Texo goes to Bourbon

Bene, analgesici inefficaci, non sembra vero ma si ricomincia, cazzo. Ma quanti anni sono?

Ieri la situazione si stava mettendo male. Al mio ritorno dal lavoro consultavo i comunicati ufficiali dei comitati scioperanti e non trapelata nulla di buono. Il mio itinerario risultava in pericolo, la mia scaletta spezzata. Ma quando cominciano questi scioperi? Alle 8? Alle 7? Nella lista dei voli garantiti dagli scioperanti il mio non risulta: coincidenza che salta a NY, noleggio auto a Cincinnati che salta, tempo fino alle 18 per annullare l’albergo della prima notte.

Diana prestissimo questa mattina, alle 3:30 e partenza da casa alle 4:03. Autostrada tra le due uscite di Lugano già completamente intasata. Passo da Chiasso Brogeda in scioltezza però e poi mi infilo nella Pedemontana vuota e in un botto sono a Malpensa. Lascio la mia auto in un parcheggio privato ed entro in aeroporto. Tutto sembra tremendamente tranquillo, non si alzano aerei. Ieri Swiss ha annullato 25 voli su Milano e ora, a quanto pare, gli scioperi cominciano alle 10, per otto ore. Il mio volo è previsto alle 09:00. Il pannello delle partenze è desolante.

Lo scorro tutto e finalmente vedo che il volo Delta DL 0190 è regolarmente programmato. GIUBILEO!

Il check-in nella zona 24  è riservato a pochissimi voli, Delta incluso. Sono in fila e faccio il bio scan a tutti i miei compagni di viaggio: una coppia di ricchi anziani probabilmente niuiorchese, tutti ingioiellati d’oro e lentissimi. Un evidente transgender con i capelli rosa qua davanti a me. Gonna lunghissima, fino a terra, braccia grosse e pelose, assomiglia a Celsi Manning. Va di moda oggi a quanto pare, proprio come in tele. Poi qualche starnuto da Covid qua davanti al boarding.

Adesso sono sul vettore e stiamo volando, l’orologio indica le 10 e 10 e lo sciopero è dunque ufficialmente cominciato e dura tutto il mio viaggio. Qua alla mia sinistra uno che sta una poltrona dietro si è addormentato immediatamente e ha cominciato a russare rumorosamente. La tipa alla mia destra invece è completamente avvolta in una coperta, con cuffia e paraocchi. Sembra una mummia. Poi a sorpresa i due vecchi ingioiellati stanno qua con me in “Schweine Class”. Sono tutte delle patacche le loro collane e bracciali. Due vecchi sordi si stanno parlando urlando. È appena passato Celsi Manning: uomo a balla!

Ok, sono al terminal 4 dell’aeroporto Gei Ef Chei di NY e questa cosa dei voli “oversold” sta cadendo nel ridicolo. Siamo già in ritardo di un’ora perché il volo è oversold e ogni 20 minuti rilanciano di 200$ l’offerta a chi è disposto a farsi spostare il volo. Siamo partiti da 800$ e ora siamo arrivati a 1400$ ed è così per quasi tutti i voli. 1600$ ora. Ne manca uno da spostare. Una vera e propria asta e intanto tutti aspettano.

Finalmente siamo dentro questo aereo diretto a Sin Sinnati, aereo strettissimo e lunghissimo. Fa un freddo cane qua dentro e sono giù in fondissimo. Celsi Manning ha preso l’aereo per Baltimore.

Purtroppo mi è toccato aspettare in pista 1:30 perché su Sin Sinnati c’erano delle thunderstorms. Vabbè, sono arrivato e infine atterrato. Ho preso la mia Toyota e ho guidato alla volta di Lexington. Dopo un po’ mi andava assieme la vista e mi sono dunque fermato da qualche parte a metà strada dopo aver nel frattempo annullato la riservazione del motel a Lexington.

Adesso sto aspettando un Texas Bacon Cheesecake con Hashbrowns qui alla Waffle House di fronte al Motel. Waffle House è probabilmente l’ultimo anello della catena della ristorazione americana. Posto scranscissimo e la signora che sta cucinando, di almeno 75 anni, è sputata Bruce Willis di faccia, con le rughe e i capelli lunghi tinti castano. L’aria condizionata mi uccide qua dentro.

Midwest e oltre

Bene, dopo un milione d’anni scrivo qualche nuova riga e questo é bene.

L’altra sera stavo sfogliando una delle mie “letture” preferite di sempre: il Road Atlas – US, Canada, Mexico, edizione 2017. Nel frattempo ripercorrevo a mente le strade delle mie innumerevoli scorribande negli angoli più remoti del nord America. Viaggiando mi é sempre piaciuto celebrare i passaggi di confine e ho preso l’abitudine di fotografare i cartelli di benvenuto ogni volta che mi é capitato di attraversare i confini di stato.

