McLean, TX

Direi che è finalmente giunto il momento di cominciare a pubblicare alcune delle panoramiche scattate l’estate passata durante il mio ultimo viaggio attraverso gli Stati Uniti d’America.

La panoramica che pubblico oggi racconta di un mio tipico pomeriggio esplorativo a caccia di edifici dismessi e diroccati lungo la Strada Madre. Mi trovo a McLean, Texas settentrionale, su in cima, nel “panhandle”, quella porzione squadrata di Texas che si infila tra Oklahoma e New Mexico. La 66 scorre dritta attraverso un paesaggio piatto fatto di praterie. Di tanto in tanto si attraversano queste cittadine post-atomiche dall’aspetto quasi disabitato prive di attività e vita, apparentemente. A McLean, come dicevo, passo veloce accanto ad una vecchia pompa di benzina oramai abbandonata chissà da quanti anni. Non ho più neanche bisogno di vederla e comprenderla, tanto sono abituato. Mi basta che entri nel campo visivo e anche se non ci ho fatto caso, il mio cervello la registra e me la notifica. Mi fermo, faccio inversione di marcia e mentre torno indietro già penso a dove potrò parcheggiare in modo che la mia auto resti completamente fuori vista alla panoramica che probabilmente scatterò. Una procedura oramai diventata automatica. Parcheggio dietro un piccolo magazzino, prendo macchina e cavalletto e mi dirigo verso il rudere. Mano a mano che mi avvicino si conferma l’impressione quasi subcosciente che avevo avuto passandogli accanto in automobile la prima volta. Sembra magnifico. Il caldo é opprimente, l’aria immobile. Ho già la maglietta appiccicata al petto e sto sudando. C’é un silenzio quasi cinematografico, come quello dei film western, quando lo straniero entra nella cittadina apparentemente disabitata, percorrendo la via principale, quella in cui si svolgono i duelli all’ultimo sangue.

Sono davanti all’edificio. faccio un giro a 360 gradi con lo sguardo. Vedo la strada che arriva e che riparte, tutta deserta. Arrivo sotto la tettoia che probabilmente un tempo ospitava le pompe di benzina. Manca la porta d’ingresso. Mi avvicino e getto uno sguardo all’interno.

Un forte rumore rompe il silenzio. Mi blocco un istante mentre da una fessura che dalla facciata esterna porta al sottotetto interno si gettano in volo all’esterno una decina di piccioni ai quali ho probabilmente disturbato l’ora della siesta. Mi infilo all’interno di questo locale, scorgo un soffitto ribassato parzialmente sfondato e un caos di detriti in ogni angolo. Una gioia per gli occhi. Non potevo desiderare niente di più fotogenico in questo pomeriggio d’estate nel cuore dell’America. Una tazza del cesso é stata trascinata fuori dal bagno e sta li, quasi bella di fianco a una vecchia poltrona sgualcita. Calcinacci e farraglia ovunque, autoradio scassate, barattoli vuoti e roba arrugginita, vetri rotti e merda di piccione ovunque. Piazzo il trepiede, metto in bolla la testa panoramica e comicio a leggere le esposizioni con la Fuji S3 Pro.

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la scoperta di questo rudere mi ripaga tutta la giornata.


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Old Taylor Distillery, Woodford County, Kentucky

Un paio di mesi fa leggevo su bourbonenthusiast.com, un blog interamente dedicato al whisky americano, delle esplorazioni fatte da alcuni blogger nei pressi di Frankfort in Kentucky per fotografare le rovine di una distilleria dismessa.

Sulle sponde del Kentucky River si trova la celebre Buffalo Trace Distillery che non ha bisogno di presentazioni. Viaggiando lungo il Glenn’s Creek, invece, ci si imbatte dopo qualche chilometro nella Old Taylor Distillery in rovina.

Un festival di “No Trespassing” cerca di scoraggiare i curiosi ma il desiderio di scattare qualche bella panoramica é troppo forte e così scavalco il muretto di cinta e comincio la mia perlustrazione clandestina.

