Finale

Anche questa sera non ho resistito e su consiglio di Micha da Comano (su skype) sono tornato a mangiare giapponese da Sakana, tra Post e Taylor. Poi se avrò voglia di fare il maiale mi concederò uno spuntino di mezzanotte da qualche altra parte. Chi se ne fotte ora. Qualsiasi cosa va bene adesso. Non vorrei sembrare più giramondo di quanto sono in verità, ma in questo posto mi sembra di aver già mangiato una decina di anni fa.

La Miso Soup, che delizia, sempre! Anche a colazione la mangerei. Ok, é arrivato il sushi – sashimi combo e mi verrebbe voglia di bestemmiare dall’entusiasmo. Devo andare in Giappone, assolutamente, per fare un’indigestione di sushi, un po’ come farei da noi con la pasta. In fondo il pesce perché cuocerlo? Da crudo é fantastico. Bisognerebbe provarlo da vivo, mangiare solo pesce vivo. Un imperativo. Come uno squalo. Mi sono appena sparato in gola un’intera ovulazione di circa un centinaio di potenziali salmoni avvolti nell’alga. Mamma mia che mangiata oggi. Qui ci sono pure dei giapponesi che cenano con me ma mangiano pochissimo in confronto. Bene, ho finito adesso.

Sono allo Swig e mi sto facendo un bicchiere di Stagg a 10$ La mia passione per il Bourbon e nata forse in questo locale qualche anno fa. Io e Eero ci siamo fatti un Bruichladdich di 20 anni o giù di li. Altri clienti attorno si erano fatti coraggio pure loro e invece della solita birra avevano ordinato del whisky. Un paio di giorni dopo ero ripassato per un whisky e avevo chiesto al barista di darmi quello che secondo lui era il miglior Bourbon in assoluto. Mi fu sottoposto il Russell’s Reserve di Wild Turkey. Ottimo, non il migliore, ma da quel momento “I was hooked”, come si dice da queste parti. Conquistato. Ho poi avuto modo di scoprire i miei Bourbon preferiti e quello che sto bevendo ora é uno di quelli. George T. Stagg, già diventato leggendario in Ticino tra gli amici.

Sono le ultime ore di San Francisco, sono seduto al caffé Puccini in Columbus Avenue e sto bevendo un buon cappuccino. Questa mattina ho scoperto che l’albergo in cui alloggiavo non tiene i bagagli fuori dall’orario di checkout. E’ così cominciata la caccia ad un albergo che mi offrisse questo servizio. La ricezionista del Motel 6 in cui ero stato mi ha consigliato di provare presso un grande albergo (Hilton o simili). Il primo tentativo l’ho fatto presso un Best Western ma alla reception mi sono sembrati veramente sospetti: “Mah, vediamo cosa possiamo fare. Aspetta che chiamo il mio capo. George, tu che dici? Lui avrebbe anche l’intenzione di pagare. Adesso vediamo. Quanti bagagli hai? 3 pezzi, gli rispondo. Beh, allora, con qualcosina per bagaglio ci possiamo arrangiare. Ok, grazie. Gli ho detto. Vado a prendere i bagagli e sono qui tra un attimo. Mentre tornavo al Motel 6 pensavo che i due individui che avevo incontrato non mi piacevano per niente. La ricezionista al Motel 6 mi riconferma che se non é un grande albergo devo lasciar perdere. Ne sono totalmente convinto. Vado in cerca di un altro posto. Entro al Westin in Union Square e qui predono i miei bagagli gratuitamente. Hanno una stanza utilizzata appositamente a questo scopo, sorvegliata e i bagagli sono prontamente registrati. Adesso sono seduto al caffe Roma e sto bevendo un ottimo bicchiere di Suave. Mentre me lo serve da una bottiglia aperta il cameriere si da un’occhiata intorno per assicurarsi che il padrone non sia nei paraggi e poi mi dice “Why don’t you take a big sip, fatti una bella sorsata dal bicchiere che nella bottiglia é rimasto ancora mezzo bicchiere”. Eseguo senza battere ciglio e asciugo mezzo bicchiere che lui mi riempie di nuovo. “You see? That looks like a perfect glass of wine to me!” Sono d’accordo.

Dunque, sono seduto di fuori proprio in Corso Cristoforo Colombo, c’é un bellissimo sole e mi godo quest’ultima giornata. Vorrei spendere ancora un pacco di soldi ma a quanto pare il mio progetto di spedirmi a casa una pregiata bottiglia di Bourbon non si concretizzerà perché le poste non spediscono spirits. Mah, sono un po’ meravigliato.

birra-e-calcetto

Giusto per restare in materia di ricordi, sono adesso in un pub in cui io e Pat trascorremmo le ultime ore di Frisco e di USA qualche anno fa, giocando a calcetto bevendo Sierra.