Intanto mi sta frullando in testa da un paio di giorni questa fantastica canzone dall’ultimo album di Chris Thile, il virtuosissimo mandolinista dei Punch Brothers. Questo pezzo si colloca a mio avviso quasi lassù in cima assieme a New York State of Mind di Billy Joel.

A380

Sono stanco come un “walking dead” della stupenda serie americana diretta dal grande Frank Darabond. Sto fissando un riflesso sul vetro, qua di fronte, da quasi 10 minuti e sto cadendo a pezzi ora alle 5 e mezza del mattino. Mi berrei già una birra ma non posso, darei troppo nell’occhio. E poi questa prima tratta durerà veramente poco e a Frankfurt avrò modo di soddisfare questa mia esigenza. L’ ultima volta che visitai Francoforte era il 2011, credo, e Francoforte non si chiamava Frankfurt ma Frankfort. Non in Germania bensì in Kentucky.

Ho scelto il giorno sbagliato per viaggiare in aereo. Il cielo sopra l’Europa è pietoso oggi, qui in Germania addirittura indecente. Fino a Francoforte ho avuto il piacere di stare seduto proprio dietro ad un malato terminale di catarro plateale. Un’ ora intera di colpi di tosse, pezzi di polmone e virus dell’ebola che che volavano per il vettore e io immerso in questo particolato biologico spruzzato ovunque, una nebbia alveolare, un umidume bronchiale, un aerosol infetto dal quale non posso scappare. Adesso sto attandendo al gate Z66 di entrare nel ventre enorme di un A380 della Lufthansa.

097

Ora sono nella pancia di questo bestione a due piani e sto puntando dritto verso l’Islanda a circa a 890 km/h. Andiamo lentissimi, cazzo, così a stima. Probabilmente quello che questo aereo ha guadagnato in posti a sedere l’ha perso in performance. Devo però riconoscere che questo sigarone ha un volo morbidissimo. Siamo comunque tutti un po’ pigiati qua dentro. Sul volo in direzione di Francoforte ero stanchissimo e avrei potuto tranquillamente dormire mentre adesso non faccio che fissare le info di volo per verificare ogni 5 minuti la mia distanza dalla destinazione. Sono già stufo e manca ancora tantissimo. Ho bevuto un bicchiere di vino e non mi è servito a niente, mi ci vorrebbe una bottiglia. Bisognerebbe sempre volare con una buona bottiglia di merlot nel bagaglio a mano. Piccola considerazione sugli aeroporti: devo dire che i tedeschi sono grandi. Arrivando dal corridoio degli arrivi di Malpensa in ricostruzione (o demolizione), con il caos onnipresente che aleggia nell’aria, mi ha fatto veramente piacere arrivare nell’affollato ma efficientissimo aeroporto di Frankfurt. Tutti presi dal lavoro, indaffaratissimi, nessuno che cazzeggia in questo enorme hub aeroportuale. Quando si dice “efficienza tedesca”. Ma anche noi svizzeri siamo abbastanza simili.
Ora sto mangiando. Ho scelto “beef” e sono finalmente arrivato al terzo bicchiere di rosso. Ho preso il secondo bicchiere pasteggiando poi mi sono accorto che una hostess ripassava chiedendo se qualcuno desiderasse un refill. Ho immediatamente tracannato il mio bicchiere e me lo sono fatto riempire nuovamente. Così va bene, adesso si comincia a ragionare mentre questa bianca supposta spaziale scivola ben lubrificata accanto alle isole Shetlands. Sto scrivendo tutto con il solo ausiglio del mio telefono e giuro che se tutto quello che ho scritto va a puttane come successe due anni fa in Scozia, appena atterro a San Francisco lo butto nel cesso dell’ aeroporto e vado dritto a comprarmi un Samsung. Non fregarmi, cazzo!

Mancano 8080 km alla destinazione finale e sul monitor della mia poltroncina comincio ad intravvedere la calotta bianca del Vatnajökull, nel cuore dell’Islanda, enorme presenza glaciale d’Europa. Adesso comincio a rompermi un po’ i coglioni a forza di scrivere. Mo mi sparo in cuffia un po’di Mastodon.

Questo pomeriggio sono finalmente giunto in California. Ho noleggiato una Jeep bianca che forse diventerà un po’ meno fornace nel deserto (e anche un po’ meno bianca). Sono uscito dall’aeroporto e ho preso la prima tratta della 101 south, poi ho tagliato verso la 1, verso la costa all’altezza di Half Moon Bay, attraversando dei profumatissimi boschi di eucalipto ascoltando Gillian Welch.

Santa Cruz distava circa 50 miglia e ho fatto veramente fatica a restare sveglio.