Into the pandemonium

nebbia

Una piccola nota la merita un brano leggendario che ho ascoltato questa mattina scendendo in auto verso la città. Avvolto nella nebbia ancora scura della prima mattina facevo headbanging con le martellate pesanti dei Celtic Frost. Che brano pesante, cementificato, tutto d’un pezzo!

Inner Sanctum dall’album Into The Pandemonium del 1987

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Zurigo – Mendrisio – Milano

Questo pomeriggio è cominciata la mia piccola maratona di concerti che si concluderà a Milano lunedì prossimo con gli Opeth all’ Alcatraz. Se il finale sarà dunque pirotecnico anche questa sera però comincio con il botto qui alla Gessneralle di Zurigo con Brad Mehldau e Chris Thile, pianoforte jazz assai versatile e contaminato e mandolino bluegrass in origine che oggi può suonare qualsiasi cosa la mente umana riesca ad immaginare. Due talenti immensi che assieme non possono che fare scintille. Grande serata dunque. In modalità e formazioni diverse li ascolto entrambi da diversi anni, Mehldau con Metheny dapprima e da solista poi con le sue strabilianti reinterpretazioni (quella dei Radiohed mi é rimasta veramente impressa) poi, guarda il caso, anche Thile si è confrontato con la band di Thom Yorke cantando i Radiohead con i Punch Brothers. I Radiohead non potranno dunque mancare nella scaletta di questa sera. Si comincia nel migliore dei modi con Thile che canta Scarlet Town di Gillian Welch, una canzone meravigliosa che apre l’ultimo album della regina della “roots music”. Poi si passa da Fiona Apple (Fast As You Can) a Elliott Smith alternate a diverse composizioni di Mehldau. Il duo si diverte poi con un medley che Brad e Chris definiscono “Bluegrass meets Bebop” e la serata si conclude con due bis: Don’t Think Twice, It’s All Right di Bob Dylan e come da previsione l’ultimo pezzo é Knives Out degli Radiohead che conclude una serata perfetta.

Ora sono a Mendrisio, sto gustando un’ottima Pale Ale del microbirrificio MoMo con un pezzo di formaggio forte tipo Roquefort piccante e salato. Sposa alla perfezione con questa birra. Tra poco meno di un ora assisterò al concerto dei Krüger Brothers che già vidi qualche anno fa ad Altdorf nel canto Uri. Questa band svizzera trapiantata in North Carolina é una delle espressioni più autentiche, autorevoli e consolidate della musica bluegrass. Jens Kruger fa già parte dei gradissimi banjoist mondiali. Il suo tocco unico, delicato e dinamicissimo lo pone facilmente in una categoria a se, in compagnia di pochissimi altri. Il suo nome viene spesso accostato a quello di Bela Fleck per la capacità di portare questo strumento della tradizione bluegrass e irlandese in territori inconsueti. Jens Krüger pizzica le corde del suo banjo con una sensibilità da musicista classico.
Questa sera a Mendrisio ho fatto un bel viaggio nel blues, nel jazz, nel country, nella musica da camera e nella musica epica del west americano.

Ieri sera infine il concerto degli Opeth all’Alcatraz di Milano che mi ha veramente gratificato e mi ha fornito la giusta dose di rumore complesso dopo due concerti all’insegna della musica acustica.

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Thursky Natural Cask Strength Whisky

In fin dei conti il fatto che si beva del whisky prodotto da una distilleria chiusa da anni, o ancora meglio, demolita, crea un curioso senso di soddisfazione ed é innegabile che ci si senta privilegiati a poter assaggiare del whisky che in ogni caso, col passare degli anni, diventerà sempre più esclusivo, caro e irreperibile. Non posso negare che a volte subentri anche  una certa mania di collezionismo che però ho sempre cercato di frenare, castrandola sin da subito con l’assaggio, che, invero, toglie immediatamente ogni bottiglia che viene stappata dallo stato di oggetto da collezionismo. La storia del whisky scozzese ha visto scomparire un folto gruppo di distillerie che producevano whisky pregiati e apprezzati (Port Ellen, Brora, North Port, Coleburn, Convalmore, Linlithgow, Banff, Glenlochy, Glenugie, Glenury per citarne alcune).
Mi procura sempre un’incredibile soddisfazione ogni nuova bottiglia di Port Ellen che riesco a scovare o qualche bottiglia superstite di Rare Malt della Diageo.