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Route 66 – Joplin, Missouri, dopo il tornado

La perlustrazione della route 66 é cominciata tranquillamente questa mattina con una partenza rilassatissima da Springlfield, Missouri in direzione del confine con l’Oklahoma con un breve passaggio in Kansas. Ho ammirato le pompe di benzina restaurate di Spencer MO, Galena KS e Commerce OK, poi anche un bellissimo Drive-in a Carthage, MO.

Dopo avere scattato delle foto a questo cinema all’aperto proprio mentre sto risalendo in automobile si avvicina un signore. In questi casi sei sempre pronto a sorbirti una qualche lamentela per qualche misterioso motivo e allora mentre questo signore si avvicina già mi preparo mentalmente alla mia difesa. Con mia sorpresa il signore si avvicina addirittura solo per ringraziarmi di aver rispettato i divieti di passaggio attraverso la sua proprietà che erano comunque più che chiari. Mi chiede subito da dove arrivo. Questo giochino lo fanno tutti qua, sempre, non appena ti avvicinano, per avere smentite o conferme in merito a qualche loro convinzione sul comportamento degli stranieri sulla loro terra. Il proprietario del cinema mi dice che senza dubbio i turisti più indisciplinati sono i francesi seguiti a ruota dai tedeschi. Lo ringrazio anche io e parto alla volta di Joplin a poche miglia dal confine con l’Oklahoma. Due anni fa presi la 66 proprio in questa cittadina arrivando da Little Rock ma oggi mi avvicino con un po’ di inquietudine. So che il 22 maggio scorso Joplin é stata devastata da un tornado e ho veramente voglia di andare a dare un’occhiata.

Questo é quanto é accaduto il 22 maggio 2011:

Arrivo a Joplin ed entro in città percorrendo la 66 lungo la strada principale che sfoggia con orgoglio due file di palazzi d’epoca in mattonelle rosse. Tutto il centro é ordinato e pulito e anche elegante. Giro la testa un po’ da tutte le parti per vedere se riesco a scorgere i segni del passaggio del tornado ma non vedo nulla. Ad un certo punto la 66 gira a destra e nonostante io voglia seguirla, continuo dritto sperando di trovare qualche segno del tornado più avanti. Mi tengo a mente il nome della strada per ribeccarla al mio ritorno e comincio la salita verso una collina a sud del centro. Tra me e me mi dico: “chissà dove sarà passato il tornado, magari in qualche quartiere in un angolo di periferia, e vallo a trovare…”

Non faccio in tempo a terminare il mio pensiero che in un secondo mi accorgo di essere entrato in un altra dimensione. Non ci credo. Solo 5 secondi prima stavo ammirando gli eleganti edifici, sedi di banche e compagnie assicurative e adesso in un attimo ci sono cumuli di macerie ad entrambi i lati della strada. Giuro che mi sono corsi i brividi lungo la schiena. La devastazione oltre il culmine della collinetta é totale e c’é come una linea che delimita le case che si sono salvate da tutto il resto. Oltre quella linea non é rimasto in piedi niente per una striscia di devastazione che davanti a me, lungo la strada che sto percorrendo si estende per circa un chilometro, mentre a destra e a sinistra a perdita d’occhio.

Questo é ciò che ho filmato oggi primo luglio, 5 settimane dopo il passaggio del tornado:

Una cosa che mi sconvolge sono gli alberi ai quali sembrano esser stati strappati tutti i rami. Sono addirittura scortecciati, ci sono centinaia di volontari che stanno sgomberando le macerie e passato un momento di sconvolgimento mentale mi infilo in una via laterale dove parcheggio. Prendo cavalletto e macchina fotografica e comincio a camminare abbastanza sgomento. Molte strade sono bloccate e dunque mi avvicino ad un volontario per chiedergli se posso scattare delle foto. Non vorrei urtare la sensibilità di nessuno. Ci sono famiglie che ancora stanno tirando fuori dalle macerie le proprie cose e mi devo ricordare che qui cinque settimane fa sono morte 150 persone. Nessun problema mi dice e allora comincio a girare. In diverse zone c’é un forte puzzo… é puzza di cadavere, é così… ma saranno probabilmente animali rimasti intrappolati sotto le macerie, chissà.

