Chick Corea e altre leggende.

Ho scovato alcune pregevoli bottiglie di whisky: un Caperdonich di 23 anni distillato nel 1996, imbottigliato da Morrison & Mackay, un Glenury del 1978 invecchiato 16 anni e imbottigliato da Signatory.

Ho finalmente trovato il secondo volume degli Old Master Box Set di Frank Zappa che cercavo dal 1996. E’ inoltre uscito il documentario di Alex Winter su Zappa.

Concertame vario, whisky e altro

Diversi concerti nelle utime settimane e nuove bottiglie di whisky per prepararmi alla breve trasferta scozzese. Domenica intanto, con sole e voglia di preparare un pranzo sontuoso.

I Giardini di Mirò

Il “punk seduto” di Marc Ribot e il suo Ceramic Dog

Poi ci sono anche stati i Campos ma non ci sono immagini

Lupi nel bosco

Sto esaminando il mio plettro ricavato da una mia vecchia carta di credito. Ne sono orgoglioso. E’ da qualche giorno che spazzolo insistentemente le corde della mia chitarrra, che riprendo le vecchie abitutdini. Bene.

Sto bevendo un ottimo tè pu’er mentre fuori é tutto bagnato e nebbioso. A fine marzo il camino acceso ancora ci sta. Più tardi farò una scappata nel bosco, in cerca di lupi e scatti fotografici. Recentemente ho rimesso in marcia il giradischi Revox che stava in silenzio già da qualche anno e che in queste ultime settimane ha sempre fatto girare qualche bel pezzo di vinile. Questa mattina girava sul piatto Another Language, il vinile color oro – post-rock cupo e melanconico – di This Will Destroy You. Muri sonori contro i quali amo sbattere la capoccia ogni tanto.

Ora, però, il piatto che gira è quello del lettore CD e sto ascoltando l’ultimo lavoro di Bill Frisell, in solitaria, con la sua chitarrra e i suoi pedali.

Post interrotto

L’anno passato  stavo scrivendo questo post interrotto che mi portava indietro con i pensieri all’ultimo viaggio in America del nord. Oggi lo riprendo perché in USA ancora non ci sono ritornato ma ho finalmente avuto l’occasione giusta per ripensarci. Giacevano infatti inermi in un hard disk dimenticato le clip filmate durante quell’ultima scorribanda.

inizio della bozza

Esattamente un anno fa partivo per uno dei miei classici giri nordamericani seguendo dei percorsi già noti che però mi procurano sempre forti emozioni. Quando sono alla guida di un automobile sulle stade americane sono sempre in uno stato di serenità unica. Esistono solo quelle due o tre settimane, non c’è più passato o futuro, esiste solo un incredibile presente fatto di lunghissime e spettacolari giornate di viaggio, all’inseguimento del sole, alla ricerca della foto perfetta. Le cene sono sempre un momento speciale. La scelta della tavola calda è essenziale.

fine della bozza

Irish Pub

Oggi sono andato a farmi un giretto durante la pausa pranzo. Climaticamente questa è probabilmente la prima vera giornata di primavera (ma che gioco di parole raffinato). Un gran bel sole generoso, finalmente caldo per davvero. In centro tanta gente a passeggio poi seguendo il lungolago sono arrivato fino al parco Ciani. Tra gli alberi ancora abbastanza spogli si intravvede il Liceo di Lugano. Ma cazzo, devo dire che è proprio bello, tutto ocra, imponente e storico. I prati del parco sono tutti occupati dagli studenti in pausa. Negli anni 80 i prati erano abbastanza off limits. Arrivavano i guardiani per farti sloggiare, era roba da drogati.

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Arrivo infine al nuovo arredo naturalistico della foce del Cassarate che tanto mi aveva fatto infuriare quando ancora era solo un progetto. Bello, devo ammetterlo, a vederlo oggi. Forse ogni tanto mi lascio andare un po’ troppo al pessimismo e divento un acido criticone. È anche vero che le casse della città piangono come mai è capitato in passato e dunque se ne poteva fare a meno, comunque resta il fatto che questa passeggiata sia estremamente gradevole. Infine mi sono infilato dentro al pub irlandese di via Ciani – pare che stia diventando un’abitudine – e mi sono regalato una spettacolare Kilkenny, fatta apposta per questa giornata.
Che gran figata rificcarsi in un pub, mettersi al bancone, farsi riempire una bella pinta di birra e rilassarsi, come se fossi in vacanza. Questa è un’abitudine che avevo quasi dimenticato. Di queste cose ne sento proprio il bisogno ognitanto.

Full immersion a pancia tesa

Prima giornata integrale di SF. Finalmente è spuntato il sole nel senso che la nebbia pacifica si è diradata e adesso tutto si sta scaldando un po’. Ieri sera faceva veramente troppo freddo per una giornata di luglio.

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Ho consumato un’abbondante cena cinese ieri sera, con una gran bella verdurata di pack choi e del manzo alla mongola, tutto accompagnato da del benefico tè al gelsomino. Unico problema è il fatto che per ritornare in Geary, dove alloggio, ho dovuto esporre il mio ventre tumido alle sferzate del vento dell’oceano, potenziate dalle file di costruzioni che come veri e propri tunnel del vento convogliavano tutto il gelo sulla mia pancia tesa, che seppur protetta da un sempre più spesso strato di lardo di Certara, non poteva custodire e proteggere il delicato processo di digestione che aveva luogo all’interno.
Oggi ho un antipatico mal di pancia ma spero che tutto si fermi li. Ho intenzione di scattare l’inverosimile oggi. La luce è quella giusta. Devo anche trovare una felpa.

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Ho finalmente fatto tappa da Escape from NY in Haight st. e mi sono sparato due slices monumentali, cheese and pepperoni (salame in verità) mentre ora sono al bancone del Magnolia e mi guarisco con una deliziosa e speziatissima Prescription Pale. magnoliaMi sta veramente rimettendo in sesto. Dovrebbero prescriverla i medici e le Assicurazioni Malattia dovrebbero coprirne i costi. Cazzarola come sto meglio mentre Nancy Sinatra canta “This Boots Are Made For Walking”.

Mamma mia che camminata che ho fatto oggi. Da Haight-Ashbury fino in centro e poi su e giù per le colline a visitare la Coit Tower, il Pier 39 con pochissimi sea lions, non sarà stagione, e ora a riposare in un pub con una Anchor Steam davanti. Eh ma se ci fosse un posto come questo a Lugano io ci passerei tutte le serate dopo il lavoro.

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Seconda serata sanfransischese e seconda cena. Questa volta giapponese. In apertura chicken tempura e poi sushi combo. In questo momento riesco a bere solo tè caldo. La mia pancia non si è ancora veramente ripresa e anche se ho una gran fame spero solo di non vomitare tutto sul tavolo. Sono tornato in albergo alle 19 e ho fatto un bagno terapeutico per scaldare la pancia. Questa serata è per fortuna meno gelida di quella di ieri e maglietta e camicia a maniche lunghe dovrebbero bastare.
Mega-mangiata anche stasera! Però a guardare i cuochi, uno di loro é sicuramente messicano.
Anzi mo che li guardo bene mi sembrano tutti messicani. Parlano in spagnolo. Forse uno ha chiamato l’altro Pedro…
Ma un giapponese del sud assomiglia magari un po’ a un messicano? Oppure, ci sono dei messicani che sembrano un po’ giapponesi? Questo si, dai. Un paio di camerieri sono però sicuramente orientali. Ho comunque mangiato bene e questa è l’unica cosa che conta anche se la miso soup sembrava molto un minestrone.