I feel so REAL!

Rich Franklin é seduto a bordo ring e si guarda sul maxischermo. Gli stanno pulendo un grosso taglio sopra la tempia destra. “That’s a bad one!” dice sorridendo con gli occhi alzati allo schermo. Che eroismo e che sense of humor!

Ma adesso sto pensando, in piedi alle 5 e 30 del mattino. Nel cuore del deserto. Bisogna alzarsi presto per cogliere quest’atmosfera… Si tratta di un momento unico. Arriva tutti i giorni ma lo cogli solo alzandoti presto la mattina. Specialmente nel deserto.

L’aria ha ancora quella freschezza che la notte le ha prestato. Cerco un luogo appartato, lontano da qualsiasi sguardo. E’ abbsatanza importante essere soli, avere la mente sgombra. Respiro a pieni polmoni quest’aria profumata che scivola sopra la terra. In questo istante é chiaro il mio ruolo sulla terra. E’ uno di quei rari momenti in cui conosci il senso della tua presenza terrena. Sai di far parte del pianeta. Tutto é in armonia. La mia presenza ha un’importanza assoluta e indispensabile. Raramente colgo l’equilibrio e il significato della mia esistenza come in questi momenti. So solo che capita ogni tanto, inaspettatamente. Capita. Scruto il suolo.”Egli raccolse” deve pur significare QUALCOSA. Il mio nome ha un senso che in questo momento diventa più chiaro. Tutto ha senso adesso. Ogni granello di sabbia, io che setaccio il suolo, che do importanza ad ogni rugosità, ad ogni pietra, ad ogni mucchietto di sabbia. Alzo lentamente lo sguardo… Voglio celebrare il meraviglioso confine tra il cielo e la terra. Mi faccio portavoce della razza umana in questo istante. Voglio celebare il pianeta. Come un alieno che dopo un periglioso viaggio attraverso le galassie giunge nella meravigliosa serenità della terra incontaminata. Questa sensazione rende un’ emozione commovente, eterna. Mi rimprovero di non aver provato più spesso questo sentimento puro… Come l’arrivo su di una spiaggia dopo settimane di deriva in mare. La venerazione! La gioia. il sollievo.

Poi un tentativo altrettanto commovente di comprendere il lavoro del tempo, il segno del tempo sulla terra. Faccio una panoramica a 360 gradi sulle montagne che mi circondano. Cerco di comprendere il senso delle stratificazioni che le distinguono. Penso al mio momento di solitudine in un’eternità immobile. Io sono una virgola in questo discorso infinito. Un’ infima alterazione di questo percorso rallentato. E’ il ricordo di un tempo in cui la musica dei Counting Crows era l’unica colonna sonora della mia vita. Un tempo in cui io ero più buono. Io sono stato un essere migliore, più armonioso, più contemplativo. C’ é un un colle tra Lukeville e Why nell’ Arizona profonda. Ho raggiunto la cima di quel colle un paio di volte nella mia vita. Ho visto la terra da lassù. Un paio di volte nella mia vita ho visto la terra. Mi sono capito. Un paio di volte ho quasi capito il motivo della mia presenza. Poi, trascorsi alcuni giorni, mi sono scoperto di nuovo vulnerabile e perso nella vastità losangelina. In una solitudine lynchiana. Mentra percorrevo Mulholland Drive. L’ultima immagine che voglio ricordare oggi é quella dei delfini che si spingevano al largo dal pontile di Santa Monica. Avevo appena abbandonato il puzzo di vomito nella stanza del Travelodge di Santa Monica. La mia esistenza era ripartita da capo due sere prima. Era come se fossi rinato una seconda volta. O meglio, come se avessi perso tutto il mio passato. Pat aveva perso il suo passato. Eravamo rinati. Le nostre esistenze si erano resettate senza che ce ne accorgessimo. Erano bastate un paio di tequile e qualche paio di “titties” sventolate in faccia ed eravamo rinati. Un barbone che passava due giorni di fila giù in strada era diventato la prova vivente che le nostre esistenze avevavo preso un’altra strada. Avevamo compreso qualcosa di nuovo.

Una nuova luce si gettava sulle nostre esistenze, la luce che vedi un pomeriggio insignificante mentre stai mangiando una grigliata di carne mista in Melrose Place mentre pensi che tutto sia ricominciato in questo istante. Mentre firmi con sicurezza uno scontrino con tanto di tip per una cameriera che non conosci ma della quale credi di aver compreso tutta la disperata vita.
“Awake on my airplane, awake on my airplane” canta Richard Patrick “And I fell like a new born” ripete. “Awake on my airplane, awake on my airplane, I feel so REAL!!!!”
Così mi sento!
ORA!
Aggiungi ai preferiti : Permalink.

5 commenti

  1. Mamma Mia! Ma quanta commozione c’é in giro? Un’infezione di commozione. Prendete degli antibiotici…

    🙂

  2. mi sono commosso anch’io figa

  3. talentuoso, davvero…..bravo!
    un saluto dall’uomo bicentenario

  4. Ecco, diciamo di si. Però devo pur dire a onor del vero che una parte della mi ispirazione in questo caso si chiama Blanton’s Straight from the Barrel Uncut & Unfiltered 65.8 Vol%

  5. Mamma mia! Questa è ispirazione pura!
    Da tempo non mi commuovevo così.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.