In giro per strada c’é di tutto, libri, cd, orsacchiotti di peluches, sedie, roba rotta, lamiere attorcigliate, scarpe, vestiti. I volontari stanno lavorando a 38°C all’ombra, dei veri eroi.

Carne, birra e deserto

Comincio ad avere un prepotente bisogno di assaporare una gustosa bistecca al sangue con una bella caraffa di birra gelata da qualche parte nel sudovest americano. Sto immaginando di guidare per ore lungo le strade desolate nel deserto, mi vedo nell’ultimo pomeriggio a guidare nella solitudine della natura, sporco di sabbia rossa, con beef jerky a portata di mano, in attesa di trovare una tavola calda in cui mangiare una sontuosa t-bone steak e un motel in cui franare. L’auto tutta sporca, con le mappe stradali tutte stropicciate e strappate, sigarette per terra e tabacco sui sedili, bottiglie d’acqua vecchie di una settimana tutte gonfie, i bicchieri del caffé vuoti con il coperchio in plastica, un cesto di birra bollente nel baule, qualche strana micro-brewery dal nome evocatore. Tante foto scattate, sassi raccolti, impolverati e incrostati, legni secchi, contorti e colonne sonore meravigliose.

Adesso stappo una Sam Adams. Ne ho bisogno come di una medicina. Bottiglia bellissima, famigliare, fa parte delle mia memoria e della mia storia ormai.

Voglio vedere le lucertole e i serpenti, gli strani e inquietanti buchi nella terra secca del deserto, le gallerie sotterranee scavate dai cani della prateria, i piccoli cespugli secchissimi tutti gialli che se però ti avvicini rivelano del verde delicatissimo e sorprendente.

Sassi, colori, tracce di animali. Lattine schiacciate, vecchissime sul ciglio della strada, e cocci di vetro marroni e verdi, fondi di bottiglia. Rifiuti, ferri vecchi e arrugginitissimi, cinquecento anni di ruggine, assi di legno con chiodi arrugginiti piantati disordinatamente, stoffe vecchie sbiadite, strappate e plastiche spaccate, catapecchie di legno distrutte, legno vecchissimo, secchissimo e durissimo. Copertoni lacerati a brandelli sulla strada. Animali schiacciati incrostati sull’asfalto, consumati e prosciugati, saguari, chollas, aria caldissima, cielo azzurro e polvere che si alza mentre la calpesto con la testa che pulsa, la fronte imperlata di sudore, i capelli bagnati, il collo che brucia, tutto abbracciato dalla calura e dal silenzio.

Neanderthal

Ghoog! questo é il suono che ho emesso un istante fa mentre franavo al suolo scivolando su una lastra di ghiaccio. Ma che razza di gemito é “ghoog”? Un verso di origine preistorica? Un qualche strano retaggio neanderthaliano tornato alla mente in un momento di pericolo imminente?
Mi ritrovo con un braccio escoriato e il gomito destro sbucciato ed é uno splendido sabato pomeriggio nei boschi sopra Certara. Questo é stato il prezzo da me pagato per portare a casa una manciata di scatti fotografici:

Oggi ho assaggiato dopo pranzo una nuova bottiglia di whisky svizzero, B1 swiss lowlander della Brunschwiler Brennerei di Gossau. Colore molto pallido e dunque abbastanza corretto dal momento che questo distillato ha trascorso veramente una piccola parte della sua vita all’interno di una botte (solamente un anno). Un buon profumo di prugna e banana e qui non vorrei passare per uno di quei degustatori che si fanno notare con i loro strampalati accostamenti olfattivi e gustativi ma io forse percepisco anche un profumo di torta di ricotta. C’é questo odore curioso che altrimenti non saprei veramente come definire, come una strana sensazione di formaggio, anche se inizialmente non me ne accorgevo, ma che non litiga con la frutta però.