Questa premessa mi serve per dire che infine anche la Svizzera ha la sua distilleria chiusa che produsse in passato un ottimo whisky che ottenne 93 punti tondi tondi sulla Whisky Bible di Jim Murray. Sto parlando della Distillerie Egnach, sulle rive del lago di Cosatanza che nei primi anni del terzo millenio produsse un ottimo whisky con un nome piuttosto imbecille a dire il vero, il Thursky, cioé il whisky prodotto nel canton Thurgau. Il loro motto era: “Thursky, Der Echte Thurgauer Single Malt Whisky“. Qualche anno fa scrissi che mi trovavo di fronte ad un whisky in via di estinzione probabilmente. Alcuni rivenditori di whisky avevano ancora in magazzino qualche bottiglia di Thursky nel 2007 / 2008. Poi nel 2011 mi contattò un appassionato di whisky slovacco che di nome faceva proprio Thursky. Mi chiese come poteva comprare la bottiglia di whisky della Distillerie Egnach che avrebbe sicuramente fatto un bel figurone nella sua bacheca di malti. Mi ripromisi di aiutarlo e cominciai la ricerca. Allora facevo spesso delle spedizioni attraverso tutta la Svizzera centrale alla ricerca di ogni bottiglia reperibile di whisky svizzero. Passai al setaccio tutta la costa del lago di Zurigo, il canton San Gallo, Svitto, Berna, Soletta, Appenzello. Mi godevo alla grande questi viaggi dai quali non tornavo mai a mani vuote. Di Thursky però nessuna traccia. Le ultime bottiglie disponibili online erano già state vendute tutte da tempo e i pochi altri rivenditori di cui avevo informazioni non ne avevano più. Basta dunque, il discorso Thursky sembrava essere chiuso.

Sembrava…

Ho scoperto non più di una settimana fa che del nuovo Thursky é appena riemerso dall’oblio dopo un letargo durato 12 anni in tre botti ex-Sherry Oloroso. Un lotto di 899 bottiglie che compongono l’edizione finale di questo whisky prodotto dal Master Distiller Ernst Häberlin. La differenza con il Thursky classico risiede oltre che nella maturazione più lunga anche nella gradazione. Il primo Thursky era imbottigliato a 40% Vol. mentre qui si é scelta la gradazione della botte con 52% di volume d’alcol.

ThurskyLo scettro del whisky svizzerò più vecchio é dunque passato di nuovo di mano. Il vecchio record era detenuto dall’Öufi Swiss Single Malt con 11 anni di maturazione davanti al Bergsturz di 10 anni.
Il Thursky Natural Cask Strength Whisky, 12 Years – Final Edition é ora il whisky svizzero più vecchio ma questo record é destinato ad essere battuto, chissà, magari da un altro Thursky tenuto segretamente prigioniero in qualche cantina svizzera. A dire il vero mi aspetto grandi cose per i prossimi anni dalla distilleria Locher in Appenzello. Hanno sicuramente riserve di whisky più consistenti e negli ultimi anni hanno cominciato a produrre diversi whisky con maturazioni interessanti. Il Säntis Alpstein Edition con 5 anni e Säntis Malt Cask 1144 con 8 anni sono un segnale incoraggiante. Sono oramai passati gli anni in cui chi produceva whisky in Svizzera si accontentava di raggiungere la maturazione di 3 anni per allinearsi alle norme scozzesi (presumo). Oggi le punte di diamante della produzione elvetica hanno alle spalle più di 10 anni d’esperienza e i più lungimiranti anche scorte altrettanto vecchie.

Intanto ascolto un magnifico trio, Haas Kowert Tice. American roots potrebbe essere definita la loro musica, potrei anche dire bluegrass ma sarebbe forse meno appropriato. Brittany Haas (violino) arriva dai Crooked Still, Paul Kowert (double bass) suona con il supergruppo dei Punch Brothers e Jordan Tice (chitarra) ha suonato in diverse formazioni bluegrass oltre a pubblicare la sua propria musica come solista.

La Scozia mi chiama

L’ultima volta che andai in Scozia, poco prima di raggiungere le isole Orcadi, mi accaddero un paio di piccole catastrofi. La prima fu difficile da digerire. Uno dei motivi che mi avevano spinto in Scozia era l’idea di scattare panoramiche in ogni distilleria che avrei visitato ma quando distrussi la Nikon D70, che in mezzo ad un morbido prato un po’ muschiato cadde sull’unica pietra presente andando in frantumi, mi venne una fitta al cuore. Ero al culmine del mio giro in Scozia, ad un paio di giorni dalla visita alla Highland Park Distillery, e non avevo più una macchina fotografica per scattare le panoramiche.