Sto tirando le somme di questa vacanza e sto cercando di capire cosa abbia attirato di più la mia attenzione. I parchi naturali sono stati come al solito una grande esperienza. Particolarmente bello é stato scendere nelle gole del Bryce Canyon e il giro tra i giganti della Monument Valley.

ruggine

Ciò che però ricordo con più piacere, questa volta, é l’inseguimento della 66, soprattutto tra Oklahoma e Texas. E’ stato veramente fantastico percorrerla, cercare di non perderne traccia. Ritrovarsi in un perfetto pomeriggio texano, soleggiatissimo e senza nubi in cielo, ad attraversare una qualche cittadina sconosciuta di non più di 1000 abitanti. Procedere lungo la strada maestra rivisitando i fantasmi del passato, tra autorimesse chiuse e spaziosi motel abbandonati. Impareggiabile! Le insegne scrostate dal sole e dal tempo, le erbacce che si sono impadronite di ogni cosa, le auto morte abbandonate nei garage, con le ruote sgonfie e semi interrate, i sedili distrutti con le molle a vista e le cicale che fanno un rumore assurdo nella calura. Cavallette che saltano ad ogni mio passo, mosche che ronzano in cerca del mio sudore, silenzio praticamente assordante e tutto immobile in questi pomeriggi sospesi, che arrivano da un luogo forse immaginato, nella mia memoria. Un posto al quale ho decisamente pensato prima di averlo visitato.

camionista-religiosoDei pomeriggi post-apocalittici, senza tempo, ora, mille anni fa o tra mille anni, di immagini sbiadite, bianconeri che diventano gialli, gente che invecchia senza spostarsi di un centimetro, l’asfalto che si spacca e il verde che prende tutto lo spazio che trova, l’aria diventa fossile e le ore durano anni. Tutto ciò su cui io poso lo sguardo e morto, chiuso, rotto, chiaro, pallido, bello e affascinante. Ho la chiara e netta impressione che tutto sia esistito sulle note di un vecchio disco, quelle di “Mister Sandman” di Chet Atkins. Ascoltatelo e capirete.

Mister Sandman by Chet Atkins on Grooveshark

Un Jukebox che suona dal passato, un 78 giri con la punta che salta. Rumore di statico, fotogrammi che passano, si incastrano, si fermano e pellicola che brucia. Io mi trovo adesso in questo interstizio di tempo sospeso. Qui non c’é ombra oppure se c’é é lunghissima. Non mi ricordo vie di mezzo. Non mi ricordo persone, mi ricordo di aver parlato con dei fantasmi e questo é quanto. Camminavo scrutando il suolo: una lattina di Root Beer vecchissima e piattissima, veramente sottile e quasi senza colore, un foglietto di carta scritto fitto fitto con chissà quale inutile messaggio dal passato. Un muretto verniciato di verde vomito con strisce di urina e ciuffi d’erba disperata nell’angolo al suolo.

Questo pomeriggio mi sono mangiato un Hamburger per celebrare la partenza in stile americano. Gravissimo errore. Le patate fritte che lo accompagnavano erano tutte ricoperte di pezzetti d’aglio. Sul momento non ci ho fatto troppo caso anche se una vocina mi diceva “fai attenzione! Più tardi potresti pentirtene. Sono passate 5 ore da quel pasto e sto ancora ruttando sbocchi di aglio disgustosi e se non faccio attenzione vomito. Prima in autostrada mentre mi avvicinavo all’aeroporto, c’era traffico e magliette del Barcelona da tutte le parti. Era tutta gente che si recava allo stadio per assistere alla partita di cui ho parlato in precedenza.

Adesso sono seduto all’Hard Rock Café, downtown Atlanta. Sono atterrato questa mattina alle 6 e mezza e dovrò attendere 12 ore prima di ripartire, percui era fuori discussione rimanere in aeroporto tutto quel tempo. Inoltre era freddissimo. Anche sull’aereo era freddissimo. Dove stavo seduto io tirava proprio il vento. Ma adesso ho dovuto ritirarmi in un locale perché c’é una calura umida assurda qua ad Atlanta. Mi trovo proprio in Peachtree St. a pochi metri dallo storico Fox Theater in cui i Lynyrd registrarono il loro concerto One More From The Road nel 75 o giù di li.

fox

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