L’assaggio rivela una buona percentuale d’alcohol e il gusto molto leggero ha un inizio molto timido e piatto che si riscatta con un finale abbastanza lungo seppur poco complesso. Abbastanza secco e sempre fruttato come tutti i distillati di malto neonati. Direi che il gusto leggero e poco strutturatto fa un favore a questo distillato che fortunatamente con il suo 48 % Vol. guadagna un po’ di grinta.

Sherry autunnale

Scritto mercoledì passato.

Fantastica giornata autunnale oggi, con il sole caldo che era mancato le settimane passate. Sto mangiando uno spuntino semplice, semplice, pane e formaggio dell’alpe qui sopra a casa mia. Bevo un buon bicchierino di Sherry Osborne Oloroso (sito bruttissimo), semplice, semplice rispetto all’invecchiatissimo Tradicion ma piacevolissimo in questo momento anche pensando alla brevissima visita presso Bodegas Osborne qualche mese fa a El Puerto De Santa Maria.

Bodegas Osborne in Spain

Sole di mezzanotte

A Capo Nord tra il 14 maggio e il 31 luglio il sole non scende mai sotto la linea dell’orizzonte. Questa panoramica scattata alle 00:57 di giovedì 22 luglio rappresenta la mia personale esperienza di questo fenomeno. Une delle notti più memorabili della mia vita,  trascorsa in tenda davanti ad un panorama unico.

Mercado de La Concepción, El Puerto de Santa María

Gironzolando di mattina per le strade strette del centro di El Puerto de Santa Maria in cerca di dentifricio e spazzolino da denti mi sono imbattuto in questo magnifico mercato coperto a forma di mezzaluna. Sono stato immediatamente calamitato dal girone del pesce in cui i commercianti preparavano i loro banchi e le donne del paese cominciavano ad affluire per fare le spese. Dopo qualche chiacchera con i pescivendoli ho scattato questa panoramica che ora mi fa venir voglia di pranzare in riva all’oceano.


Mercado de La Concepción, El Puerto de Santa María in Spain

Andalucía

Ok, il momento é giunto, dopo una pizza gratificante si, ma fondamentalmente deludente, come alimento intendo, intrinsecamente sbagliata pressoché sempre. E’ giunto il momento di ricordare i quattro magnifici giorni passati in Andalusia la settimana scorsa. Parto non a caso da una considerazione  che si allaccia al mondo della gastronomia perché il cibo é stato uno degli aspetti fondamentali sui quali abbiamo focalizzato la nostra attenzione.

Durante i quattro giorni trascorsi nel sud della Spagna mai mi sono sentiro cosi “stuffed” come dopo quest’ultima pizza. Ma come é possibile? Venerdì scorso alle 13 e 30 siamo entrati nella migliore taperia di Jerez, il Bar Juanito, dove la cameriera ispanico-russa arriva al nostro tavolo dicendoci: “Vi porto delle tapas e quando ne avete abbastanza mi dite basta?” Siamo usciti alle 17 e 30 e io mi sentivo sazio ma comunque leggero nonostante le 14 portate, le due bottiglie di vino e un Pedro Ximénez di chiusura (viene giù come catrame questo liquido).

Ma torniamo a giovedì 13 maggio 2010:

Questa mattina levataccia da suicidio alle 02 e 50 per essere pronto per la partenza. Raccolgo gli altri compagni di viaggio lungo la strada e si parte verso Malpensa senza intoppi. Giunti in aeroporto però ci attende una coda bovina costante ad ogni tipo di sportello, controllo, bancone, imbarco.

Ora sull’aereo mi sto pregustando mentalmente le delizie dell’Andalusia che tra poco assaggerò. Sono stanco come la merda, ma quella stanca, che esce dal culo e resta li inerte, appesa nell’attesa di un’oscillazione che la faccia cadere.