L’altro mio passatempo quando viaggio é quello di scrivere su questo blog e giunto a Gills, da dove partono i ferries per le Isole Orcadi, avevo terminato di scrivere l’ultima porzione di un mega-post epico che mi apprestavo a pubblicare sul blog con le impressioni che avevo raccolto durante tutta la settimana di viaggio. Stavo utilizzando la versione per iPhone di WordPress e senza rendermene conto cancellai tutto senza alcuna possibilità di recuperare quanto avevo scritto con fatica.

La sfiga stava perseguitandomi.

La visita a Kirkwall e soprattutto alla Highland Park Distillery furono grandi momenti di gioia orzo-maltata. Comperai il loro New Make Spirit e qualche gadget.
Poche distillerie hanno stock sufficienti per produrre annualmente una linea di whisky invecchiato 40 anni. Highland Park realizza una bottiglia da 70cl con un prezzo assolutamente proibitivo che si aggira attorno alle 1500 £. Vendono però una sorprendente miniatura con tanto di scatola in legno con cerniere metalliche a 75 £. Anch’essa una follia ma non resisto alla tentazione.

Allora, con la rabbia per i due incidenti occorsi ne parlai velocemente ma non pubblicai nessuna foto di questa miniatura e mi ripromisi di farlo in seguito. Oggi pongo rimedio.
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2014-09-16-18.33.2320140916_182941_AndroidIntanto sto ascoltando Swarm di Atomic Ape, la band nata da uno scostolamento degli Orange Tulip Conspiracy del chitarrista Jason Schimmel. C’é anche Trey Spruance (Secret Chiefs 3, Mr. Bungle).

Come con gli OTC anche questo disco offre un misterioso viaggio attreverso una miriade di stili e influenze, jazz, medio orientale, balcanica, greca, est-europea, prog rock, big band, punk e eccletticismo a profusione per chi non si stanca mai di niente e ha sempre voglia di qualcosa di nuovo, di una sorpresa e del cioccolato.

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Per le strade di San Francisco

Il primo pezzo di carta che trova posto nelle mie tasce ogni volta che arrivo a San Francisco é sempre lo stesso. Poi con il passare delle ore si spiegazza, si lacera e spesso si distrugge.
In verità potrebbe anche non servire, conosco la città abbastanza bene. Ma quando non ti ricordi se Post St. viene prima o dopo Sutter St. o se per andare a Haight Ashbury col Muni devi scendere a Duboce Park oppure a Cole St. questa mappa diventa irrinunciabile come una pizza da Escape from NY e una visita ad Amoeba Records.

San-Fran

Railroad Earth e High West Whiskey

Wow! Devo riconoscere che non mi capita spesso di ascoltare un nuovo disco e di rimanere, traccia dopo traccia, talmente sorpreso dall’ascolto da continuare a ripetermi “wow, fantastico”. Mi é capitato questa mattina. Scendendo dalle montagne per andare al lavoro, in auto, ho deciso di dare il primo ascolto al nuovo album dei Railroad Earth, la newgrass rock band che cominciai ad ascoltare qualche anno fa grazie ad un album acquistato esclusivamente per la copertina. Allora si trattava del doppio live Elko, un fantastico mix di spontaneità, jam music e bluegrass-rock. Comprai in seguito altri loro album, tutti discreti anche se la loro formula dal vivo mi é sempre piaciuta più dei lavori in studio.

Railroad Earth-Last of the OutlawsLa settimana passata, concludevo la mia vacanza statunitense a San Francisco con il consueto pellegrinaggio da Amoeba Music in Haight st. Tra i numerosi dischi che sono tornati a casa con me c’é il loro ultimo lavoro. Ascoltando Last Of The Outlaws mi rendo conto che i Railroad Earth vanno ben oltre il genere nel quale sono collocati.

Il primo brano, Chasin’ a Rainbow, apre il disco con lo stile classico della band ma é con le prime note della title track Last Of The Outlaws che cominciano le nuove emozioni. Un brano bisbigliato, atmosferico e intimo che rivela un nuovo approccio.

In seguito un altro brano che mi riporta in territori familiari.

Parte ora All That’s Dead May Live Again / Face With A Hole, una suite di 20 minuti composta da diversi movimenti musicali: dal sapore vagamente celtico in principio per passare poi ad un piglio rock e scivolare in seguito su note più jazz. Ci sono istanti in cui mi sembra di ascoltare la PFM di metà anni settanta (penso a Celebration). Infine posso anche dire di averci sentito dentro anche un pizzico di Radiohead e in seguito Wilco.