2 considerazioni birrose, vol./alc. > 5

Guantanamera é il ballo di Mohammed.

A Gibilterra c’é un MacDonald’s in cui fanno degli ottimi Mac Macac.

Strana la vita, cazzo! Sto bevendo una pinta di John’s Smith all’Horseshoe Pub di Gibraltar. Poi una veduta veramente imperdibile dalla Rocca (una delle due colonne d’Ercole in pratica) E’ strana la sensazione che si ha vedendo l’Africa dall’altra parte dello stretto, vicina, li davanti ai miei occhi.

Questo continente enorme sempre lontanissimo, in ogni senso, qui mostra il coppino all’Andalusia. Ci potrei andare a nuoto.

Seguiamo la costa e risaliamo dalla parte atlantica della Spagna del sud. Il paesaggio é puntellato di gigantesche creature metalliche a tre braccia che girano vorticosamente.

Ci fermiamo a Bolonia sul mare per dare avvio al rituale che ci accompagnerà per i prossimi giorni. TAPAS !!! boquerones, puntillitas, cazon e birra Maho. Ora si parte in direzione di Puerto de Santa Maria.

2 pensieri sciolti:

Vergine ma troia! La grande contraddizione maschile…

Macchie oculari, pitiriasi rosea di Gibert e sovrapproduzione di bilirubina

Quindi Sevilla:

Liveliness is the magic word for tonight! Che botta di vita questa magnifica notte a Sevilla mentre aspettiamo di assistere ad un ballo di Flamenco alla Carbonería. Le strade del canto ci hanno offerto tutto quello che potevo desiderare questa notte.

Prima Vino de Naranja, caracoles e carne macha, adesso Agua de Sevilla, un caraffone pieno di una bevanda alcolica tutta ricoperta di panna da mescolare con questa ballerina vestita di rosso che si muove anguillesca, alzandosi la gonna, pestando i piedi a ritmo e puntando fuori i seni, coi capelli neri, ricci, lunghi e un volto che soffre sulla musica.

Sincopi, cambiamenti di ritmo, anticipi spettacolari, la gonna rossa che vola e il Gypsy King che canta sotto, tirando la voce.

PA – PO – PA – PO – PA – PO

TA – TA – TA – TA

PAK ! –  PAH !

Lui che seduto la guarda:

Quiero besarte, quiero carezarte

Porno vestito, da camera. Un bel petto mostrato con proudness. BRAVISSIMA!!! Tetta sofferta, orgoglio. TAK! Orgoglio, passione e ritmo, poi alcohol e questo porno da camera. Intanto c’é una bella senegalese con ottimo scorcio mammario dall’altra parte del palchetto mentre la ballerina si sta caricando come una dinamo e io mi sento totalmente infinito e mondiale questa notte.

Pensierini schizzati:

Il reggae é flamenco marihuana-revisited

Quando la mucca ti punta

Inoltre portiamo a termine una fantastica visita alla Bodegas Tradición di Jerez de La Frontera dove io mi riappacifico con lo sherry che la sera prima mi aveva un po’ deluso. A El Puerto de Santa Maria, durante una luminosa e movimentatissima sagra di paese avevamo bevuto esclusivamente Sherry Fino di fattura mediocre probabilmente ed ero rimasto abbastanza deluso da questo gusto poco aromatico di vino quasi posso, insipido e a tratti pure sgradevole. Nella cantina della Bodegas Tradicion abbiamo invece gustato dapprima direttamente dalle botti poi in un elegante salottino da degutazione tutta la gamma della produzione di casa: Amontillado, Oloroso, Palo Coratado, Pedro Ximenez, Brandy Gold e Brandy Platinum e adesso sono di nuovo in pace.


Bodegas Tradición in Spain

Infine piccole caccole di conversazione rubate ad un tavolo di fianco al nostro, presso il ristorante Tragabuches di Ronda:

“Gli italiani sono i più esterofili e il problema é che la mafia non esiste! Poi devi spiegarmi com’é la mafia spagnola.”


Rollercoaster

Lunedì 15 febbraio 2010

La rincorsa é finalmente terminata questa mattina. Sono le 06.15, sta nevicando e sono riuscito a piazzare la comanda per la bottiglia celebrativa dei 10 anni del comitato di Ardbeg. La rincorsa era cominciata giovedì scorso con la corrispondenza da parte di Ardbeg che annunciava l’imminente uscita di questa nuova bottiglia. Le opzioni d’acquisto prevedevano la comanda tramite bollettino postale oppure con il più pratico e veloce shop online del sito ufficiale della distilleria dell’ Isle of Islay. Ardbeg dava appuntamento  a lunedì 15 febbraio alle 09:00 per aprire le danze. Mi connetto dunque all’orario stabilito, digito diligentemente l’indirizzo www.ardbeg.com e clicco sul tasto enter. Attendo…  Attendo…

Attendo ancora ma niente. Dopo una decina di minuti appare finalmente la pagina d’entrata al sito con l’age check. Metto la mia data di nascita e schiaccio entra. Poi attendo…  attendo… Impossibile connettersi. Mi rendo conto che molti altri, come me, si saranno riversati sul sito di Ardbeg per garantirsi una bottiglia di Ardbeg Rollercoaster e dunque le linee saranno un po’ intasate. Questo balletto va avanti tutto il giorno fino a quando, con una email, la distilleria annuncia il crash del proprio shop online. All’apertura delle 09.00 si sarebbero collegati in 25.000! Finalmente questa mattina alle 06.15 riesco a piazzare la mia comanda per un paio di bottiglie di Ardbeg Rollercoaster.

Lunedì 8 marzo 2010

Anche questa mattina nevicava. Un nevischio leggero, però. Stiamo  vivendo gli ultimi colpi di coda di questo inverno che ha deciso di farci compagnia ancora qualche giorno. Il corriere DHL mi consegna un pacco proveniente dall’ Islay. Il contenuto é liquido e il mittente non tradisce mai. Ardbeg Distillery, Isle of Islay, Argyll, Scotland. Questo é il modo migliore per cominciare la giornata. Nelle ultime settimane mi sono dedicato alla ricerca di bottiglie di whisky prodotto in Svizzera e dopo il sorprendente Thursky sono in attesa di altre bottiglie provenienti da Lucerna, Basilea e canton Berna. Nell’attesa arriva oggi questa bottiglia che festeggia i 10 anni di esistenza del comitato di Ardbeg con un whisky composto da dieci percentuali distinte di 10 annate consecutive, dal 1997 al 2006. Nelle intenzioni della distilleria la selezione contempla tutte le migliori espressioni di Ardbeg, dai picchi di dolcezza agli accordi più torbati. Sull’etichetta lo descrivono come un vero test per l’appassionato più accanito. Sarà in grado di riconoscere le 10 espressioni che lo compongono?

Essendo compito di ogni membro del comitato di Arbeg quello di avvicinare persone ignare ai pregi di questo distillato (sezione 3, punto 8 delle RULES & REGULATIONS del comitato)  io vi esorto: se vi trovate in un momento della vostra vita in cui siete incuriositi dal whisky ma non avete nessuna idea, non sapete come cominciare e magari tutti i whisky vi sembrano uguali, io vi dico che partire con un Ardbeg significa cominciare con uno dei caratteri più forti e riconoscibili nel vasto mondo dello scotch whisky. I whisky dell’Islay sono caratterizzati da un’identità torbata che é presente in tutte le produzioni dell’isola ma credo in effetti che sia proprio con Ardbeg che questa identità raggiunge l’espressione più alta, più autorevole, più celtica. Da Port Ellen arriva l’orzo maltato che passa prima accanto alla distilleria di Laphroaig, quindi alla raffinata Lagavulin e giunge infine da Arbeg. Dopo c’é solo la suggestiva croce celtica di Kildalton, con il suo cimitero, le rovine della chiesa e gli alberi ricoperti di muschio.