In molti lo definiscono un lavoro ambizioso. Sono d’accordo e questa nuova strada, più complessa ed evocativa, dei Railroad Earth mi piace assai.

Veramente non male per una newgrass band del New Jersey!

High-WestApro anche la bottiglia numero 2352 di High West Whiskey, imbottigliato a Park City, Utah. Dunque da questo magnifico stato del sud-ovest americano, oltre ai mormoni, arriva anche dell’ottimo rye whiskey. Ad essere precisi, in questo caso, si tratta di un riuscitissimo blend di due rye whiskies “esotici” come li definiscono loro, provenienti da est (Kentucky presumibilmente). Un giorno riuscirò forse ad assaggiare dello spirito distillato da questa distilleria ma per il momento mi “limito” a gustare questo eccellente sodalizio di un rye whiskey di 6 anni con una sorprendente combinazione di 95% di segale e 5% di orzo maltato e un rye whiskey di 16 anni con 80% di segale, 10% di mais e 10% di orzo maltato. In questa particolare miscela ad alto tasso di segale risiede la peculiarità di questo whiskey. Infatti la grande maggioranza dei rye whiskey in circolazione presenta percentuali di segale tra il 51% e il 53%. Questo dovrebbe essere il vero gusto di un rye whiskey americano!

The Last Supper

Ok, la mattina di quest’ ultima giornata piena qui a San Fran comincia con l’ acquisto di un paio di nuove bottiglie di whiskey americano. High West, un blended rye whiskey di Park City, UT di cui si parla tanto bene anche se qualche titubanza mi ha sempre un po’ frenato dal momento che la gran parte del blended che loro producono viene da un’ altra distilleria.
Poi una micro-bottiglia (si, ancora più piccola del Manhattan Baby Bourbon) di Kings County Distillery, Brooklyn, NY.
Intanto ho appena terminato un gratificante Mushroom Swiss Burger, il primo burger che mangio da quando sono artivato in USA, incredibile.

Ora sono le sette e mezza e sto in un pub con una Sierra e mi sento fottutamente bene. Mi mancheranno questi momenti, cristo. Sto guardando Bull Riding sullo schermo di questo fantastico bar. Potrei trascorrere così il resto della mia vita, dico ora, mentre mando giù la seconda Sierra. Poi stasera avrò sicuramente bisogno di una degna steak house per decretare la fine del mio trip in modo solenne. Intanto “Californication” dei Red Hot in sottofondo. Appropriata direi. Chiude bene. Ora steely Dan, io sono un po’ rotondo e non potrebbe andare meglio “back, Jack, do it again” canta Donald Fagen e io mando giù una gratificante sorsata di Sierra pensando alla steak.

I tori sono animali mostruosi, fanno veramente una fottuta paura, sono enormi, mille chili di muscoli e incazzatura.

Dunque questa sera avrei voluto terminare con una bella steak. Mi sono cercato un posto in California st. Dopo la punuale camminata interminabile, e dopo aver appurato che una bistecca da 22 oz. costava 57 $, sono andato a cercarmi un altro posto. Ecchecazzo, è una steicaus, perdindirindina, non una stella Michelin. Mi sono ritrovato a girovagare al calare delle tenebre alla ricerca spasmodica di un posto in cui mangiare. Ho finalmente messo piede in un ristorante tailandese. Vediamo. Voglio solo ricordare che oggi ho camminato senza sosta per quasi 6 ore. E quando dico senza sosta non scherzo. Intendo dire che non mi sono mai fermato, se non per scattare una foto o filmare qualcosa.

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Puttana, ma quanto è stata soddisfaciente questa cena tailandese? Non potevo desiderare di meglio. Una zuppa caldissima e deliziosa che mi ha riscaldato bene il ventre e poi un altro piatto dal nome impossibile da ricordare ma a base di mare, con gamberi, conchigliame, pesce e verdurame assai speziato. Tutto servito su uno di quei piatti, tipo ghisa, appoggiati su un vassoio di legno, che mantengono la temperatura per ore o addirittura settimane. Così si fa, diamine, se si serve una pietanza calda tutto deve essere finalizzato alla consumazione di un piatto caldo da parte del cliente.
Anche se non ha nulla a che vedere con la cucina tailandese ho terminato la cena con un bicchiere di cabernet sauvignon che adesso sta chiudendo alla perfezione qui tra Sutter e Jones.

Full immersion a pancia tesa

Prima giornata integrale di SF. Finalmente è spuntato il sole nel senso che la nebbia pacifica si è diradata e adesso tutto si sta scaldando un po’. Ieri sera faceva veramente troppo freddo per una giornata di luglio.

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Ho consumato un’abbondante cena cinese ieri sera, con una gran bella verdurata di pack choi e del manzo alla mongola, tutto accompagnato da del benefico tè al gelsomino. Unico problema è il fatto che per ritornare in Geary, dove alloggio, ho dovuto esporre il mio ventre tumido alle sferzate del vento dell’oceano, potenziate dalle file di costruzioni che come veri e propri tunnel del vento convogliavano tutto il gelo sulla mia pancia tesa, che seppur protetta da un sempre più spesso strato di lardo di Certara, non poteva custodire e proteggere il delicato processo di digestione che aveva luogo all’interno.
Oggi ho un antipatico mal di pancia ma spero che tutto si fermi li. Ho intenzione di scattare l’inverosimile oggi. La luce è quella giusta. Devo anche trovare una felpa.

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Ho finalmente fatto tappa da Escape from NY in Haight st. e mi sono sparato due slices monumentali, cheese and pepperoni (salame in verità) mentre ora sono al bancone del Magnolia e mi guarisco con una deliziosa e speziatissima Prescription Pale. magnoliaMi sta veramente rimettendo in sesto. Dovrebbero prescriverla i medici e le Assicurazioni Malattia dovrebbero coprirne i costi. Cazzarola come sto meglio mentre Nancy Sinatra canta “This Boots Are Made For Walking”.

Mamma mia che camminata che ho fatto oggi. Da Haight-Ashbury fino in centro e poi su e giù per le colline a visitare la Coit Tower, il Pier 39 con pochissimi sea lions, non sarà stagione, e ora a riposare in un pub con una Anchor Steam davanti. Eh ma se ci fosse un posto come questo a Lugano io ci passerei tutte le serate dopo il lavoro.

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Seconda serata sanfransischese e seconda cena. Questa volta giapponese. In apertura chicken tempura e poi sushi combo. In questo momento riesco a bere solo tè caldo. La mia pancia non si è ancora veramente ripresa e anche se ho una gran fame spero solo di non vomitare tutto sul tavolo. Sono tornato in albergo alle 19 e ho fatto un bagno terapeutico per scaldare la pancia. Questa serata è per fortuna meno gelida di quella di ieri e maglietta e camicia a maniche lunghe dovrebbero bastare.
Mega-mangiata anche stasera! Però a guardare i cuochi, uno di loro é sicuramente messicano.
Anzi mo che li guardo bene mi sembrano tutti messicani. Parlano in spagnolo. Forse uno ha chiamato l’altro Pedro…
Ma un giapponese del sud assomiglia magari un po’ a un messicano? Oppure, ci sono dei messicani che sembrano un po’ giapponesi? Questo si, dai. Un paio di camerieri sono però sicuramente orientali. Ho comunque mangiato bene e questa è l’unica cosa che conta anche se la miso soup sembrava molto un minestrone.

101 South a tutta birra

Ohhhh, sollievo! Ho anticipato di un giorno la consegna della Jeep e sono dunque sceso a San Francisco molto velocemente. Oregon e costa sono belle iniziative ma in fondo mi importa sega. Io vengo in questo paese per il deserto, dunque California, Nevada, Arizona, New Mexico e Utah e per alcune città imperdibili. San Francisco è una di queste. Mi sto già immergendo nel mood giusto qui alle sette di sera mentre mando giù una deliziosa Anchor Steam al Vesuvio in Columbus Ave.

Questo locale è bellissimo: ampia balconata in legno, luce soffusa, un sacco di roba appesa ai muri, vecchi articoli di giornale, quadri, enormi specchi, Led Zeppelin in sottofondo, lampadari liberty con vetri colorati.

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Questa sera si mangia cinese. Ho addocchiato un paio di locali in una laterale di Kearny st. tra luridi vicoli nascosti e vecchissimi cinesi mendicanti in Jackson st. Ci manca solo Snake (Jena) Plissken!
Ah che figata dentro questo ristorante! Mi sembra di essere tornato a Beijing. Parlano tutti cinese qui attorno a me e mi tornano in mente le cene interminabili in Dongzhimen a nord est della città proibita, allora si trattava della cucina dello Sichuan con il suo abbondantissimo uso del peperoncino.

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Domani sono d’obbligo un paio di slices di pizza da Escape from New York a Haight-Ashbury.